Ipertrofia muscolare: la guida completa

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La crescita muscolare è l’aspetto più ambito e desiderato dai praticanti di bodybuilding e dai frequentatori del mondo della palestra. Questa guida affronta in modo completo il tema dell’ipertrofia muscolare, a partire dal definire cos’è, come avviene e cosa la provoca.

Successivamente vengono offerte risposte dirette a domande e dubbi ricorrenti come quali esercizi scegliere, quante serie, quante ripetizioni fare, quante volte a settimana allenarsi e allenare un muscolo (monofrequenza o multifrequenza?) e così via, sino ad offrire linee guida pratiche e concrete (con esempi di schede di allenamento) da applicare per aumentare la massa muscolare e massimizzare i risultati.

Cos’è l’ipertrofia muscolare? Significato e definizione

L’ipertrofia muscolare è un adattamento biologico e fisiologico che prevede l’aumento del volume delle fibrocellule muscolari. In generale, c’è un incremento del diametro della sezione trasversa dell’intero muscolo dovuto a due fattori:

  • ispessimento delle proteine contrattili;
  • accrescimento dei vari elementi costitutivi il muscolo come capillari, tessuto connettivo, numero e volume dei mitocondri, glicogeno, ecc.

Fibre muscolari e ipertrofia

I muscoli scheletrici sono composti da diversi tipi di fibre muscolari: tre per semplificare, di tipo I, IIa e IIx, ognuna con diverse caratteristiche metaboliche, meccaniche e neurali. Quelle maggiormente ipertrofizzabili sono quelle bianche di tipo II, che hanno un metabolismo glicolitico, sono tra le più forti ma allo stesso tempo anche le più affaticabili e rispondono a stress meccanico incrementando la sintesi proteica.

L’allenamento con i pesi comporta la conversione delle fibre di tipo IIx (quelle più forti e veloci) in quelle intermedie IIa (meno forti ma più resistenti) e ciò è compatibile con quello che avviene nel pratico in palestra, in quanto è vero che si sollevano carichi pesanti ma a velocità controllate e spesso lente.

Sistemi energetici coinvolti

L’ipertrofia muscolare viene sollecitata attraverso il coinvolgimento di meccanismi di produzione di energia di tipo anaerobico alattacido (AA) e lattacido (AL), i quali fanno riferimento a substrati energetici adatti a garantire contrazioni muscolari intense e che, quindi, possono esporre le fibre muscolari ad elevate tensioni meccaniche e/o alto stress metabolico.

Nel sistema AA, caratteristico di sforzi con un carico pesante (da 1 a 6-8 ripetizioni circa), si ha un consistente intervento della fosfocreatina muscolare mentre man mano che ci si sposta verso sforzi AL (con carichi medio-leggeri e ripetizioni alte) interverrà in modo prevalente e massivo la glicolisi anaerobica con conseguente accumulo di lattato.

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Benefici dell’ipertrofia muscolare: a cosa serve?

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I benefici dell’allenamento finalizzato all’aumento della massa muscolare sono diversi. Seppur ciò che spinge più frequentemente un soggetto a modellare la propria muscolatura sia il motivo estetico, in quanto si cerca di conformarsi ai canoni imposti dalla società, non è raro che questo comporti, spesso indirettamente, un miglioramento dell’autostima della persona con ripercussioni positive sulla sfera psicologica.

Tuttavia, prima ancora del fine estetico, l’incremento del tessuto muscolare è utile alla capacità di espressione della forza del soggetto: tra i vari fattori determinanti la forza, il più impattante in percentuale è rappresentato dalla dimensione dell’area della sezione trasversale.

Il potenziamento di gruppi muscolari carenti garantisce, in parte, il miglioramento in discipline sportive come calisthenics, powerlifting e qualsiasi altro sport in cui vi sono richieste forza e potenza.

Sotto l’aspetto prettamente salutistico e preventivo è abbastanza noto l’impatto su:

  • efficienza globale dell’organismo,
  • miglioramento della composizione corporea, alleato contro sovrappeso e obesità e per dimagrire (approfondisci con la guida base sulla nutrizione),
  • minor predisposizione a patologie dismetaboliche,
  • miglior gestione e captazione dei nutrienti (sensibilità insulinica),
  • rilascio di una serie di mediatori chimici benefici.

In ambito riabilitativo e del fisiologico decadimento fisico dato dall’avanzare dell’età (sarcopenia) diviene imprescindibile ricercare un incremento/mantenimento di un ottimale trofismo muscolare e di conseguenza dell’autonomia funzionale.

Tipi di ipertrofia muscolare

Come detto in apertura, l’ipertrofia muscolare riguarda l’aumento del volume dell’intero muscolo con il coinvolgimento di tutte le sue strutture e componenti interne. A seconda della natura dello stimolo allenante è possibile porre più enfasi su alcuni elementi rispetto ad altri, anche se mai in modo completamente esclusivo: la stimolazione di una componente interessa anche le altre, seppur secondo proporzioni differenti.

In linea di principio sono identificati due tipi principali di ipertrofia:

  1. Ipertrofia miofibrillare: riguarda prettamente la componente contrattile (miofibrille e miofilamenti) e solitamente è maggiormente presente nei sollevatori di potenza come i powerlifter e in chi fa lavori molto vicini al carico massimale (% 1RM).
  2. Ipertrofia sarcoplasmatica: riguarda la componente acquosa: sarcoplasma e annessi elementi quali acqua, proteine non contrattili e riserve energetiche stoccate. Essa influenza in modo minore l’incremento assoluto di forza ed è tipica di lavori a medio-alte ripetizioni, come nel caso dei bodybuilder.

I fattori e meccanismi dell’ipertrofia muscolare: come avviene e cosa la provoca?

L’ipertrofia muscolare avviene conseguentemente all’applicazione di stimoli (stress) crescenti nel tempo a carico del muscolo attraverso allenamenti con i sovraccarichi, che possono essere rappresentati da manubri, bilancieri, macchine ma anche da esercizi a corpo libero.

Il tessuto muscolare, pertanto, si adatta all’aumentata richiesta di lavoro (principio del sovraccarico progressivo) innescando una serie di reazioni chimiche e processi volti a massimizzare la sintesi proteica.

Affinché il tutto possa essere reso possibile è imprescindibile seguire un’alimentazione consona e funzionale all’obiettivo: i processi anabolici di sintesi proteica sono resi favorevoli a determinate condizioni caloriche (surplus) e in presenza di adeguate quantità di proteine e carboidrati.

L’input primario, dunque, è dato dall’applicazione del sovraccarico progressivo nel tempo. Esso non deve intendersi esclusivamente come aumento del carico esterno spostato ma principalmente come incremento e miglioramento dei parametri allenanti e più in generale della performance.

Ad esempio, se oggi sei in grado di eseguire distensioni in panca piana con 80 kg x 8 ripetizioni x 3 serie, dovrai nel tempo riuscire a completare uno schema di 80 kg x 12 x 3, e poi gradualmente 85 kg x 12 x 3 e così via. Oppure, puntare a completare la stessa quantità di lavoro ma in minor tempo riducendo i recuperi tra le serie.

Anche il miglioramento della forma e tecnica esecutiva contribuisce in tal senso: ad esempio, eseguire 80 kg x 10 ripetizioni nelle distensioni in panca piana in modo impeccabile e senza compensi, rimbalzi o ripetizioni tutte diverse, si traduce in più ipertrofia muscolare rispetto a 90 kg x 10 eseguiti in tutt’altro modo.

La scienza ha identificato tre possibili meccanismi d’azione implicati nello stimolare e aumentare l’ipertrofia muscolare:

  • Tensione meccanica
  • Stress metabolico
  • Danno cellulare

Tensione meccanica

ipertrofia muscolare

È altamente probabile che la tensione meccanica sia il meccanismo più importante e determinante ai fini ipertrofici: il muscolo scheletrico può rilevare unicamente l’intensità e la durata temporale della contrazione muscolare (tempo sotto tensione).

Il carico meccanico a cui è sottoposto viene rilevato mediante appositi recettori specifici (meccanocettori), dai quali parte la conversione dei segnali (meccanotrasduzione) in una cascata di eventi che porta all’accumulo delle proteine muscolari (risposta adattiva).

Durante l’allenamento con i pesi, le fibre muscolari sperimentano tensione meccanica quando:

  • subiscono forze di allungamento (fase eccentrica o negativa),
  • attraverso l’accorciamento, contrastano un’altra “forza” che agisce nella direzione contraria a quella esercitata dal muscolo (fase concentrica o positiva).

Il grado di tensione meccanica subito dalle fibre muscolari è tanto più elevato quanto più si accorciano lentamente. La velocità non è deliberatamente scelta ma imposta dal carico esterno spostato oppure dall’alto grado di fatica raggiunto – ossia ciò che puoi osservare quando sposti carichi pesanti oppure sei in prossimità del cedimento muscolare.

Tipi di azioni muscolari

Esistono tre principali azioni muscolari rilevate dai meccanocettori:

  1. Concentrica, fase di sollevamento del peso e accorciamento muscolare;
  2. Eccentrica, fase di discesa del peso e allungamento muscolare;
  3. Isometrica, fase di mantenimento della contrazione muscolare senza avvicinamento e allontanamento dei capi articolari.

Ognuna di queste provoca differenti risposte ed adattamenti morfologici muscolari.

