Cosa succede quando il muscolo incontra il grasso?

cosa succede quando il muscolo incontra il grasso

Quello che stai per leggere è un articolo tecnico che mostra le interazioni ormonali, metaboliche, genetiche che avvengono nel nostro organismo, tra il tessuto grasso ed il muscolo.  È un articolo non da leggere ma da studiare. Nel suo insieme riesce a fare una panoramica sullo stato metabolico del corpo umano.
Buona lettura.

L’obesità è una pandemia!

Epidemia obesi

Articolo della Dott.essa Roberta Martinoli

La prevalenza dell’obesità è arrivata a livelli mai raggiunti prima. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2008 oltre 500 milioni di adulti (pari al 10-14% della popolazione mondiale) erano classificabili come obesi sulla base dell’Indice di Massa Corporea (IMC ³30).

A causare questo trend contribuiscono più fattori contemporaneamente: i determinanti genetici, l’eccessivo introito energetico e la sedentarietà che caratterizzano la vita moderna.

L’obesità è a sua volta alla base dell’aumentata suscettibilità a sviluppare sindrome plurimetabolica, ipertensione, malattie cardiovascolari, diabete mellito di tipo 2 e alcune forme di cancro.

L’obesità, come l’invecchiamento, è una perdita di flessibilità

obesità invecchiamento perdita flessibilità

Così come ogni altra forma vivente, vista la nostra necessità di adattarci alle variazioni dell’ambiente esterno e di quello interno, abbiamo bisogno di essere “flessibili”. La flessibilità è la caratteristica che ci rende dinamici. Se ci pensate bene l’invecchiamento altro non è se non una perdita di flessibilità e di capacità di adattamento, un divenire sempre più statici. Da vecchi mal ci adattiamo ai cambiamenti: il nostro ambiente interno si impoverisce tanto da non riuscire a rispondere alle variazioni che provengono dall’esterno.

Il Sistema Immunitario diventa rigido così come il nostro armamentario biochimico perché gli enzimi sono meno efficienti o perché vengono sintetizzati in più piccole quantità. Ovunque ci sono giunture “arrugginite” che cigolano proprio come le nostre articolazioni. Se la vecchiaia è rigidità la giovinezza è flessibilità al massimo grado.

E la flessibilità ci consente un equilibrio perfetto tra sistemi di regolazione e sistemi di contro-regolazione (proprio come in una democrazia nella quale esiste un partito al governo e l’altro all’opposizione). Questo equilibrio me lo immagino fatto da tante piccole bilance. Ed eccoci arrivati al punto.

Grasso e muscolo: due braccia della stessa bilancia

Le adipochine prodotte dal tessuto adiposo e le miochine prodotte dal tessuto muscolare sono come le due braccia di una stessa bilancia. Se le prime prevalgono sulle seconde si instaura uno stato infiammatorio cronico di basso grado (Low Grade Chronic Inflammation) responsabile della gran parte delle malattie grasso-correlate!

Ovvio che non è semplice come lo descrivo. Tanto per apprezzare la complessità dell’intero sistema bisogna sapere che le cellule muscolari derivano dagli stessi progenitori da cui derivano gli adipociti bruni mentre non hanno nulla a che fare con gli adipociti bianchi!

Il grasso non è tutto uguale

tipi di grasso

Gli adipociti bianchi sono cellule dalla caratteristica forma sferica il cui volume è occupato per più del 90% da una singola goccia di grasso mentre d’altra parte i mitocondri sono pochissimi. Sono i costituenti principali del tessuto adiposo bianco (WAT, White Adipose Tissue) localizzato a livello sottocutaneo (subcutaneus WAT), a livello intramuscolare (intramuscolar WAT o IMAT) e a livello viscerale (visceral VAT). Scopo principale di questo tessuto è quello di stoccare il surplus energetico sotto forma di trigliceridi in modo da poterne disporre quando dovesse sopraggiungere una “carestia” (ma quando mai).

