Dieta Equilibrata: le Basi di un’Alimentazione Sana e Bilanciata
In questo articolo tratteremo il concetto di equilibrio nutrizionale.
Dopo una breve introduzione – principalmente nozionistica, ma non senza alcune riflessioni morali – discuteremo più minuziosamente di come ripartire una dieta equilibrata in macronutrienti energetici e di quali sono le condizioni fisiologiche a maggior fabbisogno nutrizionale.
Entreremo quindi nel dettaglio della famosa piramide alimentare, delle frequenze di consumo e delle porzioni standard, quali strumenti di informazione ed educazione alimentare.
Verrà proposta una frammentazione “standard” dei vari pasti, ipotizzando una soluzione “ragionevole” per la maggior parte della popolazione.
In conclusione, faremo cenni sulla “praticabilità” di una dieta equilibrata e, non meno importante, sui fattori di ecosostenibilità.
Buona lettura.
Definizione
Cosa si intende per dieta equilibrata?
Per dieta equilibrata (balanced diet, in inglese) si intende un regime alimentare caratterizzato dalle giuste quantità di tutti i nutrienti e fattori nutrizionali.
“Bilanciato” significa anche “sano” (healty diet, sempre in termini anglosassoni), perché l’equilibrio nutrizionale si correla direttamente e indirettamente, nonché sotto diversi aspetti, al mantenimento dello stato di salute generale.
NotaL’opposto di una dieta equilibrata è un regime nutrizionale “sbilanciato” e quindi “malsano” (unhealthy diet o imbalanced diet). |
Una dieta equilibrata ottempera pienamente al fabbisogno nutrizionale soggettivo; più in particolare di:
- Nutrienti essenziali (amminoacidi essenziali, acidi grassi essenziali, vitamine, minerali); ma anche limitatamente o condizionatamente essenziali;
- Nutrienti “comunque” necessari, anche se non considerati propriamente essenziali (come dosi minime di carboidrati nel medio-lungo termine);
- Fattori nutrizionali, non propriamente nutrienti, anch’essi di vitale importanza (acqua, fibre, antiossidanti non vitaminici ecc.).
Per la maggior parte della popolazione, tutti i nutrienti e fattori nutrizionali possono essere introdotti nelle giuste quantità semplicemente rispettando una dieta equilibrata.
Esiste tuttavia una piccola fetta di soggetti che, per scelta o per necessità, non riesce a soddisfare i propri fabbisogni nutrizionali con i soli cibi.
Come agire in tal caso?
Lacune nutrizionali e uso di integratori alimentari
Alcuni reputano che una dieta equilibrata debba necessariamente contenere tutti i gruppi fondamentali degli alimenti.
Per SINU (Società Italiana Nutrizione Umana), i gruppi alimentari fondamentali sono 5: 1. Cereali e derivati – tuberi; 2. Frutta – verdura; 3. Carne (rossa, bianca, trasformata) – pesce, (tutti i prodotti della pesca, freschi e conservati) – uova (qualsiasi uovo di animale terricolo) – legumi (in ogni forma di conservazione); 4. Latte e yogurt – derivati (formaggi); 5. Grassi da condimento: oli vegetali – burro – altri di origine animale e vegetale ma idrogenati. |
Tuttavia, per valutare un’affermazione simile dovremmo prima di tutto riflettere sul ragionamento che ha portato gli esperti del settore a tali conclusioni.
“Equilibrato” è un aggettivo che si riferisce alla “migliore opzione dietetica”, cioè quella che soddisfa pienamente tutti i fabbisogni nutrizionali con il solo utilizzo degli alimenti.
Riferendoci esclusivamente ai soggetti sani, di conseguenza, qualsiasi filosofia alimentare che richieda soluzioni “alternative” non potrebbe essere considerata equilibrata.
Tuttavia, l’uso di integratori alimentari ed alimenti dietetici è oggi talmente diffuso – anche tra chi non ne ha veramente bisogno – da privare questo ragionamento di qualsiasi valenza etica o morale.
Un atleta ha bisogno di integrare tanto quanto un soggetto vegano e, per entrambi, il motivo di questa necessità è una libera scelta (di affrontare un carico allenante superiore alla norma o di escludere gli alimenti di origine animale dalla dieta).
Ecco perché, nelle righe che seguiranno, ci limiteremo a documentare solo dati oggettivi e totalmente indipendenti da qualsivoglia corrente di pensiero.
Quali Benefici
Benefici di una dieta equilibrata per la salute
Prima di entrare nel dettaglio dei requisiti specifici di una dieta equilibrata, spieghiamo “perché” è consigliato rispettare un regime alimentare equilibrato.
I benefici di una dieta sana sono numerosi e tutti riconducibili alla condizione di omeostasi psico-fisica.
Cosa significa omeostasi?Equilibrio e stabilità temporale delle condizioni interne (chimico-fisiche) ed esterne (comportamenti, interazioni) di un essere vivente, legati a specifici meccanismi di autoregolazione, con l’influenza di vari fattori ambientali. |
A cosa serve garantire l’omeostasi psico-fisica?
- Alla sopravvivenza, fino a morte per cause naturali;
- Ad assicurare il benessere generale;
- A garantire una funzionalità totale di base;
- A mantenere buona la qualità della vita
Perché è importante rimanere in omeostasi per uno sportivo e non solo?Perché l’organismo in omeostasi è capace di esprimere il massimo del suo potenziale, sia fisico che mentale. |
D’altro canto, si dovrebbero anche fare due considerazioni molto importanti:
- I meccanismi di autoregolazione, che in genere funzionano abbastanza bene, possono tuttavia essere imperfetti; basti pensare alle famose “predisposizioni” individuali, sia patologiche che para-fisiologiche. Questo significa che certe alterazioni metaboliche o funzionali prescindono dall’equilibrio della dieta;
- Lo stile di vita di ogni persona, soprattutto il livello di attività motoria complessivo, ne influenza significativamente i fabbisogni Ergo: la stessa dieta potrebbe favorire oppure no l’omeostasi nel lungo periodo in base a quanto e come si muove un soggetto. Mangiando in maniera inadeguata, l’allenamento costituisce quasi sempre “un’arma a doppio taglio”.