Le contrazioni eccentriche permettono di produrre più forza, soprattutto quando usi carichi sovra-massimali e tenti di contrastare l’allungamento. L’aumento di volume muscolare è dato perlopiù dall’aumento della lunghezza dei fascicoli muscolari, ovvero dall’aggiunta di sarcomeri in serie, con maggior guadagno, quindi, nella parte distale del ventre muscolare.

Le contrazioni concentriche producono meno forza. L’aumento del volume muscolare è dato soprattutto dall’aumento del diametro della sezione trasversale delle fibre muscolari, cioè dall’aggiunta di sarcomeri in parallelo, con maggior guadagno nella parte centrale del ventre muscolare.

La ricerca attuale non è riuscita a dimostrare la superiorità delle azioni eccentriche rispetto a quelle concentriche. Allo stesso modo non ci sono ricerche a sufficienza riguardo ai benefici tangibili e additivi derivanti dalle azioni isometriche.

Dunque, per la massima ipertrofia muscolare l’allenamento dovrebbe includere sia azioni muscolari concentriche sia eccentriche: entrambe sembrano completarsi a vicenda massimizzando le possibilità di crescita.

Stress metabolico

Con stress metabolico si intende l’accumulo di metaboliti nelle fibre muscolari quali lattato, ioni d’idrogeno e fosfati inorganici ed è caratteristico di allenamenti con:

  • un numero moderato e/o alto di ripetizioni,
  • tempi di recupero molto ristretti,
  • limitazione del flusso sanguigno,
  • mantenimento della tensione costante.

Possono essere inclusi anche altri elementi che sono in grado di amplificare gli effetti, come la forte produzione di miochine e di radicali liberi oppure il rigonfiamento cellulare.

Non è chiaro allo stato attuale della ricerca se lo stress metabolico e i suoi effetti siano additivi o ridondanti rispetto a quelli derivanti dal solo stress meccanico. Entrambi agiscono contemporaneamente in condizioni di forte accumulo di metaboliti e ischemia transitoria, in quanto la fatica cumulativa espone e predispone le fibre muscolari alla generazione di elevati gradi di tensione meccanica, anche grazie all’aumentato reclutamento muscolare. Pertanto, può essere soltanto ipotizzato che il suo effetto sia coadiuvante lo stress meccanico.

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Danno cellulare

Per danno cellulare si intende l’insieme dei danni che si verificano in seguito all’allenamento alle fibre muscolari, alle miofibrille, al citoscheletro, al sarcolemma, alla lamina basale e alla matrice extracellulare.

La risposta infiammatoria e l’attivazione delle cellule satelliti, che sono coinvolte nei processi di riparazione e rigenerazione, potrebbero rappresentare pertanto i processi necessari per portare ad ipertrofia muscolare.

Negli ultimi anni questo meccanismo è stato fortemente rimesso in discussione e il suo valore ridimensionato. La ricerca spasmodica di danno muscolare è uno dei capi saldi del bodybuilding vecchia scuola (“no pain, no gain“) ma in realtà è stato dimostrato che la cascata di eventi che provoca la ristrutturazione e il rimodellamento muscolare possono avvenire indipendentemente da qualsiasi danno apprezzabile ai muscoli scheletrici.

Una quantità moderata di danno muscolare sembra essere positiva mentre un eccesso può addirittura essere controproducente e contrastare l’ipertrofia.

Quanto ci mettono i muscoli a crescere?

ipertrofia in palestra e nel bodybuilding

Fisiologicamente la sintesi di nuovo tessuto contrattile richiede tempo (mesi e anni), soprattutto nel caso di soggetti che non fanno utilizzo di farmaci anabolizzanti. Casi di rapido aumento di decine di chili esistono, anche se sono rari. Esempi sono condizioni di partenza caratterizzate da forte denutrizione oppure soggetti che avevano già acquisito in passato una data quantità di massa muscolare poi persa in seguito ad un lungo stop.

Nelle prime settimane/mesi il principiante non beneficia da subito di consistenti aumenti di massa muscolare ma più verosimilmente di rapidi aumenti di forza e di adattamenti di natura nervosa, funzionali ad una miglior gestione del corpo e ad una maggior efficienza nel reclutamento delle proprie fibre muscolari.

Passata questa fase, se ti alleni e alimenti correttamente, i primi 4-5 anni saranno i più proficui in termini di quantità di massa muscolare acquisita. Successivamente a questi, è possibile continuare a sintetizzare nuovo tessuto muscolare ma sempre più lentamente man mano che la finestra di adattamento determinata dal potenziale genetico si riduce.

Se però ad esempio, come spesso capita, non si fanno le cose correttamente sin da subito potrebbero passare anche 10 anni ed essere ancora principianti. Da questo punto di vista tanto più sei allenabile e tanto maggiore è il potenziale grado di miglioramento non ancora espresso.

Seppur sia difficile e azzardato dare tempistiche di crescita muscolare in quanto strettamente soggettive e principalmente dipendenti da età, sesso e genetica (quantità di fibre bianche e mionuclei, capacità di espressione della forza), diversi autori hanno stimato medie approssimative di guadagno di circa 10 kg nel primo anno fino ad una riduzione progressiva del tasso di crescita a 1 kg di massa muscolare al quarto anno – ma rimangono comunque valori da prendere con le pinze.

Alimentazione

Abbiamo già accennato all’importanza che riveste l’aspetto alimentare nel consentire e facilitare la sintesi di nuovo tessuto muscolare. La dieta dovrà essere funzionale ai tuoi obiettivi (fasi di massa e definizione) e ciò significa fornire al corpo adeguate quantità di macronutrienti (proteine, carboidrati e grassi), micronutrienti e acqua anche per affrontare al meglio l’allenamento in palestra.

Fase di massa

Per aumentare la massa muscolare è necessario essere in surplus calorico, mediamente tra le 300 e 500 kcal giornaliere rispetto all’apporto calorico di mantenimento. In questa fase è fisiologicamente inevitabile anche l’accumulo di grasso: non si può crescere mantenendosi sempre definiti. Per approfondire, leggi l’articolo sulla dieta ipercalorica.

Fase di definizione

Per rendere visibile la muscolatura dopo una fase di massa è necessario essere in deficit calorico per diversi mesi: in media pari a 300 kcal per le donne e a 500 kcal per gli uomini rispetto all’apporto calorico giornaliero di mantenimento. Durante questa fase è fisiologicamente improbabile sintetizzare nuovo tessuto contrattile, pertanto l’obiettivo sarà primariamente quello di preservare la massa muscolare acquisita. Per approfondire leggi l’articolo sulla dieta in definizione.

Ricomposizione corporea

Ci sono alcuni casi in cui è possibile assistere ad un aumento di massa muscolare senza che vari la quantità di tessuto adiposo o addirittura mentre si dimagrisce. Questo avviene limitatamente ai primi mesi di allenamento nel soggetto principiante, in chi si riallena dopo un lungo periodo di stop o in chi, pur allenandosi da tanti anni, comincia a farlo in modo decisamente migliore. Il processo di ricomposizione corporea è molto più frequente e rapido, invece, in chi abusa di farmaci dopanti.

Integrazione

L’unico integratore che ha dimostrato di poter incrementare in modo diretto la massa muscolare è la creatina attraverso l’aumentata ritenzione di acqua all’interno delle cellule muscolari. Tuttavia, si tratta di un effetto poco impattante in termini assoluti.

L’utilizzo di alcuni integratori può migliorare la massa muscolare solo indirettamente (tra cui ancora la creatina), cioè permettendoti di resistere maggiormente alla fatica ed esponendoti dunque a intensità e volumi maggiori. Ma anche in questo caso non rappresenta assolutamente un elemento chiave né strettamente necessario soprattutto se l’alimentazione è adeguata.

Reclutamento e sfinimento muscolare

Il reclutamento delle fibre muscolari avviene in ordine crescente da quelle più deboli (tipo I) a quelle più forti e ipertrofizzabili (tipo II) man mano che aumenta il carico sollevato rispetto al proprio massimale (1 RM).

A tal proposito, secondo il principio delle dimensioni di Henneman già con carichi di circa l’80% (6-8 ripetizioni massimali) vengono reclutate tutte le fibre muscolari. Spingersi oltre tali carichi, pertanto, non è assolutamente necessario: l’ulteriore aumento di forza sarà dato dall’intervento importante della frequenza di invio di impulsi nervosi da parte del sistema nervoso (frequenza di scarica). Probabilmente anche l’incremento progressivo della fatica è in grado di reclutare sempre più fibre muscolari.

A tal riguardo è importante sottolineare come per l’ipertrofia non basta reclutare, ma è necessario anche che le fibre muscolari vengano sfinite! Esecuzioni non troppo esplosive e con tempi sotto tensione adeguati, attraverso il completo legame dei ponti trasversali di actina-miosina, permettono di esprimere la massima produzione di forza da parte di ogni fibra muscolare e così di affaticarle.

Carico esterno e carico interno

ipertrofia muscolare

Il carico esterno equivale ai chili materialmente spostati in un esercizio. Tuttavia, dire “Ho spostato 100 kg in panca piana” non significa aver generato un’equivalente tensione meccanica a carico del pettorale. Infatti, esiste anche il carico interno, ossia quello realmente sperimentato e percepito dalle fibre muscolari.

Affinché ci sia una forte corrispondenza tra il carico esterno spostato e quello subito dalle fibre muscolari è necessario eseguire ogni ripetizione con tempi sotto tensione idonei e soprattutto senza nessun tipo di alterazione della forma esecutiva tipico del palestrato medio come rimbalzo sul petto, ripetizioni tutte diverse, esecuzioni troppo rapide o a metà, farsi crollare il bilanciere in discesa senza controllo, ecc.

