Come l’anatomia influenza lo squat
Avrete sicuramente notato come ogni persona possa avere più o meno difficoltà ad eseguire lo squat ed arrivare all’accosciata sotto il parallelo. Si cerca infatti di insegnare lo schema motorio dello squat in modo standardizzato per ogni persona, piedi larghi come le spalle, leggermente extraruotati, ginocchia che seguono la linea dei piedi e bacino che scende sotto il parallelo. Questo può andare bene in alcune persone ma in molte altre può non essere il metodo migliore e più funzionale alla loro struttura corporea, poiché tutti siamo diversi e quindi tutti dovremo eseguire potenzialmente uno squat diverso dagli altri per meglio seguire la nostra biomeccanica corporea.
I fattori che influenzano lo squat
Ci sono due particolari fattori che vanno ad influenzare l’esecuzione del gesto dello squat e sono:
- La mobilità
- L’anatomia
La mobilità
La mobilità rappresenta l’ampiezza di movimento di un’articolazione, il cosiddetto ROM (Range of Motion). Una riduzione quantitativa e qualitativa della mobilità articolare determina rigidità articolare che può essere dovuta a fattori miofasciali come stati contratturali o retrazioni ed articolari, come rigidità capsulari o legamentose. Quelli che abbiamo citato sono tutti impairment che possono essere corretti nel tempo con un programma di stretching e mobilità articolare. Quello di cui voglio parlare in questo articolo sono i fattori non correggibili che influenzano lo squat.
L’anatomia
L’ elemento che più determina il tipo di squat che la persona andrà ad eseguire e che non è in qualche modo possibile cambiare è l’anatomia delle ossa, diversa l’uno dall’altro, in particolare quelle dell’anca. L’anca è un’enartrosi formata dalla testa del femore che si inserisce nella cavità acetabolare nel bacino che permette degli ampi movimenti sui 3 piani dello spazio. Il collo femorale presenta un’inclinazione sia sul piano frontale che orizzontale e si inserisce nella cavità acetabolare che si trova rivolta leggermente verso il basso, verso avanti e verso l’esterno. L’angolo di inclinazione sul piano frontale è normalmente di 135° mentre quello sul piano orizzontale, chiamato angolo di antiversione, è in media di 15°.
Ci sono variazioni importanti di questi angoli nella popolazione, anche dal punto di vista genetico, le popolazioni dell’Est Europa e dell’Asia infatti presentano un’accentuazione dell’inclinazione sul piano frontale (coxa valga) oltre che una minor profondità della cavità acetabolare (borrow hip socket) ed una maggior lunghezza del collo femorale mentre le popolazioni Africane e dell’Europa del Nord e di origine celtica (Scozia e Francia per esempio), presentano una riduzione di questo angolo (coxa vara) oltre che una maggior profondità della cavità acetabolare (deep hip socket o coxa profonda).
Entrambi questi tipi di condizioni presentano dei vantaggi e degli svantaggi.
Immagine di “http://themovementfix.com”
La coxa vara, a sinistra, ossia la diminuzione dell’angolo di inclinazione sul piano frontale diminuisce la mobilità su tutti i piani dello spazio perché, in flessione, la testa del femore va in conflitto precocemente con l’acetabolo.
Presenta però delle caratteristiche positive. L’avvicinamento del grande trocantere al bacino, infatti, a causa dell’orizzontalizzazione del collo femorale, aumenta il braccio di leva dei muscoli abduttori che producono un maggior momento torcente con la necessità di minor forza in situazioni come la stazione eretta e la fase di pieno carico della deambulazione, dove l’orizzontalità del bacino viene garantita proprio dal medio gluteo. Riducendo la quantità di forza espressa a causa del maggior braccio di leva si riducono anche le pressioni articolari preservando l’articolazione dal rischio di artrosi future. Un potenziale effetto negativo è però l’aumento del momento torcente a carico del collo femorale che aumenta il rischio di fratture a carico di questa struttura.