Per definirsi equilibrata, qualsiasi dieta deve obbligatoriamente soddisfare tutti i fabbisogni individuali; ma, poiché i fabbisogni dipendono dalla soggettività, anche l’equilibrio della dieta è un parametro strettamente soggettivo.
Macronutrienti Energetici
Carboidrati
Cosa sono
I carboidrati disponibili per l’uomo, cioè quelli digeribili e assorbibili, sono macronutrienti energetici che forniscono 3,75 chilocalorie per grammo (kcal/g) – valore arrotondabile a 4,0 kcal/g.
Sinonimi: idrati di carbonio, glucidi, glicidi, zuccheri.
Classificazione in base alla complessità
I carboidrati si possono classificare in base alla struttura molecolare.
Quelli semplici sono monomeri. Il più importante è il glucosio, perché può essere utilizzato direttamente nella produzione di energia; il fruttosio e il galattosio assunti con gli alimenti invece, devono essere prima metabolizzati a glucosio.
Quelli complessi (disaccaridi, oligosaccaridi, polisaccaridi) sono polimeri che si classificano in base alla lunghezza e tipologia delle catene, nonché alla loro organizzazione.
Il carboidrato complesso di maggior interesse nutrizionale per l’essere umano è l’amido, un polimero del glucosio che le piante usano come riserva energetica.
Il corrispondente animale dell’amico è il glicogeno, prodotto e stoccato nel fegato e nei muscoli.
Perché sono importanti
La funzione primaria dei carboidrati nell’organismo è di tipo energetico.
Il glucosio è un substrato essenziale perchè alcuni tessuti non possono farne a meno (sistema nervoso, midollare del surrene, midollo osseo, eritrociti, leucociti, retina, cristallino, testicoli).
Altri tessuti invece, utilizzano anche miscele di acidi grassi e corpi chetonici. Il muscolo scheletrico inoltre, può utilizzare direttamente gli amminoacidi ramificati dal tessuto contrattile.
Se non vengono assunte quantità idonee di carboidrati con la dieta, il fegato produce glucosio a partire da certi amminoacidi, glicerolo e acido lattico (neoglucogenesi). Associato alla gestione del glicogeno di riserva, questo processo garantisce il mantenimento della glicemia anche in caso di deficit nutrizionale di carboidrati.
Quanti assumerne
La quantità di carboidrati nella dieta dipende molto dal fabbisogno calorico totale. In linea di massima però, dovrebbe occupare circa la metà delle calorie.
Il range percentuale cambia in base all’ente di ricerca consultato ma, “spannometricamente”, potremmo considerare un intervallo compreso tra il 45 e il 65% dell’energia totale. Volendo stimare la quantità di carboidrati nella dieta sul peso fisiologico invece, potremmo utilizzare un coefficiente di 2,0-2,5 g/kg.
In passato si riteneva che i carboidrati impattassero diversamente sul metabolismo in base alla loro struttura molecolare. Quelli semplici, nella fattispecie, sono stati nell’occhio del ciclone per parecchio tempo. A tal proposito, molte istituzioni consigliavano (alcune tutt’ora) di limitarli più possibile (10-12% delle calorie totali).
In realtà oggi sappiamo che, nel soggetto sano, ciò che importa è gestire il carico glicemico totale e l’apporto calorico complessivo.
È comunque innegabile che, consumando grosse e frequenti porzioni di cibi dolci (addizionati in saccarosio, glucosio, fruttosio), le probabilità di eccedere con le calorie dei glucidi aumentino in modo considerevole.
Dove si trovano
Il monosaccaride più diffuso negli alimenti è il fruttosio, presente negli ortaggi e abbondante nei frutti acquosi dolci.
Tra i disaccaridi invece, possiamo citare:
- Lattosio: lo zucchero naturale del latte, composto da glucosio e galattosio;
- Saccarosio: ovvero il classico zucchero da tavola, composto da glucosio e fruttosio, abbondante nel miele, in alcuni fluidi vegetali come la linfa dell’acero, dell’aloe ecc. e, ovviamente, nello zucchero da tavola.
L’amido, il polisaccaride “per eccellenza”, è contenuto soprattutto nei cereali (riso, frumento, mais, orzo, segale ecc.), alcuni pseudo-cereali (quinoa, amaranto, grano saraceno ecc.), relative farine e derivati (pasta, pane ecc.), patate e legumi (fagioli, lenticchie, ceci ecc.).
Acidi Grassi
Cosa sono e generalità
Nel contesto dei macronutrienti energetici, parlando di lipidi si fa specifico riferimento agli acidi grassi (FA, da fatty acid).
Gli FA sono catene carboniose (acidi monocarbossilici alifatici) che, negli alimenti così come nell’organismo umano, si organizzano prevalentemente in forma esterificata al glicerolo, formando i gliceridi (tri-, di- e mono-).
I trigliceridi non possono essere assorbiti e richiedono un’idrolisi digestiva in ac. grassi + glicerolo.
Solo gli acidi grassi a catena corta e media tuttavia, possono entrare direttamente nel circolo sanguigno ed essere trasportati dall’albumina. Quelli a catena media e lunga invece, assieme al colesterolo, entrano nel circolo linfatico e si muovono grazie a specifiche lipoproteine chiamate chilomicroni.
Una volta passati al sangue, i chilomicroni cedono il carico lipemico e vengono smaltiti nel fegato. All’interno del circolo ematico tuttavia, l’ulteriore spostamento di questo tipo di grassi (fegato, muscoli, tessuto adiposo ecc.) avviene grazie ad altre lipoproteine (HDL, IDL, LDL, VLDL).
L’impiego degli FA a scopo energetico è esclusivamente a carico del metabolismo aerobico, ovvero con l’impiego di ossigeno, e forniscono 9 kcal/g.
Il glicerolo invece, finisce nella via neoglucogenica del fegato.
Altri Grassi I trigliceridi e i relativi acidi grassi, pur essendo i nutrienti più abbondanti nella dieta, costituiscono solo una parte dei lipidi importanti per l’uomo. Basti pensare ai fosfolipidi di membrana cellulare, al colesterolo come precursore degli ormoni steroidei e della vitamina D, ai fitosteroli (antiossidanti e ipocolesterolemici) ecc. |
Classificazione
Gli acidi grassi possono essere classificati in base a:
- Lunghezza della catena: corta (più veloce da assorbire e metabolizzare), media e lunga;
- Presenza e numero di doppi legami: saturi (privi), monoinsaturi (un doppio legame) e polinsaturi (più doppi legami).