Elevati gradi di carico interno possono essere raggiunti anche man mano che la fatica si accumula. Infatti, se osservi il tempo sotto tensione della prima ripetizione di una serie con un carico pesante ti accorgerai che è sostanzialmente simile a quello che ritrovi nelle ultime ripetizioni con un carico leggero vicino al cedimento, ossia un’esecuzione tendenzialmente rallentata.

Facciamo un altro dei tanti esempi pratici esemplificativi: soggetti A e B svolgono entrambi le alzate laterali con manubri da 10 kg per 12 ripetizioni a cedimento. Il soggetto A presenta leve (braccio + avambraccio) più lunghe del soggetto B. In questo caso, pur spostando il medesimo peso, con la medesima fatica e numero di ripetizioni, le fibre muscolari del soggetto A subiranno un carico interno superiore in quanto per via di leve più sfavorevoli dovranno produrre più forza.

In sintesi, per ottenere i maggiori guadagni di massa muscolare bisognerà nel tempo generare il miglior carico interno possibile contestualmente all’aumento progressivo del carico esterno.

Propriocezione e connessione mente-muscolo

La propriocezione è la capacità di percepire la posizione e il movimento del corpo e degli arti nello spazio e viene fortemente sollecitata in schemi motori complessi con i pesi liberi (squat, lento avanti, stacco da terra, trazioni, rematore, ecc). Il beneficio di saper coordinare al meglio articolazioni e segmenti corporei avrà un transfer positivo nel saper indirizzare lo stimolo mantenendo il corpo compatto, disperdendo meno tensione possibile e riducendo l’intervento non desiderato di muscoli secondari o sinergici.

Il miglioramento della percezione di lavoro interna al muscolo e del feeling con la contrazione muscolare ci porta ad un altro concetto, ossia la connessione mente-muscolo: l’abilità di focalizzare e veicolare l’attenzione interna al muscolo durante un esercizio. In ambito scientifico questa idea, ripresa dal bodybuilding vecchia scuola, è stata presa in considerazione portando a confermare che effettivamente un focus attentivo interno può migliorare la capacità di attivazione muscolare. Però, se questo si traduce in più ipertrofia sul lungo periodo non è ancora chiaro.

La forza è correlata all’ipertrofia?

Diventare più forti non significa direttamente avere più massa muscolare. La forza dinamica massimale, cioè la capacità di sollevare il massimo carico possibile con un’unica ripetizione, è una capacità condizionale solo in parte positivamente influenzata da più ipertrofia muscolare in quanto all’aumento di forza concorrono anche altri fattori di natura nervosa, tecnica e strutturale.

Al contrario, l’ipertrofia muscolare non è direttamente influenzata dall’aumento assoluto di forza (1 RM) ma perlopiù dall’aumento della capacità di resistenza alla forza, ossia del resistere il più a lungo possibile ad elevate richieste di forza. In pratica è ciò che sostanzialmente avviene quando sposti un peso per 6-15 ripetizioni. Migliorando nel tempo in questo range di carico e ripetizioni ti assicuri l’aumento della massa muscolare.

Come fare una scheda di allenamento per l’ipertrofia muscolare

ipertrofia muscolare

Saper adattare una scheda di allenamento al meglio possibile in base alle esigenze, peculiarità, capacità di recupero e livello di abilità è di fondamentale importanza.

Ogni scheda dovrebbe essere strutturata in modo tale da garantire una consequenzialità logica degli stimoli che possa sollecitare i muscoli ad ampio spettro e in maniera efficiente:

  • si parte da stimoli di natura prettamente meccanica con pesi pesanti e basse ripetizioni,
  • passando per carichi moderati e medie ripetizioni,
  • chiudendo con lavori ad alte ripetizioni e carichi leggeri.

Tale sequenza può essere applicata nel singolo allenamento, come avviene nel metodo Hatfield, oppure distribuendo stimoli di diversa natura in giorni separati, come nel metodo P.H.A.T..

Vediamo insieme come impostare e gestire i parametri e le variabili principali di una scheda di allenamento.

Quali esercizi fare per l’ipertrofia?

Buona parte dell’attenzione, soprattutto nei primi anni di allenamento e fino al raggiungimento di carichi di una certa rilevanza, dovrà essere data alla scelta di esercizi multi-articolari, in cui vengono coinvolte più articolazioni e masse muscolari possibili, come ad esempio:

  • distensioni in panca piana e in panca inclinata,
  • dip alle parallele,
  • distensioni sopra la testa (lento avanti),
  • squat,
  • pressa per le cosce,
  • hip-thrust,
  • affondi,
  • varie forme di stacchi,
  • trazioni alla sbarra,
  • lat machine,
  • rematori vari.

Questa categoria di esercizi permette di spostare quantità crescenti di peso nel tempo, che di per sé espone maggiormente a stimoli meccanici non indifferenti, ma anche di educare il sistema nervoso all’acquisizione di schemi motori complessi migliorando capacità di attivazione neuromuscolare, coordinazione intermuscolare (sinergia muscolare) e capacità di utilizzare progressivamente un numero maggiore di fibre muscolari.

Tali abilità possono essere sfruttate per ottimizzare i guadagni muscolari attraverso l’utilizzo più mirato di esercizi mono-articolari o di isolamento, soprattutto quando il potenziale assoluto in termini di forza si riduce.

Essi sono caratterizzati da schemi motori più semplici e dal coinvolgimento di una singola articolazione. I mono-articolari migliorano percezione e feeling della contrazione muscolare, ma soprattutto permettono di lavorare sui punti carenti e sui fasci muscolari difficilmente coinvolti con esercizi multi-articolari secondo stress, profili di resistenza e modalità di lavoro più confacenti (lunghi tempi sotto tensione, tecniche di intensificazione, congestione muscolare).

Tra essi ci sono tutte le forme e varianti di:

  • curl per bicipiti,
  • tricipiti dal cavo,
  • french press,
  • alzate laterali,
  • croci per il petto,
  • pulldown,
  • pullover,
  • aperture posteriori,
  • leg extension,
  • leg curl,
  • iperestensioni,
  • polpacci,
  • esercizi per i glutei,
  • ecc.

La giusta combinazione di queste categorie di esercizi all’interno della scheda è necessaria per stimolare in modo completo tutta la muscolatura operando su vari angoli e piani di lavoro.

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Soggettività

Naturalmente la selezione dovrà essere fatta nel completo rispetto delle proprie unicità biomeccaniche riguardanti mobilità articolare, lunghezza, proporzioni dei vari segmenti corporei ed eventuali problematiche pregresse.

Alcuni esercizi o modalità esecutive possono adattarsi meno o meglio ad una persona influenzando difatti l’ipertrofia. Un esempio classico è lo squat con bilanciere in cui chi avverte predominanza della catena posteriore (glutei e femorali) a discapito dell’intervento dei quadricipiti potrebbe optare per varianti (front squat) o modalità più adatte come il rialzo sotto i talloni o l’utilizzo delle scarpe con il tacco.

Angoli e piani di lavoro, linee d’azione

Assicurati di inserire nella scheda almeno un esercizio di:

  • spinta orizzontale (distensioni su panca),
  • spinta verticale (lento avanti),
  • trazione orizzontale (una forma di rematore),
  • trazione verticale (trazioni alla sbarra o lat machine),
  • accosciata (squat o pressa),
  • una forma dominante di estensione d’anca (stacchi o affondi).

I restanti angoli e piani di lavoro o movimento possono essere coperti attraverso traiettorie, ampiezze dell’impugnatura, inclinazioni ed esercizi di isolamento vari.

Per direzionare e ottimizzare in modo efficiente lo stress verso il muscolo, è imprescindibile far propri pochi concetti base della biomeccanica come la linea di resistenza e quella di trazione.

La linea di resistenza è la direzione in cui “tira” il peso. Ad esempio, le croci per il petto fatte con i manubri o ai cavi hanno linee di resistenza diverse: verso il basso nel primo caso, verso l’esterno nel secondo.

La linea di trazione è approssimativamente la traiettoria che porta ad accorciare il muscolo facendo avvicinare inserzione e origine. Ad esempio, nelle croci per il petto se la linea di trazione del braccio va verso il centro del torace sarà coinvolto il gran pettorale mentre se va verso la clavicola saranno coinvolti principalmente i fasci alti del petto.

Range di movimento e lunghezza delle fibre

ROM (Range of motion, escursione di movimento) più ampi sono associati a maggiori guadagni di massa muscolare. Questo è vero fino a che le fibre muscolari lavorano entro un range di lunghezza ottimale, né troppo allungate né troppo accorciate, e compatibilmente con una maggiore capacità di espressione di forza (relazione tensione-lunghezza).

Ad esempio, un curl per bicipiti a braccio retroposto su panca inclinata predispone maggiormente il bicipite brachiale a produrre più forza, in quando il muscolo è posto ad un grado di allungamento iniziale ottimale, rispetto ad un curl su panca Scott in cui il bicipite è pre-accorciato.

Per impartire i vari tipi di stress si suggerisce di lavorare a lunghezze muscolari differenti. Ad esempio, nella panca piana con bilanciere si lavora in un range intermedio di lunghezza delle fibre muscolari mentre in spinte o croci con manubri c’è più enfasi in fase di allungamento. Nelle croci ai cavi/macchina, invece, c’è enfasi anche in accorciamento.

