Dolore alla spalla: cause, sintomi e rimedi efficaci
Il dolore alla spalla è un disturbo estremamente frequente e molto variabile: può presentarsi sia in sportivi che in sedentari, in alcuni casi può passare in pochi giorni, mentre in altri può manifestarsi per periodi di durata ben più lunga, o ritornare periodicamente.
In generale, la spalla può andare incontro a quadri dolorosi per un’ampia varietà di cause. Esse possono essere di natura traumatica, come nel caso di una frattura dell’omero o di una lussazione di spalla, oppure di natura atraumatica/degenerativa, come per esempio la lesione della cuffia dei rotatori, la sindrome da dolore subacromiale o la borsite. Infortuni alla spalla sono molto frequenti anche in coloro che si allenano in palestra, i quali si trovano spesso costretti a sospendere o ad evitare del tutto diversi esercizi a causa del dolore.
Ma quali sono le possibili cause di dolore alla spalla? Quanto sono diffuse queste tipologie di dolori?Quali i sintomi e i rimedi più efficaci? Scopriamolo!
Dolore alla spalla: quanto è diffuso?
Nella quotidianità di tutti noi la spalla viene sottoposta a stress in maniera continua, ed è pertanto facile comprendere perché i disturbi di spalla siano estremamente frequenti nella popolazione generale.
I disturbi alla spalla sono estremamente duraturi: tra il 40 e il 54% delle persone con disturbi di spalla riferisce sintomi anche a distanza di 3 anni dall’esordio. Statisticamente, i disturbi patologici della spalla sono più frequenti con l’avanzare dell’età, con un picco tra i 50 e i 70 anni. Vi è inoltre una maggiore incidenza di dolore alla spalla in soggetti che partecipano ad attività che prevedono di portare una o entrambe le braccia sopra la testa, tra cui sport di lancio come baseball e pallavolo, o lavori come pittura o carpenteria.
Tra i fattori di rischio principali per l’insorgenza di dolore di spalla troviamo lavori ed attività pesanti, con gesti ripetitivi sopra la testa, mancanza di riposo, sovrappeso, diabete e ipercolesterolemia, età avanzata, fumo di sigaretta e stile di vita sedentario.
Spalla dolorosa: cause principali
Partiamo con una premessa: non sempre è possibile definire con certezza assoluta la causa di un dolore di spalla. Spesso, infatti, tale dolore è il risultato di una moltitudine di fattori, più che di una sola causa principale. Per tale ragione, in letteratura si parla in alcuni casi di “dolore aspecifico di spalla”. Fatta questa considerazione, quali possono essere, dunque, le possibili cause e concause che alimentano questi quadri dolorosi?
In un’ottica anatomo-patologica i quadri patologici più frequenti nella spalla dolorosa sono le tendinopatie della cuffia dei rotatori e/o del capo lungo del bicipite, infiammazione della borsa sotto-deltoidea (“borsite”) e rappresentazioni cliniche della cosiddetta “sindrome da dolore subacromiale” (termine proposto da alcuni autori in sostituzione dell’oramai obsoleta etichetta di “impingement/conflitto subacromiale”).
Altre possibili patologie della spalla sono rappresentate dall’instabilità di spalla (dovuta a una lassità congenita con associata debolezza muscolare o conseguente ad un trauma lussativo) con possibile presenza associata di lesioni del labbro (o cercine) glenoideo (tipiche nei lanciatori o negli atleti di sport “overhead” come baseball, pallavolo e pallanuoto), lesioni piccole, medie o a tutto spessore della cuffia dei rotatori (in primis del muscolo sovraspinato) traumatiche o degenerative, impingement esterno e coracoideo, patologie dell’articolazione acromioclaveare (artrosi, lussazioni…) e la cosiddetta “spalla congelata” o “capsulite adesiva” (un processo infiammatorio a carico della capsula articolare della spalla).
Un dolore alla spalla può anche esser dovuto, seppur raramente rispetto alle patologie appena citate, a una problematica della colonna cervicale o toracica, che trova nel territorio della spalla una zona di diffusione e irradiazione del dolore provocato.