Saturi, monoinsaturi e insaturi
La presenza di doppi legami è una caratteristica che determina sia le proprietà chimico-fisiche che gli effetti sull’organismo degli acidi grassi.
A temperatura ambiente, gli acidi grassi saturi tendono a solidificarsi, mentre quelli insaturi hanno consistenza liquida. I polinsaturi inoltre, rimangono fluidi anche a temperature di refrigerazione.
Gli FA saturi sono molto stabili al calore, proprietà condivisa anche dai monoinsaturi i quali, tra l’altro, risultano meno sensibili allo stress ossidativo. I polinsaturi invece, sono estremamente deperibili sia alle alte temperature, sia alla luce, sia allo stress ossidativo.
Attenzione! Il modo migliore di proteggere gli acidi grassi alimentari dallo stress ossidativo è di conservarli al freddo, al buio, in assenza d’ossigeno e addizionarli in antiossidanti vitaminici – soprattutto la vitamina E. |
Acidi grassi essenziali
I grassi essenziali e semi-essenziali sono di tipo polinsaturo (EFA, da essential fatty acid), rispettivamente dei gruppi omega 3 e omega 6.
Questi svolgono innumerevoli funzioni, come di fluidificazione nelle membrane cellulari, e abbondano particolarmente nel tessuto nervoso e in quello oculare.
Omega 3 e omega 6 sono anche dotati di un impatto metabolico piuttosto importante. Essendo precursori degli eicosanoidi, sia pro- che anti-infiammatori, incidono su parametri strettamente correlati con lo stato di salute come: infiammazione sistemica, coagulazione, lipemia ecc.
Alterando significativamente la quantità e il rapporto degli EFA è possibile shiftare il delicato equilibrio degli eicosanoidi. Ecco perché è necessario assumerli nelle giuste quantità, proporzioni e integrità molecolare – poiché un EFA danneggiato non solo perde di funzionalità, ma può addirittura risultare nocivo.
Attenzione! Acido eicosapentaenoico (EPA) e docosaesaenoico (DHA), omega 3 semi-essenziali, sono di grande importanza salutistica in fase di sviluppo sia intrauterino che nell’infanzia, e in terza età. Il loro fabbisogno è più difficile da raggiungere rispetto a quello del precursore alfa linolenico (ALA) e, in generale, di qualsiasi omega 6. |
Quanti assumerne
La frazione adeguata di grassi nella dieta è del 25% (per gli adulti) o del 30% (per i soggetti in accrescimento) rispetto all’energia totale di un regime normocalorico. Per l’adulto, volendo stimarli sul peso fisiologico, il coefficiente dovrebbe essere di 0,5-1,5 g/kg.
In merito alla ripartizione, si raccomanda che:
- i saturi e gli idrogenati non superino 1/3 dei lipidi totali;
- i monoinsaturi raggiungano il 50%;
- i polinsaturi essenziali occupino la parte rimanente, per un totale del 2,5% sulle calorie totali (nell’adulto almeno 1/5 di omega 3 e 4/5 di omega 6). È importante ricordare che la quota consigliata di EPA e DHA è maggiore per la popolazione dei bambini, delle gravide, delle nutrici e degli anziani.
Nota: alle persone sane è consigliabile non assumere più di 300 mg/die di colesterolo.
Perché non è consigliabile azzerare i grassi nella dieta? Anzitutto perché tra i grassi, come abbiamo detto, esistono varie molecole essenziali. In secondo luogo perché nei grassi si diluiscono anche le importantissime vitamine liposolubili, rispettivamente: vit. A, vit. D, vit. E e vit. K. Senza lipidi, verranno a mancare pure questi nutrienti (anche per ragioni d’assorbimento). Non di meno, perché la capacità di utilizzare i grassi a livello cellulare per produrre energia è “allenabile”. In una dieta dimagrante, togliendoli completamente, si ridurrebbero anche gli enzimi dedicati con la conseguenza (nel lungo termine) di pregiudicare il dimagrimento. |
Dove si trovano
I grassi si trovano sia nei cibi animali che vegetali.
Diciamo che, nei cibi non lavorati, la presenza dei grassi insaturi è maggiore nel regno vegetale. Il latte e i derivati, oltre al tessuto adiposo e alle frattaglie di diversi animali, contengono livelli maggiori di grassi saturi.
Gli omega 6 si trovano sia nei semi oleosi che nella carne, anche se a concentrazioni diverse in base allo specifico acido grasso. L’omega 3 ALA è tipico dei vegetali, mentre EPA e DHA sono caratteristici dei prodotti della pesca di mare e delle alghe.
Le fonti alimentari primarie di grassi per l’essere umano cambiano in base alle abitudini locali. C’è da dire che, a seguito della globalizzazione, ciò che andremo ad esporre sta progressivamente perdendo di significato.
Intorno al Bacino del Mediterraneo, la sorgente fondamentale di grassi dovrebbe essere costituita dalle olive (olio extravergine), dai semi oleosi stagionali e dai prodotti della pesca.
In Europa Centrale, acquisiscono maggior rilievo il burro, i formaggi e i grassi adiposi degli animali terricoli (ad es. il maiale, i bovini). Nella porzione Settentrionale invece, i prodotti della pesca dovrebbero avere un ruolo superiore.
Ad oggi, nelle popolazioni indigene dell’Africa (e soprattutto nella porzione centro-settentrionale) si fa un uso cospicuo di olio di palma e di altre sorgenti vegetali. Le popolazioni filo-inglesi dell’Africa Meridionale invece, hanno ereditato parte delle tradizioni anglosassoni.
In America Meridionale, le fonti di grassi sono numerose ma tradizionalmente sarebbero costituite dal frutto dell’avocado e dal grasso di maiale.