Profilo di resistenza

Durante il ROM di un esercizio la resistenza può variare a seconda del suo profilo. Ad esempio, nel rematore col bilanciere o nelle alzate laterali con manubri nel punto più basso la resistenza è bassa-nulla mentre al termine della fase di accorciamento è più elevata e si fa molta più fatica. Cosa esattamente opposta avviene, invece, negli stacchi.

Questo significa che alcune modalità o certi esercizi possono stimolare meglio o peggio l’ipertrofia sulla base del comportamento della resistenza e della forza esprimibile dalle fibre muscolari ad una data lunghezza.

Quante ripetizioni fare per l’ipertrofia? Intensità e carichi

ipertrofia bodybuilding

La domanda di questo paragrafo è senz’altro quella che più di ogni altra viene fatta soprattutto da soggetti alle prime armi. Bisogna sempre partire dal presupposto che qualsiasi numero senza essere interpretato in modo adeguato, con riferimento particolare all’intensità selezionata e applicata, rimane soltanto un mero numero privo di valore e significato che nulla dice sull’effettiva efficacia del lavoro svolto.

Fatta questa doverosa premessa, per sollecitare in modo completo e profondo ogni distretto muscolare è possibile scegliere un numero di ripetizioni abbastanza ampio che indicativamente va da 1 a ben oltre 20.

Gran parte del lavoro (circa i 2/3 del totale) deve ricadere all’interno del range di 6-12 ripetizioni massimali con carichi moderati, compresi tra circa 70-85% del carico massimale, purchè esse siano svolte raggiungendo un adeguato livello di fatica – ossia al cedimento muscolare o comunque in prossimità di esso con un margine di 2-3 ripetizioni.

Questo è spiegabile perché tali numeri permettono di raggiungere all’interno della serie il più potente ed efficiente compromesso tra tensione meccanica e tempo sotto tensione: aspetti quantitativi e qualitativi vengono così soddisfatti a pieno.

La restante parte del lavoro deve essere ripartita su un range di ripetizioni basso (1-5 ripetizioni massimali) con carichi pesanti (circa 85-100% del massimale) mentre un’altra parte può prevedere lavori con ripetizioni pari o ben superiori alle 15 con carichi leggeri pari o inferiori al 65% del massimale.

Nel primo caso non è necessario ed è anche sconsigliato raggiungere il cedimento muscolare per via di un alto rischio sulla sicurezza oltre che sull’affaticamento sotto il profilo nervoso. Nel secondo caso, invece, è opportuno e auspicabile sperimentare la massima fatica muscolare. In entrambe le situazioni descritte c’è il pieno reclutamento delle fibre muscolari.

Tendenzialmente, più un esercizio è complesso a livello coordinativo e consente di spostare carichi importanti, più esso si adatta meglio a lavori con ripetizioni basse/medie. Al contrario, esercizi più semplici a livello motorio in cui si tende a lavorare maggiormente in isolamento possono beneficiare perlopiù di un numero di ripetizioni più alto.

Ciò non toglie che durante l’anno non puoi variare e ciclizzare i vari range di lavoro come meglio credi anche per fornire stimoli a cui il muscolo potrebbe rispondere in maniera sensibile. Da questo è possibile dedurre che l’ipertrofia è raggiungibile in qualsiasi zona di carico. Ovviamente carichi più pesanti incidono maggiormente sull’incremento della forza mentre carichi più leggeri più sulla resistenza muscolare locale.

Quanti esercizi fare per l’ipertrofia muscolare? Quante serie? Volume di allenamento

Il volume di allenamento rappresenta il totale di ripetizioni o, per meglio dire, il prodotto di ripetizioni × serie, svolto per gruppo muscolare nella singola seduta di allenamento e nell’arco della settimana. E’ ritenuta la variabile più impattante per l’ipertrofia muscolare (esiste un rapporto diretto tra dose e risposta), pertanto risulta indubbiamente molto importante per fornire un adeguato stimolo.

Tuttavia, non bisogna cadere nell’errore di pensare che fare di più sia meglio perché l’organismo ha capacità di recupero limitate, per quanto allenabili, e rischi di dilatare i tempi di recupero, di ridurre il focus in allenamento per via dell’accumulo di fatica periferica/sistemica oppure, peggio, di finire in overtraining.

Esiste sicuramente una quantità minima di volume necessaria nella singola seduta di allenamento e nella settimana così come una quantità massima da fornire, al di sotto o al di sopra della quale non bisogna andare. Oltre, infatti, si rischia di incorrere nel cosiddetto volume “spazzatura”, ossia di bassa qualità ed efficacia.

Partendo dal presupposto che esiste una significativa variabilità soggettiva sul volume ottimale e sopportabile per ogni persona variabile in base ad esperienza, età, sesso, periodo della programmazione, stato nutrizionale e altro, possiamo consigliare di stare mediamente tra le 15 e le 25 serie settimanali per gruppo muscolare.

Per capire se il volume selezionato è adeguato è sufficiente monitorare l’andamento delle prestazioni in palestra e le capacità di recupero; in base all’integrazione di tali informazioni puoi regolare il tutto al meglio.

Naturalmente puoi decidere di ripartire tale volume in modo più produttivo spalmandolo su una frequenza di allenamento settimanale superiore, ad esempio 18 serie totali a settimana per i pettorali distribuite in 2 allenamenti da 9 serie l’una.

Infine, ogni gruppo muscolare può necessitare di più o meno serie a seconda di differenze soggettive, pertanto conviene scegliere un numero di esercizi per gruppo muscolare che va da un minimo di 2 ad un massimo di 4. Solitamente distretti muscolari più grandi, forti e resistenti (ad esempio schiena e cosce) necessitano di molti esercizi, mentre altri più piccoli o che si esauriscono rapidamente richiedono pochi esercizi (come le braccia).

Quanto recupero fare?

E’ stata smentita da tempo la credenza secondo cui recuperi ridotti, i classici 60-90 secondi, siano superiori nel promuovere l’ipertrofia. La ricerca ha dimostrato in linea generale che addirittura ciò è controproducente, mostrando, invece, come recuperi più ampi consentono di affrontare al meglio la serie successiva garantendo il mantenimento di intensità, focus e quantità di lavoro adeguati.

Anche qui sono suggerite delle indicazioni pratiche:

  • In esercizi complessi a livello motorio e che prevedono l’uso di carichi pesanti e basse ripetizioni potrebbero essere necessari circa 3-5 minuti;
  • In esercizi di isolamento o nel range di 6-12 ripetizioni è possibile orientarsi intorno ai 2-3 minuti;
  • Esistono modalità di lavoro che prevedono volutamente recuperi brevi (circa 1 minuto) e che si adattano perfettamente al miglioramento del parametro della densità locale, utile per porre enfasi su stress metabolico e congestione muscolare.

Quanto deve durare una sessione di allenamento?

La credenza secondo cui una sessione di allenamento non debba superare l’ora altrimenti il cortisolo si innalza a livelli tali da disintegrare la massa muscolare è ovviamente falsa. Se così fosse stato ci saremmo estinti da tempo.

La durata dell’allenamento dipende da molteplici fattori, tra i quali la disponibilità di tempo che puoi dedicare ad essa. Oltre a situazioni di questo tipo che evidentemente richiedono di adattare il tutto in funzione di esse, la durata di un allenamento è determinata primariamente dalla frequenza con cui ti alleni, la quale sarà fortemente dipendente dalla quantità di lavoro svolto. Quest’ultimo, a sua volta, è influenzato dalla capacità di recupero soggettiva, che è allenabile, e dal periodo: ad esempio, in fase ipercalorica ci si riesce ad allenare per più tempo.

In linea generale, allenamenti della durata di 90-120 minuti sono un buon compromesso che permette di generare un quantitativo di lavoro adeguato senza perdere concentrazione, forza e rischiare di generare volume a vuoto.

In alcuni casi è possibile spingersi anche oltre, soprattutto in atleti che si sono progressivamente adattati ad alti volumi di lavoro o che, spostando carichi molto pesanti, richiedono molto tempo e serie di avvicinamento per esprimersi al 100%.

Buffer o cedimento?

ipertrofia bodybuilding

Il cedimento muscolare è certamente una variabile molto interessante per gli scopi ipertrofici. A riguardo esiste l’eterna diatriba se applicarlo o meno per massimizzare i guadagni muscolari.

Innanzitutto, esso si presenta quando, a causa del progressivo affaticamento, si giunge al punto di momentanea incapacità muscolare che determina l’interruzione della serie. In contrapposizione ad esso esiste la possibilità di allenarsi in buffer.

Ad esempio, se esegui 8 ripetizioni all’interno della serie con un carico che però ti avrebbe permesso di farne 10 al cedimento vuol dire che hai adottato un margine (buffer) pari a 2.

Il cedimento è applicato indistintamente ed in modo esasperato tra i praticanti medi della palestra mentre il buffer è consuetudine nel mondo dello sport per massimizzare la pura prestazione senza degradare la tecnica esecutiva. Quale dei due è meglio? Come spesso capita la verità sta nel mezzo…

Fisiologicamente, affinchè una serie possa essere stimolante ed esporre le fibre muscolari ad adeguati gradi di tensione meccanica, è necessario arrivare almeno in prossimità del cedimento muscolare. Un buffer di 2-3 ripetizioni può rappresentare un buon compromesso soprattutto perché in tale situazione riesci ad accumulare più lavoro mantenendo intatta la qualità dello stesso e della tecnica esecutiva, con il duplice vantaggio di veicolare correttamente la tensione sui muscoli e ridurre il rischio di infortunio.