Se esiste un WAT esiste pure un BAT (Brown Adipocite Tissue). Questo è formato dagli adipociti bruni che non hanno più un’unica grande goccia di grasso ma tante piccole goccioline, non sono più dotati di pochi sparuti mitocondri ma ne posseggono tanti (ragion per cui il loro colore tende al bruno). Scopo del BAT è quello di fare termogenesi. Grazie alla presenza di proteine disaccoppianti (Uncoupling protein, vedi UCP1) a livello della membrana interna dei mitocondri gli adipociti bruni riescono a produrre calore a partire dai loro grassi di riserva.

È interessante notare che l’attività delle UCP è sotto il controllo del sistema simpatico (e ancora una volta, tanto per fare un richiamo a sopra, è da giovani che prevale il tono simpatico, da vecchi diventiamo decisamente più vagotonici) e risente anche di altri fattori quali la presenza di acidi grassi liberi provenienti dalla lipolisi.

Simpaticotonia e lipolisi sono due eventi che si verificano normalmente a seguito dell’attività fisica. Vi è mai capitato di passare un certo periodo della vostra vita in relativa sedentarietà (a me purtroppo sì) e di accorgervi di sentire più freddo? Quando poi riprendete ad allenarvi regolarmente questa sensazione scompare e potete tornare a sfidare anche la più fredda delle tramontane senza alcun timore!

Di certo abbiamo grande bisogno di grasso bruno e della sua capacità di generare calore nei primi mesi dopo la nascita. La massima riserva di grasso bruno si trova tipicamente nella regione interscapolare. Crescendo purtroppo questa sorta di termosifone incorporato tende ad esaurirsi. Il surplus energetico verrà allora più facilmente convertito in grasso di riserva.

Studi recenti hanno identificato in sede vascolare e perivascolare i progenitori degli adipociti bianchi e hanno identificato una serie di markers molecolari specifici di questo tipo di cellule (Zfp423, VE-Cod, PDGFR-beta e PDGFR-alfa). Nessuno di questi markers compare negli adipociti bruni. Al contrario questi presentano una proteomica mitocondriale molto simile a quella delle cellule muscolari. Del resto non è un caso che sia gli adipociti bruni che le cellule muscolari siano in grado di contribuire, ciascuno a suo modo, alla termogenesi.

E infatti, prima della loro differenziazione in cellule mature, i precursori degli adipociti bruni esprimono una serie di geni miogenici, gli stessi che ritroviamo nelle cellule muscolari.

Dunque miociti ed adipociti bruni sono per così dire parenti di primo grado mentre adipociti bruni e adipociti bianchi sono solo parenti alla lontana.

Il Browinig degli adipociti ovvero come trasformare gli adipociti bianchi in bruni

trasformare adipocita bianco bruno

Pensate ai salti di gioia che devono aver fatto i ricercatori quando, ormai più di 5 anni fa, hanno scoperto nei topini la possibilità di indurre un processo di “browning” negli adipociti bianchi a seguito dell’esposizione al freddo e della somministrazione di beta-adrenergici.

A qualche buontempone sarà pure venuto in mente di far dimagrire le persone sottoponendole alle basse temperature magari chiudendole all’interno di una cella termostata oppure facendole immergere in una vasca di acqua gelida (un’idea del genere non ce l’ha avuta neanche il dott. Birkenmaier di fantozziana memoria).

Il browning degli adipociti bianchi è un interessante processo a seguito del quale l’unica grande goccia di grasso si separa a formare tanti piccoli depositi mentre si avvia un processo di genesi mitocondriale. I nuovi mitocondri sono ben forniti di UCP. Ma come quando mescoliamo latte e caffè esce fuori un cappuccino, a seguito di questo processo di browning i nuovi adipociti non saranno né bianchi né bruni bensì beige. Gli scienziati parlano anche a tal proposito di inducibile BAT e lo indicano con la sigla iBAT.

Riuscite ad apprezzare di quanta flessibilità siamo dotati?