L’America Settentrionale e l’Australia non hanno una vera e propria tradizione, ed hanno ereditato le abitudini etniche dei coloni; abbondano con il grasso della carne e del latte (burro e formaggi). Alcune zone nell’estremo continente nord Americano consumano ancora animali per noi obsoleti come alci e foche.
In Asia Meridionale ed Oceania, il cocco e i prodotti della pesca hanno rivestito un importantissimo ruolo, così come la soia e il riso (relativi oli) in Asia Settentrionale.
Proteine
Cosa sono e generalità
Le proteine sono grosse molecole polimeriche formate da monomeri detti amminoacidi (AA).
In base alla combinazione degli AA, le proteine acquisiscono strutture anche molto diverse tra di loro ed altamente specifiche.
Le proteine alimentari, dopo aver subito la digestione, vengono assorbite nei singoli amminoacidi che nell’organismo possono venire impiegati per:
- sintesi proteica;
- produzione di energia, previa conversione in glucosio o corpi chetonici, o per ossidazione diretta nel muscolo (quelli a catena ramificata);
- sintesi di acidi grassi – quando l’acetil Coenzima A è in eccesso.
Nel complesso, il potenziale energetico delle proteine alimentari corrisponde a 4 kcal/g.
Gli amminoacidi tuttavia, non sono tutti uguali.
Amminoacidi
Gli amminoacidi che possono venire impiegati per la sintesi di proteine sono detti proteosintetici.
Alcuni sono detti essenziali (EAA), perché devono necessariamente essere introdotti con la dieta. Partendo da questi, l’organismo può sintetizzare gli altri non essenziali.
Quelli capaci di entrare nella via glucogenica sono detti AA glucogenici, mentre quelli che possono essere usati nella vita chetogenica prendono il nome di AA chetogenici – alcuni possiedono entrambe le caratteristiche.
Solo 3 degli essenziali sono anche ramificati (BCAA) – abbiamo già parlato del loro impiego muscolare a scopo energetico.
Valore Biologico
Il valore biologico (VB) è il criterio di valutazione qualitativa delle proteine alimentari.
Più somigliano a quelle umane, in termini di quantità e proporzioni in EAA, più alto è il VB.
Le proteine alimentari a maggior valore biologico sono, in media, quelle di origine animale: uovo, latte e derivati, carne e pesce.
Del regno vegetale, le uniche “rilevanti” ad alto valore biologico sono quelle della soia e delle alghe; in alternativa è possibile combinare nella dieta – anche non nello stesso pasto – cibi appartenenti a gruppi diversi (ad es. cereali e legumi) con l’obbiettivo di compensarne gli amminoacidi limitanti.
Quante assumerne
Il fabbisogno proteico è un argomento troppo vasto da poter essere riassunto in poche righe.
Diciamo che, per la popolazione generale, se ne raccomanda più o meno 1,0 g/kg di peso fisiologico (a seconda della fonte bibliografica consultata); oppure il 13% dell’energia normocalorica.
La composizione corporea, l’età, il livello di attività fisica, eventuali condizioni speciali e patologiche possono aumentare drasticamente questa richiesta (come i bodybuilder in fase di taglio calorico, la cachessia grave ecc.). Alcune malattie invece (soprattutto renali), impongono di ridurre le proteine alimentari al minimo sindacale.
Dove si trovano
Le proteine sono ubiquitarie.
Abbondano nella carne, nel pesce, nelle uova e nei derivati magri del latte – fonti che, peraltro, come abbiamo detto vantano anche il maggior VB.
Sono presenti, ma poco concentrate e solitamente con VB inferiore, nei legumi e nei cereali in forma naturale.
Esistono tuttavia diversi lavorati vegetali, usati soprattutto nelle diete vegane, ad alto contenuto proteico; alcuni esempi sono: tofu, muscolo di grano, tempeh, seitan, mopur ecc.
Agli onnivori, per garantire il VB proteico, si raccomanda di assumere almeno 1/3 delle proteine totali da cibi di origine animale.
Piramide Alimentare
Cosa mangiare in una dieta equilibrata?
Per piramide alimentare intendiamo la rappresentazione grafica delle quantità, intese come porzione standard e frequenza di consumo, tipiche di una dieta equilibrata in stile Mediterraneo.
Le campagne di promozione comportamentale basate su questa rappresentazione sono finalizzate al recupero della tradizione alimentare della dieta Mediterranea in tutta la popolazione.
Si prefigge inoltre di educare nella valutazione “spannometrica” delle porzioni e delle frequenze, e di fornire indicazioni per la modulazione della politica agro-alimentare italiana.
È tuttavia poco raccomandabile interpretare “rigidamente” quanto suggerito. La ricerca scientifica è in continua evoluzione e, con essa, le linee guida per una dieta sana ed equilibrata.
Non bisogna però nemmeno commettere l’errore opposto, rischiando di alterare eccessivamente l’equilibrio nutrizionale attraverso il “fai da te” o la “libera interpretazione”.
La piramide alimentare italiana si articola in 6 piani che, a scalare, propongono i vari gruppi di alimenti con colori diversi al fine di sottolineare che ciascuno è caratterizzato da un differente contenuto di nutrienti e richiede differenti quantità.
Prima della base, la piramide dovrebbe essere munita di solide “fondamenta”, rispettivamente strutturate dai cosiddetti “presupposti fondamentali”, ovvero:
- Attività fisica regolare (sport o esercizio motorio generale);
- Sonno adeguato e livelli gestibili di stress;
- Equilibrio psico-emotivo.
Entrando nel merito della struttura piramidale, alla base troviamo l’acqua e gli alimenti di origine vegetale poco energetici ma ricchi di vitamine, sali minerali, acqua, fibre, antiossidanti ecc.; ovvero gli ortaggi o verdure e la frutta acidula dolce.
Procedendo verso l’alto, da un piano all’altro, si possono notare i gruppi alimentari a maggiore densità energetica e minore quantità generale. Il secondo livello è costituito dai cereali, dalle patate, loro farine e derivati magri (pasta, pane, polenta ecc.).
Passiamo quindi alle carni, alle uova, ai prodotti della pesca, sia freschi che conservati (come i salumi), e ai legumi.
Giungiamo dunque a latte, derivati e condimenti (olio, burro); ed infine ai dolci e agli alcolici – vertice della piramide.