Infine, bisogna chiarire che esistono vari tipi di cedimento: concentrico, muscolare, mentale, eccentrico, ecc. Non tutti sono produttivi e indicati allo stesso modo:

In esercizi complessi a livello coordinativo o con carichi pesanti non è necessario raggiungere il cedimento, in quanto c’è già un reclutamento completo di tutte le fibre muscolari ed è quindi meglio lavorare in buffer;

Con carichi moderati (6-12 RM) è indicato come limite massimo un cedimento di tipo tecnico, ovvero arrestare la serie poco prima che la tecnica venga fortemente compromessa per errata postura e/o movimenti compensatori come alterazione di traiettoria, slanci e rimbalzi;

In atleti più esperti e con alta consapevolezza è possibile e consigliabile oltrepassare questa soglia, in particolare in esercizi ritenuti più sicuri e idonei, come quelli monoarticolari e di isolamento.

Come eseguire le ripetizioni? Forma e velocità esecutiva

Se il tuo obiettivo è quello di massimizzare lo stimolo ipertrofico è necessario rendere standard ogni singola ripetizione di ogni serie: solo così puoi quantificare effettivamente il carico di lavoro svolto. In altre parole, significa rendere ogni ripetizione, dalla prima all’ultima, perfettamente simile nella forma a quella precedente anche e soprattutto sotto grande fatica.

Questo presuppone una tecnica esecutiva impeccabile in ogni esercizio, senza barare con qualsiasi tipo di compenso che disperderebbe la tensione verso strutture passive, esponendoti ad infortunio, o muscoli secondari/sinergici.

Inoltre, se la forma esecutiva delle ripetizioni è sempre la medesima saprai realmente nel tempo se e quanto stai migliorando – cosa impossibile, ad esempio, se in uno squat esegui in ogni allenamento ripetizioni con profondità di accosciata, traiettorie, posizione del bilanciere e dinamiche diverse tra loro.

Velocità troppo elevate o esecuzioni senza controllo portano rapidamente ad uno stallo e non garantiscono uno stimolo efficace in quanto il carico interno non è ottimale. Infatti, affinché ogni fibra muscolare possa esprimere il miglior grado di tensione meccanica, è necessario che il tempo di esecuzione sia sufficiente a permettere il legame di tutti i ponti trasversali di actina e miosina, le proteine contrattili delle miofibrille.

Eseguire la fase concentrica in 1-2 secondi è un tempo adeguato allo scopo, mentre la fase eccentrica può essere svolta in circa 1-3 secondi. L’importante è svolgere le ripetizioni in modo controllato e fluido senza sfruttare eccessivamente il ritorno elastico dalla fase di allungamento. Con alti carichi o nelle ultime ripetizioni di una serie a cedimento la velocità di sollevamento sarà necessariamente più bassa ma questo non è affatto un problema.

In alcuni esercizi può essere utile un fermo di 1-2 secondi prima della fase concentrica oppure una fase isometrica in determinati punti del ROM – utile, ad esempio, per enfatizzare il massimo accorciamento e lo stretch muscolare.

Esecuzioni volutamente lente, con una fase concentrica dai 4 secondi in su non si sono dimostrate né superiori né efficienti per l’ipertrofia. Tuttavia, ciò non toglie che tali cadenze non possano essere utilizzate in contesti particolari come per alcuni apprendimenti o per enfatizzare lo stress metabolico con l’uso di pesi leggeri.

Ordine degli esercizi e priorità

ipertrofia bodybuilding

Come già anticipato parlando della consequenzialità logica degli stimoli, la scelta dell’ordine degli esercizi deve essere strategicamente efficiente ed efficace.

Iniziare con carichi pesanti per poi concludere l’allenamento con quelli moderati e leggeri permette di sfruttare all’inizio il pieno potenziale delle fibre muscolari più forti ma facilmente affaticabili e solo al termine passare a sfinire le rimanenti fibre muscolari più resistenti alla fatica. Se s’invertisse l’ordine la forte produzione di lattato iniziale comprometterebbe in gran parte il potenziale di reclutamento e di stimolo delle fibre di tipo II.

L’ordine degli esercizi può essere manipolato anche in funzione delle proprie carenze muscolari, propriocettive o tecniche. In questo modo è possibile dare la giusta priorità ai gruppi muscolari che necessitano di più attenzione e concentrazione oppure a schemi motori da migliorare in condizioni di miglior predisposizione sotto il profilo nervoso. Alcuni esempi:

  • Se hai scarso feeling percettivo con il pettorale nella panca piana puoi adottare una pre-attivazione svolgendo prima alcune serie di croci ai cavi;
  • Se hai polpacci carenti e solitamente li alleni a fine seduta con poche energie e moli di lavoro insufficienti potrebbe essere un’ottima idea allenarli all’inizio della seduta;
  • Se hai difficoltà nell’apprendimento del rematore con bilanciere o manubrio e solitamente lo svolgi dopo squat e lento avanti in piedi sarebbe una buona idea posizionarlo come primo esercizio.

I parametri allenanti

Assicurarsi nel tempo il miglioramento dei vari parametri allenanti porterà ad aumentare senza dubbio l’ipertrofia. Quali sono i principali?

  1. Volume: il totale delle ripetizioni eseguite in un esercizio (ripetizioni x serie) per gruppo muscolare o nella settimana. E’ una progressione applicabile nella gran parte dei contesti a seconda delle necessità come apprendimento, specializzazione gruppo carente, maggior frequenza. Da non esasperare negli esercizi con carichi pesanti, pena il forte stress sistemico e articolare.
  2. Intensità di carico: peso esterno spostato, indicato come percentuale del carico massimale o come RM (ripetizioni massimali). Progressione per lo più preferibile e attuabile negli esercizi multiarticolari.
  3. Intensità percepita: grado di fatica muscolare percepita in termini di vicinanza o lontananza in relazione al cedimento muscolare. Progressione maggiormente adatta dalle 8 ripetizioni in su con carichi medi e leggeri, in esercizi di complemento e isolamento, ma anche quando previsto l’utilizzo di macchine e di tecniche di intensità.
  4. Densità locale: aumento del volume di lavoro a parità di tempo o riduzione del tempo impiegato a svolgere un dato volume. E’ la progressione più confacente a lavori con carichi leggeri, alte ripetizioni e esercizi di isolamento o macchine.

Esempi di scheda per l’ipertrofia muscolare

Ogni soggetto, a seconda del livello, dovrebbe orientarsi verso priorità specifiche:

  • Il principiante dovrebbe apprendere la corretta tecnica esecutiva degli esercizi e pattern motori primari migliorando il controllo e la gestione del corpo sotto carico;
  • L’intermedio dovrà puntare molto sull’incremento del carico esterno poiché è la variabile con maggiore margine di miglioramento e allo stesso tempo dovrà acquisire e maturare maggiore consapevolezza muscolare (carico interno);
  • L’avanzato, raggiunti carichi già importanti in termini relativi e capacità di esprimere alta intensità percepita all’interno delle serie, dovrebbe adattarsi nel tempo a volumi di lavoro crescenti. Inoltre, dedicherà maggiore attenzione ai punti carenti attraverso specializzazioni.

Proponiamo di seguito alcuni esempi.

Esempio di scheda per principianti

LUNEDI’

RIPETIZIONI x SERIE INTENSITA’ RECUPERO
DISTENSIONI PANCA PIANA BILANCIERE 6×4 9 RM con buffer 3 3 minuti
STACCO DA TERRA 5×5 8 RM con buffer 3 3 minuti
CROCI CON MANUBRI PANCA 30° 12×3 2-3 minuti
ALZATE LATERALI CON MANUBRI 15×3 2-3 minuti
CURL BICIPITI CON BILANCIERE 15×3 2-3 minuti

MARTEDI’

RIPETIZIONI x SERIE INTENSITA’ RECUPERO
BACK SQUAT 6×4 10 RM con buffer 4 3-4 minuti
LENTO AVANTI SEDUTO CON MANUBRI 10×3 12 RM con buffer 2 3 minuti
LAT MACHINE IMPUG. TRIANGOLO 8×3 12 RM con buffer 4 3 minuti
LEG CURL 15×3 2-3 minuti
FRENCH PRESS BILANCIERE PANCA 30° 15×3 2 minuti
AFFONDI INDIETRO ALTERNATI 16×2 2-3 minuti

MERCOLEDI’: riposo

GIOVEDI’

RIPETIZIONI x SERIE INTENSITA’ RECUPERO
DISTENSIONI PANCA PIANA MANUBRI 8×3 12 RM con buffer 4 2-3 minuti
REMATORE CON BILANCIERE 10×3 12 RM con buffer 2 2-3 minuti
CROCI DAI CAVI 12×3 2 minuti
ALZATE LATERALI CON MANUBRI 15×3 2-3 minuti
CURL BICIPITI ALTERNATI CON MANUBRI 20×2 2-3 minuti

VENERDI’

RIPETIZIONI x SERIE INTENSITA’ RECUPERO
BACK SQUAT 6×4 10 RM con buffer 4 3-4 minuti
LENTO AVANTI IN PIEDI CON BILANCIERE 8×3 10 RM con buffer 2 3 minuti
LAT MACHINE AVANTI PRESA LARGA 12×3 15 RM con buffer 3 3 minuti
SPINTE TRICIPITI DAL CAVO ALTO 15×3 2-3 minuti
STACCHI A GAMBE SEMI-TESE CON MANUBRI 15×3 1-2 minuti
LEG EXTENSION 12×3 2-3 minuti