A questo punto abbiamo ben chiaro che a partire da un precursore comune si possono generare miociti oppure adipociti bruni mentre occorre un precursore diverso per dare origine ad un adipocita bianco che poi all’occorrenza si può trasformare in adipocita beige.

Mi trasformo in miocita o in adipocita bruno? Che bel dilemma!

Su che base la cellula progenitrice decide di diventare miocita oppure adipocita? PRDM16 (PR Domain Containing 16) è uno degli switch bidirezionali che una volta attivato promuove la differenziazione delle cellule progenitrici in cellule muscolari.

Al contrario, se inibito, il PRDM16 blocca la funzione degli adipociti beige e induce la ridistribuzione del grasso bianco dallo spazio sottocutaneo a quello viscerale. Bel capolavoro!

Ci possiamo lamentare perché abbiamo le cosce grandi, l’effetto “tendina” sulle braccia, le maniglie dell’amore, la cellulite e il sedere grosso ma il grasso viscerale è il peggior tipo di grasso che si possa avere! È un grasso infiammato e infiammante capace di farci ammalare a causa del grosso carico di molecole segnale che vengono sparse in giro.

Tanti tipi di grasso… altrettanti modi di chiamarlo

I classici depositi di grasso bruno sono

  1. isBAT, BAT interscapolare;
  2. cBAT, BAT cervicale;
  3. paBAT, BAT periartico;
  4. rBAT, BAT renale;

mentre i depositi di grasso bianco comprendono

  1. asWAT, grasso sottocutaneo anteriore;
  2. inWAT, grasso inguinale;
  3. rWAT, grasso retroperitoneale (viscerale);
  4. gWAT, grasso gonadico (viscerale);
  5. mWAT, grasso mesenterico (viscerale);
  6. IMAT, grasso intramuscolare.

Il grasso retroperitoneale, gonadico, mesenterico e intramuscolare è un grasso ectopico. Sta lì ma non ci dovrebbe stare. In particolare con il termine IMAT (IntraMuscolar Adipose Tissue) si indica la presenza di adipociti bianchi a livello dell’interstizio muscolare, condizione che differisce di gran lunga dalla presenza di depositi lipidici all’interno dei miociti. “Adipociti bianchi nell’interstizio muscolare” ad occhio e croce non suona come una cosa buona (a meno che non siate dei maratoneti)!

I muscoli scheletrici, motore del metabolismo

La muscolatura scheletrica rappresenta il 40% del peso corporeo ed è per questo il più esteso organo di cui disponiamo. Proprio in ragione della sua estensione svolge il ruolo di principale regolatore dell’omeostasi energetica.

Così la contrazione delle fasce muscolari stimola l’uptake del glucosio attraverso l’attivazione di una protein chinasi AMP-dipendente o AMPK. L’AMPK promuove infatti la traslocazione del recettore per il glucosio (GLUT4, GLUcose Trasporter type 4) a livello del sarcolemma, la membrana esterna del miocita.

In altri termini la contrazione muscolare, comportando un aumento del dispendio energetico, porta ad un incremento del rapporto AMP/ATP. L’AMPK prende atto del fatto che il livello energetico della cellula è in decremento essendo sensibile alle variazioni dell’AMP/ATP ratio. Ed ecco che arriva una serie di segnali che culminano con la traslocazione dei GLUT4 dalle vescicole citoplasmatiche al sarcolemma. Come gli uccellini nel nido aprono a dismisura il piccolo becco quando hanno fame così le cellule muscolari espongono numerosi i loro GLUT4 quando sono in deficit energetico.

In quanto master regolatore del livello energetico cellulare l’AMPK promuove inoltre la sensibilità all’insulina attraverso meccanismi che coinvolgono l’IL-6 ed altri mediatori.