Di seguito alcune considerazioni supplementari:
- I prodotti da forno, salati e dolci, che contengono ingredienti diversi come uova, grassi ecc. non andrebbero consumati con lo stesso criterio, bensì in misura inferiore;
- È bene specificare che una dieta equilibrata potrebbe contenere solo verdure ed ortaggi, a discapito della frutta acidula dolce, ma non il contrario. Tra gli ortaggi e le verdure infatti, si trovano diversi frutti poco dolci (pomodori, zucchine ecc.) ma aventi comunque le altre proprietà nutrizionali di quelli che “tradizionalmente” chiamiamo “frutta” (mele, pere ecc.);
- Rispetto agli alimenti di origine animale, la carne fresca magra sembra dover occupare il ruolo maggiore rispetto agli altri prodotti (grassa, salumi ecc.);
- Il burro può essere inserito nel gruppo dei condimenti ordinari, in porzioni adeguate e a patto che la sua frequenza di consumo non oltrepassi 1/3 di quella totale. Gli altri 2/3 dovrebbero essere costituiti da olio extravergine d’oliva o di altri semi spremuti a freddo (con simile ripartizione degli acidi grassi);
- Olive, avocado, cocco, semi oleosi sono fonti nutrizionali di grassi ma non rientrano tra i condimenti. Usando l’olio extravergine d’oliva nelle giuste quantità, la loro presenza nella dieta non è necessaria, ma possono essere contestualizzati bilanciando la loro porzione con quella dei condimenti lipidici;
- Miele, marmellate: costituiscono un ingrediente per la prima colazione di ampio consumo. Sono fonte di zuccheri semplici ad alta concentrazione e, in quanto tali, la porzione utile è di pochi grammi.
Porzione Standard
Cos’è la porzione standard?
La porzione standard va inteso come un’unità di misura specificamente riferita ad ogni singolo alimento.
Per coprire il fabbisogno nutrizionale individuale, il numero di porzioni standard va poi associato al parametro di frequenza di consumo – che vedremo meglio sotto.
La porzione standard può essere stimata in vari modi. Ad esempio, come suggeriscono i LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia per la popolazione italiana), è possibile valutare la porzione standard grazie ad un elenco di misure casalinghe e/o di uso comune.
Tuttavia questo metodo è negativamente influenzato dalla molteplicità di strumenti normalmente usati in cucina (cucchiai, tazze, bicchieri ecc.).
Ecco perché sono stati concepiti anche molti altri sistemi per identificare la porzione standard, come la comparazione a modelli bidimensionali (foto, disegni ecc.) e tridimensionali (oggetti ecc.).
L’uso delle mani e delle dita risulta poi particolarmente comodo e utile, poiché commisurato alle caratteristiche antropometriche del soggetto. Un esempio indicativo è quello di Cappelli e Vannucchi, 2008.
Una porzione | Quantità |
---|---|
Pane | 1 pugno (panino) – 1 mano (fetta) |
Pasta o di riso (pronti da mangiare) | 1 pugno – 1 pugno e mezzo |
Carne o pesce (pronti da mangiare) | Il palmo di una mano |
Verdure cotte, patate, legumi | 1 pugno |
Insalata | 2-3 pugni |
Formaggio duro | 2 dita (medio-indice) |
Frutta | 1 pugno |
Frequenza di Consumo
Frequenza di consumo settimanale degli alimenti
Si definisce frequenza settimanale di consumo la cadenza con la quale mangiare gli alimenti nei 7 giorni.
Questo parametro va in funzione sia delle specifiche caratteristiche nutrizionali, sia della porzione standard.
La frequenza di consumo si riferisce in generale ai macrogruppi e ai sottogruppi di alimenti, ma più microscopicamente andrebbe applicata ad ogni singolo prodotto.
Per garantire l’adeguatezza della dita infatti, certi alimenti andrebbero assunti più volte al giorno o alla settimana; in linea generale tuttavia, rimane logico dedurre che, dando per scontata la standardizzazione delle porzioni, la quantità delle stesse dovrà variare a seconda dei fabbisogni individuali.
Le frequenze di consumo definite dalla SINU (Società Italina di Nutrizione Umana) sono state stilate in base alle quantità in grammi delle porzioni standard (SINU 2014) per tipologia di alimenti e alla composizione energetica e nutrizionale dei cibi (Carnovale e Marletta, 2000; Leclercq er al. 2009).
CEREALI E DERIVATI, TUBERI | Porzione standard (g ) | Frequenza di consumo |
---|---|---|
Pane | 50 | 2-5/giorno |
Pasta, riso, farro, orzo, … | 80 | 1-2/giorno |
Sostituti del pane | 30 | < 2/settimana |
Prodotti da forno dolci | 50 (brioche,..)
30 (biscotti,…) |
< 2/settimana |
Cereali prima colazione | 30 | < 3/settimana |
Patate | 200 | < 2/settimana |
FRUTTA E VERDURA | Porzione standard (g ) | Frequenza di consumo |
---|---|---|
Frutta | 150 frutta fresca/conservata al naturale
30 frutta essiccata/disidratata |
> 2 volte e mezza al giorno |
Verdura | 200 verdure (compresi i fagiolini)
80 insalate a foglia |
> 2 volte e mezza al giorno |
CARNE, PESCE, UOVA, LEGUMI | Porzione standard (g ) | Frequenza di consumo |
---|---|---|
Carne rossa | 100 | 1-2/settimana |
Carne bianca | 100 | 1-3/settimana |
Carni trasformate e conservate | 50 | < 1/settimana |
pesce (compresi molluschi e crostacei) | 150 | 2-3/settimana |
Pesce conservato | 50 | <1/settimana |
Uova | 50 | 2-4/settimana |
Legumi | 150 legumi freschi, ammollati o in scatola
50 legumi secchi |
2-3/settimana |
LATTE E DERIVATI | Porzione standard (g o ml) | Frequenza di consumo |
---|---|---|
Latte e yogurt | 125 | 2-3/giorno |
Formaggi | 100 formaggi < 25 g di grassi/<300 kcal
50 formaggi > 25 g di grassi/> 300 kcal |
2-3/settimana |
GRASSI DA CONDIMENTO | Porzione standard (g o ml) | Frequenza di consumo |
---|---|---|
Olio | 10 | 2-4/giorno |
Burro e altri grassi di origine vegetale e animale | 10 | Occasionale |
ACQUA | Porzione standard (ml) | Frequenza di consumo |
---|---|---|
Acqua | 200 | 8-10/giorno |
ALIMENTI VOLUTTUARI | Porzione standard (g o ml) | Frequenza di consumo |
---|---|---|
Dolci, snack, bevande nervine, tisane, bevande alcoliche | – | Occasionale |
Zucchero | 5 | < 2/giorno |
Miele e marmellata | 20 | < 2/giorno |
Frutta secca a guscio e semi oleosi | 30 | < 3/settimana |
Calorie da assumere in una dieta equilibrata
Il livello calorico da assumere in una dieta equilibrata dipende sostanzialmente da: caratteristiche antropometriche, impegno metabolico legato all’età e quantità totale di attività fisica svolta.