SABATO E DOMENICA: riposo

Esempio di scheda per intermedi

GIORNO 1 ALLENAMENTO A

RIPETIZIONI x SERIE INTENSITA’ RECUPERO
DISTENSIONI PANCA PIANA BILANCIERE 4×6 7 RM con buffer 3 3 minuti
DIP 10×3 12 RM con buffer 2 3 minuti
CROCI DAI CAVI PANCA 30° 15×3 15 RM 2 minuti
CURL IN PIEDI CON BILANCIERE 15×2 2-3 minuti
PUSH DOWN 20×3 20 RM 2-3 minuti
CURL MANUBRI SU PANCA 45° 20×2 20 RM 2-3 minuti

GIORNO 2 ALLENAMENTO B

RIPETIZIONI x SERIE INTENSITA’ RECUPERO
BACK SQUAT 5×5 8 RM con buffer 3 3-5 minuti
HACK SQUAT 10×3 12 RM con buffer 2 3-4 minuti
LEG CURL 20×2 20 RM 2 minuti
LEG EXTENSION 15×2 15 RM 2-3 minuti
STACCHI GAMBE SEMI-TESE 15×2 2 minuti
POLPACCI ALLA PRESSA 12×2 15×1 20×1 12 RM, 15 RM, 20 RM 2-3 minuti

GIORNO 3: riposo

GIORNO 4 ALLENAMENTO C

RIPETIZIONI x SERIE INTENSITA’ RECUPERO
STACCO DA TERRA 3×8 6 RM con buffer 3 3-4 minuti
LENTO AVANTI CON MANUBRI SU PANCA 8×3 10 RM con buffer 2 2-3 minuti
TRAZIONI PRESA NEUTRA 7×4 10 RM con buffer 3 2-3 minuti
ALZATE LATERALI DAL CAVO 15×3 15 RM 2-3 minuti
PULLEY BASSO 15×2 15 RM 3 minuti
APERTURE POSTERIORI 20×2 20 RM 2 minuti

GIORNO 5: riposo

GIORNO 6: ripartire con allenamento A

Esempio di scheda per avanzati (specializzazione tricipiti)

LUNEDI’

RIPETIZIONI x SERIE INTENSITA’ RECUPERO
DIP CON FERMO IN BASSO 1s 3×4 6 RM con buffer 3 3-4 minuti
STACCO 3×5 6 RM con buffer 3 4 minuti
LENTO AVANTI MANUBRI SU PANCA 4X4 8 RM con buffer 4 3 minuti
CURL PANCA SCOTT MANUBRIO 12-15×3 12-15 RM 2-3 minuti
CURL IN PIEDI DAL CAVO BASSO 15-20X2 15-20 RM 2-3 minuti
HAMMER CURL CORDA DAL BASSO 8×1 + 2 drop set da 10 rip 8 RM

MARTEDI’

RIPETIZIONI x SERIE INTENSITA’ RECUPERO
BACK SQUAT 3×4 7 RM con buffer 4 4 minuti
TRICIPITI CON CORDA VERSO ALTO 20×3 20RM 2-3 minuti
KICK BACK DAL CAVO BASSO (isometria 3s) 15×4 15RM 2 minuti
PUSH DOWN A TENSIONE CONTINUA 30×2 + 2 drop set 30RM 2-3 minuti
TIRATE AL PETTO MANUBRIO 12×3 12 RM 2-3 minuti
CALF SEDUTO 30 x 2 30 RM 2 minuti
ALZATE LATERALI CAVO BASSO 18-25 x 4 18-25 RM 3 minuti
CALF MACHINE 12-15 x 4 12-15 RM 3 minuti

MERCOLEDI’: riposo

GIOVEDI’

RIPETIZIONI x SERIE INTENSITA’ RECUPERO
TRAZIONI PRESA LARGA 4×5 8 RM con buffer 4 3-4 minuti
STACCHI RUMENI BILANCIERE 12×3 12 RM 3 minuti
PULL DOWN 15×2 15 RM 2-3 minuti
DELTOIDI POSTERIORI ALLA MACCHINA 15-20×3 15-20 RM 3 minuti
LAT MACHINE TRIANGOLO MAX X 2 15×4 15 RM 3 minuti

VENERDI’

RIPETIZIONI x SERIE INTENSITA’ RECUPERO
PANCA PRESA STRETTA MANUBRI 8-10×3 8-10 RM 3 minuti
DIP PARALLELE 12×3 12 RM 3-4 minuti
CROCI MANUBRI SU PANCA 15-30° 8×3 8 RM 3 minuti
PJR PULLOVER BILANCIERE EZ 15×4 15 RM 2-3 minuti
CHEST FLY (isometria 3s in accorciamento) 15×4 20 RM 2 minuti

SABATO

RIPETIZIONI x SERIE INTENSITA’ RECUPERO
HACK SQUAT 10-12×3 10-12 RM 4 minuti
LEG CURL 25×2 25 RM 2-3 minuti
LEG EXTENSION 12+5+5 in rest pause x2 12-15 RM 4 minuti
LEG PRESS 15-20×3 15-20 RM 4 minuti
AFFONDI IN CAMMINATA MAX RIP. in 15′

DOMENICA: riposo

Monofrequenza o multifrequenza: quante volte allenarsi a settimana per l’ipertrofia muscolare?

Come già ampiamente spiegato nel paragrafo sulla durata dell’allenamento, esistono vari fattori che influenzano il “quanto” allenarsi. Farlo con una frequenza di 4-5 volte a settimana può rappresentare un’indicazione mediamente valida. Casi estremi in un senso (2 giorni) o nell’altro (7 allenamenti e oltre) esistono ma sono caratteristici di chi ha disponibilità ridotta in termini di tempo oppure di alcuni atleti agonisti.

La frequenza di allenamento ideale, sostanzialmente, è quella che ti permette di progredire nel tempo (sovraccarico progressivo) senza intaccare eccessivamente le capacità di recupero, pena dover ricorrere spesso a brevi periodi di scarico.

Ma quante volte a settimana si dovrebbe allenare un muscolo per farlo crescere?

Anche la diatriba tra monofrequenza (allenare uno stesso muscolo ogni 7 giorni) e multifrequenza (allenarlo più volte nell’arco della settimana) non avrà mai fine in quanto ci saranno sempre persone cresciute con un modo o l’altro.

Bisogna partire dalla premessa che la monofrequenza in senso assoluto non esiste: ad esempio, quando fai le trazioni alla sbarra anche pettorale e tricipiti sono coinvolti, così come femorali e glutei quando fai stacco, ecc. Quindi la monofrequenza è più un concetto per semplificare un determinato modo di distribuire gli stimoli a carico dei muscoli.

In passato si pensava che per far crescere un muscolo bastasse colpirlo una volta per poi farlo riposare una settimana prima di riallenarlo. In realtà la scienza ha dimostrato, già da diverso tempo, che, in seguito ad un allenamento, la sintesi proteica muscolare ritorna a valori basali entro massimo 72 ore e quindi non vi è la reale necessità di attendere 7 giorni. Tale situazione sembra più essere legata ad una accettata convenzione sociale.

Nonostante ciò, se un atleta è particolarmente esperto e abile nel generare intensità e moli di lavoro importanti all’interno della singola seduta potrebbe preferire nel pratico un modus operandi del genere.

Dall’altra parte invece, soprattutto negli ultimi anni e di derivazione sport-centrica, la frequenza è divenuta un parametro interessante per ripartire meglio i vari stimoli e redistribuire in maniera più efficiente il volume di lavoro – ad un certo punto i classici allenamenti al lunedì, mercoledì e venerdì stanno stretti rispetto alle proprie capacità di lavoro.

Inoltre, soprattutto fino a che non si apprende correttamente il gesto motorio nel principiante o non si matura una certa esperienza nell’intermedio, è consigliabile mantenere una frequenza più elevata.

Infine, c’è una gran differenza tra allenare un muscolo e allenare un movimento in cui è coinvolto quello stesso muscolo: nel primo caso se sei abile nel generare alti livelli di intensità potrebbero bastare 2 allenamenti dedicati a settimana, mentre nel secondo caso, dovendo lavorare lontano da elevati livelli di fatica sistemica e periferica, puoi spingerti senza grosse difficoltà a frequenze maggiori.