Muscolo e insulino-resistenza

L’insulino-resistenza è comunemente associata all’obesità e al diabete mellito di tipo 2 e descrive la condizione in cui le cellule sono poco o per niente sensibili all’insulina circolante. Questa condizione si associa normalmente ad iperinsulinemia, iperglicemia e dislipidemia. Dal momento che l’80% dell’uptake del glucosio indotto dall’insulina avviene a livello delle cellule muscolari, l’insulino resistenza dei miociti può essere devastante e può portare ad un circolo vizioso dal quale prendono avvio le malattie cronico-degenerative.

La “flessibilità metabolica” (ed ecco che ritorna ancora questo fatto della flessibilità) tipica delle fibrocellule muscolari fa sì che queste possano utilizzare non solo glucosio ma anche acidi grassi e proteine. Durante il digiuno ad esempio l’ossidazione degli acidi grassi (FAO, Fatty Acid Oxidation) copre oltre il 90% del fabbisogno energetico.

Un muscolo sano è in grado di ossidare acidi grassi non esterificati (NEFA, Non- Esterified Fatty Acid o FFA, Free Fatty Acids) grazie all’azione della lipoproteinlipasi ormone sensibile (hs-LPL, hormone sensitive Lipoprotein Lipase). Al contrario nei diabetici e negli obesi questi processi sono meno efficaci. Il ridotto catabolismo degli acidi grassi liberi è responsabile dell’accumulo di grasso in sedi ectopiche e della riduzione della massa mitocondriale.

Così come nella filastrocca “C’era una volta un re seduto sul sofà che disse alla sua balia raccontami una storia. La balia incominciò: c’era una volta un re…”, il grasso ectopico è responsabile dell’insulino-resistenza che è responsabile della deposizione di grasso ectopico che è responsabile dell’insulino-resistenza che …

“Organo adiposo” e “organo muscolare”

grasso e muscolo

Così come parliamo di “organo adiposo” riferendoci al grasso corporeo e lo interpretiamo come un organo endocrino capace di produrre specifiche citochine allo stesso modo potremmo parlare di “organo muscolare” sottolineando la capacità dei muscoli scheletrici di produrre miochine che diffondono con modalità autocrina, paracrina ed endocrina esercitando i loro effetti anche a distanza. Tra le miochine le più comuni sono

  1. l’irisina;
  2. la miostatina;
  3. le interleuchine 6, 7, 8 e 15.

L’irisina è stata definita un “exercise hormone”. Una volta secreta la molecola diffonde attraverso il circolo ematico e giunge a livello del tessuto adiposo dove promuove il fenomeno del browning grazie alla mediazione del PPARGC1 (Peroxisome Proliferator-Activared Receptor Gamma Coactivator 1-alfa). A livello del muscolo scheletrico l’irisina induce inoltre la biogenesi mitocondriale: aumentare il numero e l’efficacia dei mitocondri equivale ad aumentare la cilindrata del motore.

La miostatina è nota come GDF8 (Growth/differentiation Factor 8), appartiene alla famiglia del TGF-beta e la sua mancata espressione si traduce in un impressionante incremento delle masse muscolari.

Curioso è il caso dell’IL-6 che quando prodotta dal tessuto muscolare promuove l’ipertrofia e la rigenerazione e quando prodotta dal tessuto adiposo è concausa di insulino-resistenza e di infiammazione sistemica. Dunque l’IL-6 è sia una miochina che un’adipochina. È come quando si ha la doppia cittadinanza e allora se ci si trova in Italia si parla l’italiano ma se siamo in Germania parliamo il tedesco. L’IL-6 quando abita nel tessuto adiposo parla l’inflammese quando si trova nel tessuto muscolare l’anti-inflammese!

Obesità sarcopenica? Di che bestia si tratta?

L’obesità è di solito accompagnata da un aumento della massa muscolare oltre che della massa grassa. Il punto è che la massa grassa aumenta con un passo più celere di quanto non faccia la massa magra tanto che alla fine il rapporto tra muscolo e grasso risulta diminuito(lean muscle to fat ratio).