Una dieta equilibrata deve anzitutto fornire tutta l’energia necessaria al mantenimento del normopeso.
E se il peso fosse eccessivo?
Di sicuro la dieta più idonea sarebbe ipocalorica, ovvero con un apporto energetico inferiore al necessario, in modo da garantire una riduzione della massa grassa fino al normopeso.
Ma una dieta ipocalorica può definirsi equilibrata?
Teoricamente sì; anche se, in assenza di un limite temporale (o di un obbiettivo), per definizione, una dieta “energeticamente insufficiente” non soddisfa il principio dell’omeostasi a tempo indeterminato.
Non dovrebbe comunque essere eccessivamente restrittiva.
E se il peso fosse insufficiente?
La dieta più adeguata sarebbe ipercalorica, cioè con un apporto energetico superiore al necessario, in modo da ripristinare il peso fisiologico.
Ma una dieta ipercalorica può definirsi equilibrata?
Vale lo stesso ragionamento fatto per la dieta ipocalorica.
In riferimento alla popolazione generale, la SINU ha stabilito il cosiddetto fabbisogno energetico medio (AR) in età adulta, che riassumiamo nella tabella sottostante.
Maschi 18-29 anni
Statura (m) | Peso corporeo (kg) | MB (kcal/die) | AR (kcal/die) per LAF 1.45 | AR (kcal/die) per LAF 1.60 | AR (kcal/die) per LAF 1.75 | AR (kcal/die) per LAF 2.10 |
---|---|---|---|---|---|---|
1.50 | 50.6 | 1450 | 2110 | 2330 | 2540 | 3050 |
1.60 | 57.6 | 1560 | 2260 | 2490 | 2730 | 3270 |
1.70 | 65.0 | 1670 | 2420 | 2670 | 2920 | 3510 |
1.80 | 72.9 | 1790 | 2590 | 2860 | 3130 | 3760 |
1.90 | 81.2 | 1910 | 2780 | 3060 | 3350 | 4020 |
Maschi 30-59 anni
Statura (m) | Peso corporeo (kg) | MB (kcal/die) | AR (kcal/die) per LAF 1.45 | AR (kcal/die) per LAF 1.60 | AR (kcal/die) per LAF 1.75 | AR (kcal/die) per LAF 2.10 |
---|---|---|---|---|---|---|
1.50 | 50.6 | 1450 | 2110 | 2330 | 2540 | 3050 |
1.60 | 57.6 | 1530 | 2220 | 2450 | 2680 | 3220 |
1.70 | 65.0 | 1620 | 2350 | 2590 | 2830 | 3400 |
1.80 | 72.9 | 1710 | 2480 | 2730 | 2990 | 3590 |
1.90 | 81.2 | 1800 | 2620 | 2890 | 3160 | 3790 |
Femmine 18-29 anni
Statura (m) | Peso corporeo (kg) | MB (kcal/die) | AR (kcal/die) per LAF 1.45 | AR (kcal/die) per LAF 1.60 | AR (kcal/die) per LAF 1.75 | AR (kcal/die) per LAF 2.10 |
---|---|---|---|---|---|---|
1.50 | 50.6 | 1240 | 1790 | 1980 | 2160 | 2600 |
1.60 | 57.6 | 1340 | 1940 | 2140 | 2340 | 2810 |
1.70 | 65.0 | 1450 | 2100 | 2320 | 2540 | 3040 |
1.80 | 72.9 | 1570 | 2270 | 2510 | 2740 | 3290 |
1.90 | 81.2 | 1690 | 2450 | 2700 | 2960 | 3550 |
Femmine 30-59 anni
Statura (m) | Peso corporeo (kg) | MB (kcal/die) | AR (kcal/die) per LAF 1.45 | AR (kcal/die) per LAF 1.60 | AR (kcal/die) per LAF 1.75 | AR (kcal/die) per LAF 2.10 |
---|---|---|---|---|---|---|
1.50 | 50.6 | 1260 | 1820 | 2010 | 2200 | 2640 |
1.60 | 57.6 | 1310 | 1900 | 2100 | 2300 | 2760 |
1.70 | 65.0 | 1370 | 1990 | 2200 | 2400 | 2880 |
1.80 | 72.9 | 1440 | 2080 | 2300 | 2520 | 3020 |
1.90 | 81.2 | 1510 | 2180 | 2410 | 2630 | 3160 |
Nota: l’età in fase di sviluppo e l’anzianità non sono comprese e richiedono una stima differente.
Esempio menù di dieta equilibrata
Abbiamo chiarito che una dieta equilibrata deve apportare tutti i nutrienti necessari al mantenimento dello stato di salute.
Proponiamo adesso un ipotetico menù, concepito per un soggetto sano e privo di qualsiasi diversa richiesta nutrizionale.
Sottolineiamo però che non esiste un “pasto ideale”; qualunque esso sia, è inesorabilmente legato al monte calorico e nutrizionale dell’intera giornata – anzi, della settimana – ragione per la quale tutte le proposte (colazione, spuntini, pranzo e cena) faranno parte del medesimo menù normocalorico.
Colazione
Costituisce, di solito, circa il 15% delle calorie giornaliere.
…“la colazione è il pasto più importante della giornata”… Si ma anche no!