Nella pratica dello squat soggetti che presentano queste caratteristiche sono svantaggiati nel raggiungimento della posizione in accosciata profonda, che raggiungeranno molto difficilmente ed avranno bisogno di un aumento della stance ben oltre la larghezza delle spalle per evitare il conflitto della testa del femore con l’acetabolo durante la flessione d’anca e quindi il blocco dell’accosciata. Sono però favoriti in tutte quelle situazioni in cui è importante un’ottima espressione di forza, quindi nella corsa e nella deambulazione, dove inoltre presentano maggiore stabilità articolare.
La coxa valga, a destra, ossia l’aumento dell’angolo di inclinazione sul piano frontale aumenta la mobilità in tutti i piani dello spazio poiché la testa del femore ha uno spazio di movimento molto ampio. Diminuisce però la stabilità articolare perché la testa del femore non si trova nella posizione di massima convergenza con l’acetabolo e distribuisce le forze in maniera non uniforme portando il rischio di sviluppare coxartrosi. Lo scarico verticale delle forze sul collo del femore riduce lo stress al collo stesso, però, aumenta il rischio di lussazione superiore e quindi il rischio di displasia dell’anca. Sul piano muscolare la diminuzione del braccio di leva di abduttori ed estensori ne riduce la forza che possono sviluppare, sono quindi sfavoriti nella corsa e nella deambulazione.
Nella pratica dello squat, soggetti che presentano queste caratteristiche sono avvantaggiati nel raggiungimento di una posizione in accosciata profonda con una stance relativamente stretta poiché presentano una grande mobilità articolare. Ne sono un esempio la grande varietà di sollevatori dell’est europa ed ultimamente cinesi che calcano le pedane mondiali, non sono li per caso ma anche perché presentano una struttura geneticamente favorevole.
Angolo di antiversione
Immagine di “squatuniversity.com”
Secondo uno studio demografico del Dott. Ankur Zalawadia sull’angolo di antiversione di femore può esserci una differenza massima di 20° nella popolazione, che influisce notevolmente sulla mobilità individuale in flessione d’anca. Consideriamo un individuo che presenta un angolo di antiversione molto ridotto (Immagine a sinistra) rispetto alla norma, durante la flessione il femore si troverà a “sbattere” contro l’acetabolo dopo pochi gradi di movimento, ci sarà quindi un conflitto femoro-acetabolare precoce. E’ questa la differenza che può esserci tra un soggetto che fatica ad arrivare al parallelo ed uno, invece, che pur non avendo mai fatto squat raggiunge la posizione “ass to the grass” facilmente, potrebbe avere un aumento dell’angolo di antiversione (immagine a destra) che permette al femore di avere un range di movimento in flessione molto più ampio permettendo una mobilità articolare inimmaginabile per altre persone.
Tabella di “http://www.theptdc.com/”
La tabella sovrastante ci permette inoltre di capire che ci sono anche differenze considerevoli nell’angolo di antiversione di femore tra la gamba destra e quella sinistra della stessa persona. Può perciò risultare inutile o addirittura controproducente insistere nella simmetria dell’esecuzione e nella posizione parallela dei piedi e spesso utilizzare un’impostazione che risulti più confortevole per il soggetto, anche se tecnicamente e simmetricamente non perfetta, potrebbe presentare dei vantaggi.
Forma dell’acetabolo
Immagine tratta da: http://themovementfix.com/
Per complicare ulteriormente le cose bisogna considerare anche la forma e la posizione dell’acetabolo. Anch’esso può posizionarsi a seconda del soggetto in antiversione come nell’immagine a sinistra ed in retroversione come in quella di destra, ci possono essere fino a 30° di differenza. Applicando il ragionamento fatto nei paragrafi precedenti possiamo intuire da soli come l’orientamento dell’acetabolo di sinistra possa favorire un aumento del ROM articolare in flessione d’anca e quindi il raggiungimento di posizioni in accosciata molto profonda nello squat.