Ragionando invece da un punto di vista anatomo-funzionale, in maniera molto generale possiamo dire che il dolore si presenta nel momento in cui le capacità di carico dei tessuti non sono abbastanza elevate da sopportare gli stress esterni. In parole povere i nostri muscoli, tendini, ossa e legamenti non sono abbastanza forti per sopportare gli stress che provengono dall’esterno. Per “stress” esterni intendiamo una moltitudine di fattori: quelli meccanici (come traumi violenti, cadute, movimenti bruschi, allenamenti eccessivi), il mantenimento prolungato di posture, ma anche altre componenti come la predisposizione genetica, l’età, la professione, lo stile di vita e fattori “psicosociali” come stress a lavoro, stress familiare, traumi emotivi importanti, paura, ansia e catastrofizzazione.
Più specificatamente, le principali cause che in questo contesto possono portare allo sviluppo del dolore alla spalla possono essere suddivise in cause di natura intrinseca e cause di natura estrinseca. Alcune di queste possono avere una correlazione diretta con il dolore, mentre altre rappresentano solo dei fattori contribuenti, non imputabili quindi come causa diretta del dolore di spalla, ma aventi un ruolo parziale nell’intensità della sintomatologia. Fra i fattori di natura intrinseca abbiamo:
- Invecchiamento e degenerazione tendinea, con possibile correlazione all’età (comuni dopo i 40 anni), a una predisposizione genetica o a una scarsa vascolarizzazione dei tendini. Questi cambiamenti indeboliscono i tendini che risultano pertanto meno resistenti ai carichi e più suscettibili a lesioni. Anche la presenza di particolari predisposizioni genetiche e di un’associata presenza di ulteriori patologie concomitanti (come il diabete e l’ipercolesterolemia) può peggiorare la prognosi del dolore di spalla.
- Eccessivo sovraccarico funzionale, il quale determina un’alterazione della matrice tendinea. Negli allenamenti sarà fondamentale impostare una progressione dei carichi di lavoro razionale e rispettare i tempi di recupero e ricondizionamento tendineo, evitando di eccedere con il carico funzionale sulla spalla. Anche tecniche esecutive approssimate e non ottimali possono contribuire ad aumentare il rischio di infortuni e dolore alla spalla.
Tra i fattori di natura estrinseca troviamo invece alcune disfunzioni articolari e alterazioni strutturali come:
- Rigidità gleno-omerale con conseguenti alterazioni nell’allineamento e nella biomeccanica della testa omerale durante i movimenti della spalla.
- Morfologia dell’acromion “a uncino” e artrosi avanzata dell’articolazione acromion-claveare (condizioni tipicamente riportate in soggetti sopra i 40 anni di età).
- Instabilità gleno-omerale provocata da una scarsa performance dei muscoli della cuffia dei rotatori (debolezza o scarsa resistenza e controllo motorio) e degli stabilizzatori scapolari, sfociante in uno scarso controllo della testa dell’omero durante il movimento di spalla, con eccessiva migrazione superiore dell’omero in abduzione. Questa condizione è tipica nei soggetti molto lassi o nei soggetti che hanno subito operazioni chirurgiche alla spalla.
- Alterazione del normale allineamento statico e della normale dinamica scapolare durante il movimento della spalla
- Alterazioni posturali come l’ipercifosi toracica e le spalle anteposte.
In ultimo, la recente letteratura scientifica ha riscontrato un’elevata influenza dei fattori “psicosociali” riguardo al dolore di spalla e all’intensità dolorosa percepita. In questa categoria rientrano fattori come ansia, catastrofizzazione, depressione, credenze errate, kinesiofobia (paura del movimento), preoccupazioni eccessive e vissuto della persona. Tali fattori sono alla base del processo di “shift” da dolore “fisiologico” a dolore “persistente” con associata sensibilizzazione del sistema nervoso centrale.
Infortuni e patologie più comuni della spalla
Potenzialmente ogni componente anatomica della spalla dotata di innervazione può evocare dolore ma, da un punto di vista biomedico, le strutture generalmente più colpite sono i tendini della cuffia dei rotatori, del capo lungo del bicipite e le corrispettive borse articolari. Analizziamo più dettagliatamente le più comuni patologie muscoloscheletriche a carico del complesso articolare della spalla.
Tendinopatie della cuffia dei rotatori e/o del capo lungo del bicipite
Il quadro patologico che più di frequente è responsabile del dolore di spalla (in circa l’80% dei casi di dolore di spalla) è la cosiddetta “tendinopatia della cuffia dei rotatori”, in particolare dei muscoli sovraspinato e infraspinato, o del capo lungo del bicipite brachiale (che si inserisce nel margine superiore della fossa glenoidea, attraversando l’articolazione gleno-omerale e stringendo intimi rapporti con la cuffia dei rotatori).