Nel senso che dipende molto sia dalle abitudini personali che dallo stato metabolico e del sistema nervoso centrale in orario mattutino.
Non intendiamo criticare né chi la salta quotidianamente, né tantomeno chi si sentirebbe “svenire” senza.
È d’altro canto doveroso rammentare che, in caso di sovrappeso e dieta dimagrante, chi sceglie di modificare radicalmente le proprie abitudini tende ad ottenere maggiori risultati rispetto invece a chi persevera nella propria routine.
- Latte vaccino, intero o parzialmente scremato (250 ml)
- Cereali per la prima colazione (35 g, circa 7 cucchiai)
Per gli intolleranti al lattosio, il latte tradizionale può essere rimpiazzato da quello delattosato allo stesso livello di scrematura. Per gli allergici o per i vegani, esistono alternative vegetali rinforzate in calcio e riboflavina.
I cereali per la prima colazione possono essere costituiti da fiocchi d’avena, cornflakes, muesli, riso soffiato ecc. In alternativa 30 g di biscotti secchi tipo Oro Saiwa od Oswego (n° 6), oppure 1 brioche vuota integrale a ridotto tenore di grassi.
Spuntini
Sono generalmente 2 e, di solito, contengono circa il 5% delle calorie giornaliere.
La loro importanza è:
- notevole nel soggetto sedentario o che pratica attività motoria blanda per ridurre l’appetito ai pasti principali;
- cruciale nello sportivo molto impegnato, per supportare la performance o per ottimizzare il recupero post-workout.
Sono valide alternative per i soggetti poco impegnati fisicamente:
- Frutta, sempre di stagione e variando il tipo (150-200 g);
- Yogurt 0% di grassi o mediamente scremato (150-200 g), anche di soia rinforzato;
- Gallette di riso o di legumi (25 g circa).
Attenzione! Agli sportivi molto impegnati, può essere raccomandato inserire anche un terzo spuntino proteico al termine della sessione allenante (20-40 g), costituito “eventualmente” da uno shake proteico.
Pranzo
Dovrebbe essere il pasto più abbondante, con circa il 40% delle calorie. L’eventuale terzo spuntino dello sportivo (se in dieta ipocalorica) può decurtare le calorie da questo pasto.
- Cereali o derivati (pasta, polenta, pane ecc.), integrali o bianchi, ma anche pseudo-cereali e legumi secchi (circa 120 g); è possibile sostituirli con le patate in misura 3.5 volte superiore; Attenzione alle differenze caloriche legate alle singole proposte menzionate;
- Ortaggi o verdure totali, crudi o cotti, per condire il primo piatto e come contorno (150-300 g);
- Uova sode, salume magro, tonno al naturale, fiocchi di latte light (100 g);
- Con una porzione al margine inferiore di cereali o derivati per i primi piatti, può essere inserita una fetta di pane integrale o bianco da 30 g;
- Olio extravergine di oliva (15 g).
Cena
Dovrebbe costituire il secondo pasto più abbondante, con circa il 35% delle calorie. L’eventuale terzo spuntino dello sportivo (se in dieta ipocalorica) può decurtare le calorie da questo pasto.
- Cereali o derivati (pasta, polenta, pane ecc.), integrali o bianchi, ma anche pseudo-cereali e legumi secchi (circa 120 g); è possibile sostituirli con le patate in misura 3.5 volte superiore; Attenzione alle differenze caloriche legate alle singole proposte menzionate;
- Carne magra, pesce magro, uova, ricotta magra (200 g); volendo inserire formaggi stagionati, la porzione si riduce a 80 g circa, oppure al doppio eliminando l’olio da condimento;
- Ortaggi o verdure totali, crudi o cotti, per condire il primo piatto e come contorno (150-300 g);
- Olio extravergine (15 g).
Dieta equilibrata nelle varie fasce d’età
Come abbiamo ormai ribadito più volte, l’equilibrio della dieta dipende anzitutto dai fabbisogni nutrizionali.
Il primo criterio di differenziazione è, senza dubbio, l’età del gruppo di popolazione o della persona in oggetto.
Nella fascia centrale di questo insieme (adulti fertili) dovremmo suddividere anche i maschi dalle femmine.
A seguire, l’eventuale presenza di condizioni fisiologiche speciali (gravidanza, allattamento) e, se possibile, le caratteristiche antropometriche.
Ma torniamo ora alla correlazione tra fascia d’età ed equilibrio nutrizionale. Partendo dai più giovani (infanzia, pubertà e adolescenza) si possono notare maggiori richieste di:
- Acqua: con assunzione adeguata (AI) di 800 a 2500 ml / die (picco nei maschi di età 15-17);
- Energia: con fabbisogno energetico medio (AR) superiore in età adulta (picco nei maschi adulti più alti e pesanti, e con un livello di attività fisica superiore agli altri);
- Proteine: con assunzione raccomandata per la popolazione (PRI) stimata in g/kg*die che spazia da 11 g / die totali (lattanti) fino a 62 g / die totali (per i maschi di 15-17 anni);
- Grassi: con assunzione adeguata (AI) più elevata nei lattanti (40%), assicurando 250 mg di EPA + DHA, ed ulteriori 100 mg di DHA (le gravide e le nutrici richiedono altri 100 mg di DHA); i saturi dovrebbero stare sotto il 10% e il colesterolo sotto i 300 mg / die;
- Minerali: con assunzione adeguata (AI) maggiore nei soggetti in accrescimento e nelle gravide e nelle nutrici, soprattutto di calcio e ferro;
- Vitamine: con assunzione adeguata (AI) superiore in gravidanza e allattamento, ad eccezione della vit. D che va assunta in quantità superiori negli anziani.
Nota: i carboidrati assumono un ruolo percentuale, rispetto agli altri macronutrienti energetici, inferiore rispetto alle altre fasce d’età.
Dieta equilibrata in pratica: consigli e requisiti da rispettare
Come dovrebbe essere una dieta equilibrata
L’equilibrio nutrizionale non può essere ottenuto con dei semplici conteggi matematici.
Certo, questi sono fondamentali alla comprensione dei fabbisogni e alla traduzione dei cibi in nutrienti, così da poter stabilire porzioni e frequenza di consumo soggettiva.