In alcuni casi l’estrema conseguenza di questo processo è l’instaurarsi di un’obesità sarcopenica (NWO, Normal Weight Obesity). Capita allora che mentre il peso è ancora nella norma (IMC nel range tra 18 e 25) la massa magra sia scarsamente rappresentata. Ed è così che la percentuale di grasso corporeo risulta >30% anche in presenza di un basso peso. Tipica è in questo caso la deposizione di grasso nelle zone centrali (grasso viscerale).

Trigliceridi fibrocellulari versus adipociti interstiziali

L’esercizio fisico da moderato ad intenso promuove l’accumulo di FFA all’interno delle fibrocellule muscolari. Questo fenomeno noto come “paradosso dell’atleta” è giustificato, nel muscolo in attività, da un aumentato metabolismo ossidativo a carico dei trigliceridi (che quindi vengono attratti nel miocita come sotto l’azione di un’aspirapolvere).

Diverso è invece il fenomeno della deposizione ectopica di grasso nel soggetto sedentario e francamente obeso. In questo caso il grasso presente nell’interstizio tra un miocita e l’altro, non venendo usato per sostenere il lavoro muscolare, si comporta piuttosto come “centro di nucleazione” per l’accumulo di altro grasso. È un po’ come quando uno butta al lato di una strada una busta di spazzatura e dopo qualche giorno intorno a quella busta sorge una discarica abusiva!

E poiché l’unione fa la forza anche quando il fine non è nobile tutti questi adipociti assieme cominciano a produrre adipochine pro-infiammatorie. È come se un teppista (l’adipocita) giunto in un paese straniero (il tessuto muscolare) continui a parlare la propria lingua, raccolga intorno a sé tanti che la pensano allo stesso modo (altri adipociti) e cominci a spargere i propri veleni.

Il tessuto muscolare risente gradatamente di questa anomalia e si indebolisce perché non è in grado di dar seguito ad un’opportuna biogenesi mitocondriale. Addirittura in queste condizioni sarebbe compromessa la capacità di rigenerazione dei miociti per l’effetto delle adipochine sulle cellule satelliti.

Manteniamoci flessibili

Flessibilità metabolica

Se è vero che l’invecchiamento è un processo inevitabile quello che può essere evitato è diventare rigidi prima del tempo. L’obiettivo è invece quello di mantenerci flessibili nel corpo e nella mente e riusciamo a farlo regolando il flusso di informazioni che, provenendo dall’ambiente esterno, pervade ogni singola cellula. Le informazioni migliori sono quelle che prendono avvio dalla giusta quantità e dalla giusta qualità di cibo ed attività fisica.

Quindi le raccomandazioni di:

  • svolgere attività intense, per preservare (e migliorare) il tessuto magro;
  • essere attivi durante la giornata, per mantenere (e migliorare) una buona ossidazione dei grassi
  • alternare il quantitativo calorico nei giorni della settimana, per continuare a stimolare il metabolismo
  • alternare giornate con maggiori carboidrati o grassi, per insegnare al corpo un miglior partizionamento dei macronutrienti verso il muscolo

Sono raccomandazioni di buon senso che portano l’attenzione dell’organismo verso il tessuto muscolare e non quello grasso.

Questo articolo è tratto liberamente dall’entusiastica lettura dell’articolo “Fighting obesity: when muscle meets fat” (Adipocyte 2014)

Articolo della Dott.essa Roberta Martinoli

Note sull’autrice:

Roberta Martinoli

Roberta ha iniziato a studiare nutrizione con la laurea in Scienze Agrarie e non ha più smesso fino alla laurea in Scienze della Nutrizione Umana e poi in Medicina e Chirurgia.
Appassionata di questa materia è convinta che attraverso una sana alimentazione sia possibile fare vera prevenzione. Dell’opera di divulgazione vuole fare una vera e propria missione perché è convinta che solo attraverso la consapevolezza si possa indurre le persone a mangiare bene.”
dott.roberta.martinoli@gmail.com
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Dr. Roberta Martinoli

Nutrizionista Dottore in Scienze Agrarie Dottore in Scienza della Nutrizione Umana Medico Chirurgo Maggiori informazioni

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