In questi casi il dolore spesso insorge lentamente, senza un trauma apparente, e si presenta ben localizzato nella zona anteriore e/o laterale della spalla. È evocato durante i movimenti attivi a carico della spalla, in particolare oltre i 90° di flessione (sollevamento anteriore del braccio) e/o abduzione (sollevamento laterale del braccio), durante attività di sollevamento e talvolta durante il sonno sul lato interessato.
Nelle fasi più acute e irritative il dolore può presentarsi anche durante banali attività di vita quotidiana, riducendo di molto le capacità funzionali di tutto l’arto superiore. Grazie alle recenti scoperte messe in luce dalla letteratura scientifica è stato abbandonato il vecchio modello secondo cui si pensava che i disturbi dei tendini fossero dovuti a meccanismi infiammatori (da qui il famoso termine “tendinite”, ormai abbandonato in quanto obsoleto, poichè il suffisso “-ite” sottintende un quadro di natura infiammatoria) e il cui trattamento era basato prevalentemente sull’utilizzo esclusivo di farmaci e di riposo prolungato dall’attività.
Ad oggi sappiamo invece che il quadro patologico è di tipo “degenerativo” (con alterazioni patologiche dell’architettura tendinea e delle proprietà intrinseche del tendine stesso), e non infiammatorio (alcuni brevi picchi infiammatori possono essere presenti nelle fasi più acute, ma non in quelle che seguono), e il termine più consono per rappresentare tale situazione risulta pertanto essere “tendinopatia”. In questo senso il problema è legato a una degenerazione del tessuto o a una mancata guarigione dello stesso, priva di meccanismi infiammatori.
Fra le varie cause quella più importante e provocativa sembra essere l’aumento di carico sul tendine: in tutti i quadri di tendinopatia, infatti, se si indaga la storia del soggetto che ne soffre si può identificare quasi sempre un’attività “non ordinaria” che ha sottoposto il tendine ad un carico per il quale non è stato abituato, e che spesso può innescare un processo tendinopatico.
Nelle tendinopatie il riposo totale (ad eccezione di fasi molto acute e con alta irritabilità) è deleterio quanto il sovraccarico, in quanto non si fornisce in questo modo alcuno stimolo di adattamento positivo al tendine, che tornerà così a provocare dolore quando verrà sottoposto nuovamente al carico. I principi riabilitativi prevedono un sovraccarico progressivo, fornendo alla spalla via via stimoli sempre maggiori per riabituarla e rieducarla al movimento e al carico.
Lesioni della cuffia dei rotatori
Oltre alle tendinopatie, sono frequenti vere e proprie lesioni (“rotture”) dei muscoli della cuffia dei rotatori (in primis, ancora una volta, il sovraspinato) classificate in base alla dimensione della lesione (o al numero di muscoli coinvolti) e al meccanismo lesivo (con trauma o in assenza di trauma). Lesioni atraumatiche (assenza di trauma) dei muscoli della cuffia sono riscontri molto frequenti negli esami diagnostici, e vengono spesso malinterpretati, generando ansia e preoccupazioni prive di fondamento.
Chi legge di avere una rottura del sovraspinato, infatti, tende spesso ad immaginare questa rottura come una “corda sfilacciata”, pensando così che tale muscolo risulti ormai inutilizzabile e che il dolore rimarrà finché sarà presente questa rottura. Grazie alla letteratura scientifica sappiamo però che le strutture muscolo-tendinee della cuffia dei rotatori sono organizzate in modo da riuscire a “bypassare” lesioni dei muscoli che la compongono nella maggioranza dei casi, garantendo una completa funzionalità della spalla anche in presenza di queste.
A conferma di ciò vi è il fatto che lesioni del sovraspinato e di altri muscoli della cuffia sono frequenti (come vedremo meglio in seguito) in individui che non presentano alcun dolore di spalla (anche in individui che praticano sport ad alti livelli). Per rendere meglio l’idea, quindi, piuttosto che immaginare una lesione del sovraspinato come una corda sfilacciata, parrebbe più sensato immaginarla come una coperta con un piccolo “foro”, che non inficia quindi sulla sua funzionalità.