D’altro canto, se inapplicabile, la dieta risulterebbe completamente inutile.
Per di più, la dieta è una perfetta rappresentazione del rapporto tra uomo ed ambiente. Ecco perché, fra le varie cose, una dieta corretta dev’essere anche ecosostenibile.
Applicabilità della dieta: da cosa dipende?
L’applicabilità della dieta dipende soprattutto da due fattori:
- Rispetto delle abitudini individuali;
- Ragionevolezza di gestione.
Rispetto delle abitudini individuali
È un requisito inalienabile ed imprescindibile.
Qualunque dieta si prescriva lontana dalle necessità soggettive è destinata a fallire.
“Se il mio modo di mangiare fosse completamente errato? Come si potrebbe creare una dieta equilibrata simile”. Non si può!
Prendiamo come esempio i soggetti che provano repulsione verso certi alimenti; più spesso frattaglie, verdure, pesce e uova. Quanto potranno andare avanti mangiando “per forza” questi cibi tutti i giorni? Sicuramente poco.
In effetti, la ragione principale del fallimento nella dietoterapia è proprio la lontananza dai gusti soggettivi.
Tuttavia, un modo “logico” di procedere ci sarebbe; ovvero: integrare poco per volta le buone abitudini, senza stravolgere l’organizzazione quotidiana delle persone.
Attenzione però, non commettiamo l’errore di credere che si possa prescindere da certi sforzi. La volontà di cambiare è un presupposto essenziale, senza il quale ogni tentativo diverrà vano.
Ragionevolezza di gestione
Una dieta impossibile da gestire potrebbe scoraggiare anche la persona più motivata.
Ma quali sono gli errori più frequentemente commessi da chi reputa che la dieta sia una semplice combinazione di valori numerici?
- Porzioni irragionevoli, perché ridicolmente piccole o incredibilmente abbondanti (ad esempio: yogurt greco 1,0 kg);
- Grammature impossibili da ricavare senza l’uso di una bilancia di precisione (ad es. petto di pollo: 116 g);
- Quantità che implicano di scartare l’eccesso (ad esempio: fagioli in barattolo 90 g);
- Scelta di alimenti deperibili nella routine di chi trascorre l’intera giornata fuori casa (ad esempio: carpaccio di pesce spada);
- Scelta di cibi obsoleti (con le spedizioni on-line, oggi questo problema va sfumando);
- Scelta di prodotti eccessivamente costosi (ad esempio: salmone selvaggio pescato e fresco);
- Utilizzo immotivato di integratori alimentari (potenzialmente tutti);
- Impiego di alimenti scarsamente tollerati (ad esempio i legumi e i cereali integrali per chi soffre gonfiori intestinali, oppure grosse porzioni di carne serale in chi va a dormire presto e/o soffre di cattiva digestione ecc.).
Ecosostenibilità della dieta
Queste poche righe sono rivolte a chi è solito acquistare senza prima assicurarsi che il prodotto scelto rispetti anche l’ambiente.
Parliamoci chiaramente, vista la densità demografica umana e relativi fabbisogni, tra quelli di consumo ordinario occidentale, praticamente non esistono alimenti veramente ecosostenibili.
La caccia professionale degli animali terricoli è da considerare totalmente inappropriata; il discorso cambia per i non professionisti che, grazie alle severe restrizioni, non hanno la possibilità di impattare sulla popolazione della fauna selvatica non a rischio.
In merito all’allevamento degli animali terricoli, purtroppo, la grossa verità è che nonostante i “passi da gigante” fatti per ottimizzare l’uso delle risorse, ancora non può essere considerato ecosostenibile. Le piccole creature hanno un coefficiente di trasformazione mangime/tessuto molto buono. Viceversa, i grossi animali come i bovini richiedono molto più tempo e mangime, occupando terreni per la coltivazione del foraggio e inquinando moltissimo.
Alternative interessanti sono:
- gli invertebrati, come insetti ed aracnidi, anche allo stato larvale, molto ricchi dal punto di vista nutrizionale – ma totalmente fuori dagli schemi occidentali;
- la carne coltivata, al centro di numerosissime polemiche; attualmente la tecnologia non consente di produrla a buon mercato.
La pesca professionale è al limite della sostenibilità. Se da un lato la piccola pesca dimostra grande rispetto per l’ambiente acquatico, la grande pesca (soprattutto con mezzi distruttivi come lo strascico) sta azzerando la popolazione di molte creature (merluzzi, scampi, salmoni, diversi squali ecc.). È forse il tipo di sfruttamento delle risorse naturali attualmente meno sostenibile.
Anche riguardo l’allevamento ittico si osservano profonde criticità. Spesso infatti, l’ittiocoltura deve scegliere tra la qualità del pesce e la sostenibilità dello stesso. Usando mangimi di scarsa qualità negli allevamenti intensivi, i pesci ingrassano facilmente e costano poco; hanno però caratteristiche nutrizionali e gustative “opinabili”. D’altro canto, usando il krill, i pesci diventano qualitativamente ottimi, a discapito però della catena alimentare globale marina.
Molti ignorano che “il mare sia effettivamente uno solo”. Catturare grosse quantità di krill al polo nord, per alimentare i pesci d’allevamento a 5000 km di distanza, può indurre forti cambiamenti nella catena alimentare di tutti gli oceani.
Parlando di agricoltura, ahinoi, le superfici ad oggi utilizzate per ottenere soprattutto riso, mais, soia e frumento, risultano insufficienti a soddisfare la richiesta mondiale. Non dimentichiamoci che i paesi del terzo e quarto mondo, prima o poi, si svilupperanno e cresceranno esponenzialmente in termini demografici – come sta avvenendo per la Cina e l’India.
Non potendo assolutamente disboscare ulteriormente (si pensi agli enormi danni arrecati nei decenni scorsi per la coltivazione delle palme da olio in Borneo), una buona soluzione potrebbe essere di ottenere colture adatte alle zone desertiche. La scienza OGM ha anche questi obbiettivi, ma l’opinione pubblica non sembra sostenerne il progresso.
Ottimi risultati si stanno ottenendo grazie all’agricoltura verticale, che rappresenta senza dubbio una delle soluzioni più interessanti sul piano dell’ecosostenibilità.