Esempio di scheda in multifrequenza per intermedi/avanzati

LUNEDI’

RIPETIZIONI x SERIE INTENSITA’ RECUPERO
PANCA PIANA BILANCIERE 3×4 6 RM con buffer 3 3-4 minuti
STACCO DA TERRA 3×5 6 RM con buffer 3 4 minuti
TRAZIONI PRESA LARGA 4×5 8 RM con buffer 4 3-4 minuti
CURL PANCA SCOTT MANUBRIO 12-15×3 12-15 RM 2-3 minuti
CURL IN PIEDI DAL CAVO BASSO 15-20X2 15-20 RM 2-3 minuti
HAMMER CURL CORDA DAL BASSO 8×1 + 2 DROP SET da 10 rip 8 RM

MARTEDI’

RIPETIZIONI x SERIE INTENSITA’ RECUPERO
BACK SQUAT 3×4 7 RM con buffer 4 4 minuti
LENTO AVANTI BILANCIERE 4X4 8 RM con buffer 4 3 minuti
TIRATE AL PETTO MANUBRIO 12×3 12 RM 2-3 minuti
CALF SEDUTO 30 x 2 30 RM 2 minuti
ALZATE LATERALI CAVO BASSO 18-25 x 4 18-25 RM 3 minuti
CALF MACHINE 12-15 x 4 12-15 RM 3 minuti

MERCOLEDI’: riposo

GIOVEDI’

RIPETIZIONI x SERIE INTENSITA’ RECUPERO
PANCA PIANA MANUBRI 8-10 x3 8-10 RM 3 minuti
INCLINE CHEST PRESS 12×3 10-12 RM 3 minuti
DIP PARALLELE (fermo in basso 1sec) 15×3 12-15 RM 3 minuti
CHEST FLY (isometria in accorciamento) 15-20×2 20 RM 2 minuti
PJR PULLOVER BILANCIERE EZ 15×4 12-15 RM 2 minuti
PUSH DOWN A TENSIONE CONTINUA 20×3 20 RM 3 minuti

VENERDI’

RIPETIZIONI x SERIE INTENSITA’ RECUPERO
REMATORE CON MANUBRIO 10×3 10 RM 3 minuti
STACCHI RUMENI BILANCIERE 12×4 12 RM 3 minuti
PULL DOWN 15×3 15 RM 2-3 minuti
DELTOIDI POSTERIORI ALLA MACCHINA 15-20×3 15-20 RM 3 minuti
LAT MACHINE TRIANGOLO MAX X 2 15×2 15 RM 3 minuti

SABATO

RIPETIZIONI x SERIE INTENSITA’ RECUPERO
HACK SQUAT 10-12×3 10-12 RM 4 minuti
LEG CURL 25×2 25 RM 2-3 minuti
LEG EXTENSION 12+5+5 in rest pause x2 12-15 RM 3-4 minuti
LEG PRESS 15-20×3 15-20 RM 4 minuti
AFFONDI IN CAMMINATA MAX RIP. in 15′

DOMENICA: riposo

Esistono diversi schemi e modi di distribuire l’allenamento dei muscoli in un contesto multi frequente:

  • Alternando un allenamento per la parte superiore ad uno per la parte inferiore del corpo;
  • Ogni allenamento in full body;
  • Alternando un allenamento per i movimenti/muscoli di spinta, uno per quelli di trazione e uno per gli arti inferiori;
  • Una falsa monofrequenza su una “settimana” di 5-6 giorni;
  • Un mix di quelli elencati.

Esempio di scheda in monofrequenza

LUNEDI’: deltoidi + braccia

RIPETIZIONI x SERIE INTENSITA’ RECUPERO
LENTO AVANTI MANUBRI SU PANCA 5×5 8 RM buffer 3 3 minuti
TIRATE AL PETTO 12×3 12 RM 2 minuti
PUSH DOWN 12×3 12 RM 2-3 minuti
ALZATE LATERALI CAVO BASSO 15-20 x4 15-20 RM 2-3 minuti
CURL MANUBRI ALTERNATI IN PIEDI 12×3 12 RM 2-3 minuti
TRICIPITI CORDA DAL CAVO BASSO 15×4 15 RM 2-3 minuti
CURL MANUBRI SU PANCA A 45° 15-20×4 20 RM 2-3 minuti

MARTEDI’: riposo

MERCOLEDI’: cosce + gambe

RIPETIZIONI x SERIE INTENSITA’ RECUPERO
SQUAT 5×5 8 RM buffer 3 4 minuti
LEG PRESS 12×4 12 RM 4-5 minuti
LEG CURL 15×3 15 RM 3 minuti
LEG EXTENSION 15×3 15 RM 3 minuti
STACCHI GAMBE SEMI-TESE 20×3 20+ RM 2-3 minuti
POLPACCI ALLA MACCHINA 12-15-20-30 x4 12 RM, 15 RM, 20 RM, 30 RM 3 minuti

GIOVEDI’: riposo

VENERDI’: petto + addome

RIPETIZIONI x SERIE INTENSITA’ RECUPERO
DISTENSIONI PANCA PIANA 5×5 8 RM buffer 3 3 minuti
SPINTE MANUBRI PANCA 30° 10-12×4 10-12 RM 3 minuti
CROCI AI CAVI 15×3 15 RM 2-3 minuti
DIP CON FERMO IN BASSO DI 1sec 15×2 15 RM 3 minuti
CRUNCH DAL CAVO ALTO 20×3 20 RM 2 minuti

SABATO: schiena

RIPETIZIONI x SERIE INTENSITA’ RECUPERO
STACCO DA TERRA 3×8 6 RM buffer 3 3-4 minuti
TRAZIONI PRESA LARGA 5×5 8 RM buffer 3 3-4 minuti
PULLEY BASSO 12×3 12 RM 3 minuti
PULLDOWN CAVO ALTO 15×3 15 RM 2-3 minuti
REMATE A GOMITI ALTI 20×4 20 RM 2-3 minuti
SCROLLATE CON BILANCIERE 15×2 15 RM 2-3 minuti

DOMENICA: riposo

Anche per quanto riguarda la monofrequenza esistono vari modi (potenzialmente innumerevoli) di distribuire e associare i gruppi muscolari nella settimana, ricordando sempre che la monofrequenza in termini assoluti non esiste. Alcuni esempi:

  • Petto e bicipiti – schiena e tricipiti – cosce, polpacci e deltoidi
  • Petto – schiena – cosce e polpacci – spalle e braccia
  • Petto, tricipiti, deltoidi anteriori e laterali – schiena, bicipiti e deltoidi posteriori – cosce e polpacci
  • Schiena e deltoidi – cosce e polpacci – petto e braccia
  • Parte superiore del corpo – parte inferiore

Tecniche d’intensità

Le tecniche d’intensità sono metodiche che possono essere utili a:

  • intermedio/avanzato che vuole puntare sulla variabile dell’intensità percepita raggiungendo o oltrepassando il cedimento muscolare;
  • chi punta a svolgere più volume di lavoro nell’unità di tempo;
  • principiante/intermedio, solo quando ben dosate, per sperimentare gradi di fatica percepita maggiori.

È doveroso specificare che non sono strettamente necessarie per massimizzare la crescita muscolare: la ricerca ha evidenziato come non sono superiori ai classici sistemi a serie. Non dovrebbero rappresentare pertanto scelte esclusive o predominanti all’interno di una programmazione, soprattutto nel principiante che ha priorità ben più importanti.

Le principali tecniche di intensificazione sono:

  • Superserie: esecuzione in rapida successione di due esercizi per gruppi muscolari tra loro antagonisti – ad esempio curl con bilanciere seguito da french press su panca;
  • Serie composte (o superserie per gli agonisti): esecuzione in rapida successione di due o più esercizi sul medesimo gruppo muscolare – ad esempio croci con manubri su panca inclinata + distensioni in panca piana con bilanciere;
  • Cheating (serie con il trucco): una volta giunti in prossimità del cedimento tecnico si eseguono ulteriori ripetizioni supplementari per prolungare la serie attraverso un aiuto che può essere rappresentato dall’esecuzione in modalità meno corretta grazie a slanci o altri distretti muscolari. Per via dell’alto potenziale lesivo a cui si andrebbe incontro, tale tecnica è idonea per soggetti avanzati e con un alto grado di competenza;
  • Pre-affaticamento e post-affaticamento: esecuzione di due esercizi intervallati da recupero col coinvolgimento del medesimo gruppo muscolare (monoarticolare + multiarticolare o viceversa);
  • Ripetizioni negative: con un carico sovramassimale si cerca di contrastare la fase eccentrica generando forza nella direzione opposta e in alcuni casi è necessaria l’assistenza di uno spotter;
  • Ripetizioni forzate: al termine del massimo numero di ripetizioni che si è in grado di eseguire autonomamente ci si spinge oltre facendosi assistere in ulteriori ripetizioni;
  • Ripetizioni brucianti (o ripetizioni parziali): esecuzione, una volta giunti al cedimento tecnico all’interno di una serie di lavoro, di ulteriori ripetizioni parziali del movimento fino all’esaurimento completo;
  • Stripping o drop set: eseguire tutte le ripetizioni con un dato carico per poi ridurlo per una o due volte consecutive per proseguire la serie di lavoro con ulteriori ripetizioni;
  • Rest pause: maggior numero di ripetizioni possibili con un dato carico riposando per un breve lasso di tempo (esempio 10+5+3+1 ogni 15-20 secondi).

Produzione ormonale per l’aumento di massa muscolare

L’azione degli ormoni anabolici come testosterone, ormone della crescita (GH, growth hormone) e fattore di crescita insulino-simile 1 (IGF-1, insuline-like growth factor 1) per aumentare la forza, l’ipertrofia e la sintesi proteica è nota.

Spesso si crede che l’elevazione ormonale che si verifica post allenamento sia una chiave importante per lo sviluppo della massa muscolare. Tuttavia, questi ormoni possono avere un impatto significativo solo a livelli sovra-fisiologici come avviene nel caso di doping che mantiene i livelli cronicamente alti.

Tali ormoni si elevano in acuto soltanto per un brevissimo periodo durante e dopo l’allenamento e il loro rilascio è primariamente dettato da una richiesta funzionale all’attività che stai svolgendo: il testosterone è un potente attivatore neurale che aumenta l’espressione di forza, il GH facilita la mobilizzazione dei substrati energetici, ecc.