Al contrario, un acetabolo molto retroverso come quello di destra limita di molto la mobilità in flessione, favorendo però l’estensione dell’anca. Questo soggetto infatti non potrà mai diventare un sollevatore olimpico, ma potrà essere un ottimo velocista poichè la mobilità che geneticamente possiede nell’estensione d’anca lo favorisce nella corsa sprint dove questa fase del gesto atletico è molto importante per la spinta. Ci può essere una differenza anche nella profondità dell’acetabolo, come abbiamo già detto le persone dell’est europa ed Asia tendenzialmente tendono ad avere un acetabolo poco profondo (borrow hip socket) che ne favorisce la mobilità a scapito della stabilità. Individui africani e dell’europa nord-occidentale, invece, tendono ad avere un acetabolo molto profondo (deep hip socket) che ne favorisce la stabilità a discapito della mobilità. Non è un caso infatti che le nazioni dell’Est e dell’Asia tendano ad avere incidenze di displasie dell’anca nei bambini molto più alte del resto del mondo, con l’apice in Polonia, e l’anatomia dell’anca è uno dei fattori che riveste più importanza in questo.
Si potrebbe dire semplicisticamente che geneticamente ognuno di noi ha le caratteristiche per essere campione in qualche sport, tutto sta nell’avere la fortuna di praticare fin da bambino quel determinato tipo di sport, al netto dei fattori ambientali e contestuali.
Come valutare il tipo di anca?
E’ molto difficile nella pratica clinica capire il tipo di anca di un soggetto senza avvalersi di indagini strumentali. E’ possibile però eseguire alcuni test per averne almeno un’idea generica ed impostare quindi al meglio il programma di allenamento del soggetto.
Come prima cosa potrebbe essere utile fare una valutazione del ROM articolare nella rotazione d’anca. Viene effettuato con la persona seduta con anca e ginocchio flessi a 90°, e si fa portare il piede verso l’esterno per l’intrarotazione d’anca e verso l’interno per l’extrarotazione.
Immagine tratta da “themovementfix.com”
Ad anca flessa, un soggetto sano dovrebbe raggiungere normalmente i 45-50° in extrarotazione ed i 40-45° in intrarotazione, se ciò non dovesse essere si presuppone la presenza di alcuni impairment che ne limitano la mobilità.
E’ importante effettuare una diagnosi differenziale per capire la struttura che limita la rotazione e lo si fa valutando il fine corsa articolare, il cosiddetto endfeel. Se è elastico, ossia si può apprezzare una resistenza cedevole durante la prova dell’esaminatore negli ultimi gradi dovuta allo stiramento dei tessuti molli, la causa può essere di tipo miofasciale: retrazioni o stati contratturali. Nella pratica è la sensazione che si avverte al termine della fisiologica flessione di ginocchio. Se è tesa, ad esempio come la resistenza avvertita dall’esaminatore al termine della rotazione esterna della gleno-omerale, si parla invece di rigidità capsulare o legamentosa. Se è dura, ad esempio come la resistenza al termine dell’estensione di gomito, si parla di un conflitto osseo.
Attraverso una valutazione dell’articolarità dell’anca in rotazione, esclusa la presenza di retrazioni e stati contratturali muscolari caratterizzati da endfeel elastici, correggibili attraverso un programma di stretching e mobilità articolare, è quindi possibile fare delle ipotesi sull’anatomia dell’anca in base ai gradi di rotazione più ampi.
Un soggetto con un’accentuazione dell’antiversione del collo femorale tenderà a compensarla attraverso un’intrarotazione di femore, alla nostra valutazione avrà quindi una mobilità maggiore in rotazione interna rispetto a quella esterna. Al contrario, un soggetto con una retroversione del collo femorale tenderà a compensarla in rotazione esterna ed alla nostra valutazione risulterà quindi maggiormente mobile in questi gradi di movimento rispetto all’intrarotazione.
BIBLIOGRAFIA
Kinesiology of the Musculoskeletal System: Foundations for Rehabilitation – Donald A. Neumann
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http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/11764371
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L’articolo: Come l’anatomia influenza lo squat è di Niccolò Ramponi
NOTE SULL’AUTORE
Dottor Niccolò Ramponi, laureato in Fisioterapia presso l’Università degli studi di Verona e personal trainer FIPE.
Sito: http://lascienzainpalestra.it
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