Adottare tempi di recupero ridotti, forte congestione muscolare e stress metabolico per aumentare i livelli di GH, così come spostare carichi pesanti per produrre più testosterone pensando di sfruttarli come promotori principali dell’ipertrofia muscolare, anche in distretti muscolari non stimolati direttamente, non ha alcun senso.

I dolori muscolari sono correlati all’ipertrofia?

I dolori muscolari ad insorgenza ritardata, i famosi DOMS, che si sperimentano diverse ore dopo un allenamento provocano sensibilità al dolore e rigidità muscolare.

Attualmente non è ancora noto il meccanismo scatenante primario, anche se si ipotizza che riguardi una combinazione dei seguenti fattori:

  • Danno muscolare e/o connettivale;
  • Infiammazione muscolare e/o connettivale e conseguente edema;
  • Stress ossidativo;
  • Danno alle fibre intrafusali dei fusi neuromuscolari.

Ciò che sappiamo nel pratico è che si presentano in seguito a:

  • sollecitazioni neuromuscolari di entità non abituale;
  • intensi allenamenti eccentrici.

A parte ciò, non esiste una correlazione diretta tra DOMS e aumento della massa muscolare. Dunque, pensare che più sono forti i DOMS e migliore è stato lo stimolo impartito in palestra è del tutto fuorviante!

Quando sono impercettibili o perdurano per pochi giorni possono rappresentare un segnale positivo ma non sono una condizione necessaria. Al contrario, quando si estendono per diversi giorni, evidentemente lo stimolo fornito è stato eccessivo e ciò non farà altro che dilatare i tempi di recupero impedendoti allenamenti più frequenti.

È necessario variare gli stimoli?

ipertrofia bodybuilding

Esiste un principio biologico per il quale ad uno stimolo costante l’organismo risponde via via con adattamenti decrescenti. Questo significa che se svolgi sempre lo stesso schema – ad esempio, 80 kg x 10 ripetizioni x 3 serie senza incrementare nessun parametro allenante – il corpo attua una serie di meccanismi e adattamenti volti a sprecare meno risorse e di conseguenza tale lavoro risulterà inefficace. Da qui l’importanza e la necessità di variare gli stimoli per assicurarti di migliorare continuativamente.

Sulla base di questo principio, tuttavia, sono nate delle enormi incomprensioni legate all’aumento della massa muscolare. Se per variare stimoli s’intende cambiare spesso esercizi – il classico cambio di scheda ogni mese perché “non funziona più” – allora si fa un enorme errore.

Ogni volta che si cambia esercizio su un dato gruppo muscolare nelle prime settimane sembra “funzionare” perché migliori rapidamente, ma questo avviene grazie ad adattamenti nervosi e non realmente muscolari, i quali sopraggiungono successivamente.

Quindi, variare troppo frequentemente gli stimoli pensando di “confondere” i muscoli è una strategia fallimentare. I muscoli non sanno se stai utilizzando un bilanciere, un manubrio o dei cavi ma rileva e risponde unicamente a semplici principi biologici e biomeccanici. Inoltre, così facendo non saprai mai con precisione se stai effettivamente migliorando in termini di sovraccarico progressivo – ricorda che quest’ultimo è fondamentale e che la sintesi di nuovo muscolo avviene in tempi medio-lunghi.

Cambiare stimolo significa, quindi, fornire stress crescenti nel tempo (sovraccarico progressivo) sulla base di quelli esistenti, ossia a parità di esercizio o modalità.

Programmare o autoregolare per la massima ipertrofia?

Se l’obiettivo è ottimizzare i guadagni muscolari cos’è meglio tra programmare il lavoro in palestra e l’autoregolazione?

Partire da una solida programmazione di base è di fondamentale aiuto perché saprai con precisione il tipo di esercizi, schemi e stimoli da applicare. Essa consente di quantificare e misurare in modo preciso il tuo percorso per avere un quadro più chiaro dell’andamento delle prestazioni. Per questo motivo sarebbe impensabile affidarsi completamente all’autoregolazione e facendo ciò e come si vuole ad ogni allenamento.

Tuttavia, un minimo grado di libertà di manovra può rappresentare certamente un elemento positivo e motivante. Infatti, in alcune situazioni rimanere fossilizzati su schemi e paletti fissi può risultare fortemente limitante e controproducente.

Ad esempio, se in una giornata ti senti particolarmente in forma e volessi svolgere 1 o 2 serie in più rispetto a quelle prestabilite sarebbe un’aggiunta senz’altro gradita e produttiva allo stesso tempo. Al contrario, rimuovere una serie o un esercizio in giornate non brillanti può aiutare a mantenere elevata la qualità dell’allenamento evitando di generare volume di bassa efficacia.

Conclusioni: 5 consigli pratici per ottenere la massima ipertrofia muscolare

In definitiva portiamoci a casa pochi ma fondamentali punti su cui orientarsi per la massima crescita muscolare:

1) Applica il sovraccarico progressivo nel tempo: questo richiede e presuppone pazienza e costanza. Il muscolo deve adattarsi all’aumentata richiesta di lavoro sintetizzando sempre più elementi che lo costituiscono. Naturalmente, aumenta gradualmente un parametro alla volta e non tutti insieme, ad esempio partendo da 80 kg x 8 x 3 potresti prima aumentare il volume, ovvero le ripetizioni a parità di serie o numero di serie totali. Dopodiché, svolgi la medesima mole di lavoro riducendo il tempo di recupero tra le serie agendo sulla densità o intensità percepita e, solo in ultimo, quando sarai giunto a 80 kg x 12 x 3 a parità di forma esecutiva, potrai aumentare il carico esterno e ripartire da 85 kg x 8 x 3.

2) Prima di puntare sulla quantità aumentando kg sul bilanciere, frequenza, serie ed esercizi assicurati di dare priorità alla qualità del lavoro. In particolare, focalizzati sull’esprimere adeguata intensità con lo sviluppo di elevate tensioni muscolari evitando lavoro “spazzatura”. Per farlo, impara a veicolare correttamente lo stimolo verso il gruppo muscolare di riferimento e ad eseguire ogni ripetizione di una serie in modo che sia quanto più simile a quella precedente, senza alterare la postura e attuare compensi di vario tipo anche sotto grande fatica. Il punto di partenza è dunque apprendere la corretta tecnica degli esercizi.

3) Organizza l’allenamento o le sedute in modo da garantire una consequenzialità logica degli stimoli. Parti con carichi pesanti e basse ripetizioni (5-8 RM) in esercizi multiarticolari complessi (come panca piana, lento avanti, dip, squat, stacco da terra, trazioni) senza raggiungere il cedimento muscolare. Passa ad esercizi più muscolari con carichi moderati e ripetizioni medie (8-15 RM) a cedimento tecnico o vicino ad esso. Infine, concludi il lavoro con esercizi di isolamento a carichi leggeri e ripetizioni alte (oltre le 15) a cedimento anche con tecniche di intensificazione.

4) Utilizza tempi di recupero tra le serie compatibili con il tipo di stimolo/fatica e con l’obiettivo prefissato. Con carichi pesanti o in esercizi multiarticolari portati a cedimento tempi di 3-5 minuti consentono di mantenere livelli di forza e concentrazione adeguati generando così più lavoro di qualità. In esercizi di complemento e isolamento 2-3 minuti sono mediamente validi. Recuperi “classici” di 60-90 secondi non si sono dimostrati superiori ma, anzi, spesso controproducenti.

 5) Per capire se stai migliorando e se il programma di allenamento sta funzionando è fondamentale misurare. Monitora periodicamente l’andamento delle prestazioni e altri indici come peso corporeo, foto, percezione della fatica, feeling col carico, circonferenze e pliche. Attraverso l’integrazione e corretta interpretazione di questi dati potrai capire se e come agire per continuare a crescere muscolarmente.

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Bibliografia/sitografia 

Scienza e sviluppo della ipertrofia muscolare. Brad Schoenfeld. Olympian’s srl Publishing 2017

Hypertrophy: Muscle fiber growth caused by mechanical tension (English Edition). Chris Beardsley. 2019

Project Strength. Alessio Ferlito. Project Edition. 2016

The muscle & strength pyramid: allenamento. Eric Helms, PHD, CSCS, Andy Morgan, BS, Andrea Valdez, MS. Seconda edizione. Natural Peaking. 2020

Jürgen Weineck. L’allenamento ottimale. Calzetti & Mariucci Editori. 2009

Project Exercise Vol.1-2. Andrea Roncari. Project Edition. 2017

www.projectinvictus.it

www.strengthandconditioningresearch.com

bodycompacademy.it

skepticaldragoon.it

bodyrecomposition.com

www.lookgreatnaked.com

pubmed.ncbi.nlm.nih.gov

 

Autore: Antonello Piracci

Si è laureato in Scienze delle Attività Motorie e Sportive presso l’Università degli studi di Foggia. Lavora come Personal Trainer (anche a distanza) occupandosi di miglioramento della composizione corporea attraverso l’insegnamento e l’applicazione dei principi dal micro al macro che governano il mondo dell’allenamento con i sovraccarichi. Crede in un approccio logico e critico volto all’accrescimento del sapere e della conoscenza.

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Andrea Biasci

Fondatore del Project inVictus e autore di Project Nutrition, il libro sulla nutrizione con più di 90 000 copie vendute, che unisce la teoria alla pratica su base scientifica. Laureato in Scienze Motorie e nella magistrale in Scienze della Nutrizione Umana. Per anni è stato Professore Universitario a contratto presso l'Università degli Studi di Milano. Maggiori informazioni

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