Le lesioni o degenerazioni tendinee della cuffia in alcuni casi vanno considerati “segni del fisiologico invecchiamento” esattamente come il capelli bianchi o le rughe sulla pelle. Nella maggior parte dei casi il trattamento delle lesioni della cuffia è conservativo, ma va tuttavia detto che in diverse situazioni (come nei casi di lesioni conseguenti a un trauma, o in presenza di lesioni molto ampie con concomitante impotenza funzionale marcata) può essere necessario l’intervento chirurgico.
Instabilità di spalla
Data la grande mobilità di cui è dotata l’articolazione della spalla, vi è un necessario bisogno di forti componenti che la stabilizzino. A garantire la stabilità della spalla troviamo:
• Fattori statici: congruenza delle superfici articolari, cercine glenoideo, pressione negativa interna, capsula articolare e legamenti
• Fattori dinamici: cuffia dei rotatori, capo lungo del bicipite brachiale, muscoli periscapolari
Quando uno o più di questi elementi viene a mancare, si creano potenzialmente le condizioni di insorgenza di instabilità articolare. Nello specifico l’instabilità di spalla è una condizione in cui la testa dell’omero non viene stabilizzata adeguatamente durante i movimenti. Tale condizione può essere favorita da un’ipermobilità congenita e da patologie come tendinopatie avanzate, artrosi e lesioni del cercine glenoideo, ma spesso è conseguente a lussazioni traumatiche.
L’instabilità può essere multidirezionale o unidirezionale. La letteratura è concorde nell’affermare che l’instabilità multidirezionale, intesa come lussazione o dislocazione dell’articolazione gleno-omerale in più di una direzione, sia dovuta a ripetuti microtraumi in soggetti con lassità congenita legamentosa o della capsula articolare; al contrario dell’instabilità unidirezionale (anteriore nel 90% dei casi), che tipicamente è il risultato di un evento traumatico in un soggetto con un’articolazione gleno-omerale normale. Entrambe possono essere comuni in soggetti giovani o anziani, con un rischio di recidiva di lussazione o sublussazione maggiore dell’80% in pazienti tra 17 e 22 anni.
La classificazione più utilizzata suddivide le instabilità di spalla in tre categorie:
• TUBS (Traumatic Unidirectional Bankart Surgery): pazienti instabili per cause traumatiche; può portare a quadri di lesione di diverso tipo: a livello scheletrico, dei tessuti molli, capsulari/legamentosi, ma anche dell’ancora bicipitale (slap lesion)
• AMBRI (Atraumatic Multidirectional Bilateral Rehabilitation Inferior): pazienti generalmente lassi con instabilità multidirezionale; la quale non porta a lussazioni, ma a quadri clinici potenzialmente dolorosi
• AIOS (Acquired instability in overhead shoulder): pazienti con instabilità acquisita conseguente a gesti sportivi ripetuti.
Il trattamento riabilitativo conservativo o chirurgico dovrà tenere in considerazione le differenti cause d’instabilità al fine di strutturare il percorso più opportuno.
Fratture di spalla
Tutte le componenti osse del complesso articolare della spalla possono potenziamento andare incontro a fratture (nella maggior parte dei casi conseguenti ad un trauma). Le strutture che più spesso vengono fratturate sono la diafisi prossimale dell’omero, la testa omerale, la clavicola e la scapola. In caso di trauma con impatto laterale sulla spalla in soggetti anziani o osteoporotici un dolore alla spalla può essere un campanello di allarme per una frattura dell’omero prossimale.
Le fratture a un frammento sono le più frequenti e prevedono spesso una terapia conservativa con un periodo di immobilizzazione seguito da un percorso riabilitativo. Per le fratture a due, tre o quattro parti la terapia dipende da tipo di frattura, condizioni del paziente e qualità dell’osso e sarà conservativa o chirurgica (con l’eventuale utilizzo di mezzi di sintesi o protesi).
Sindrome da dolore subacromiale
Un’altra famosa “alterazione patologica” che viene diagnosticata spesso ancora oggi è il famoso “impingement subacromiale” (o “conflitto subacromiale”). Con questo termine si intende generalmente un “intrappolamento” dei tessuti molli (tendini e borse) tra la testa dell’omero e la volta acromiale all’interno di questa articolazione “falsa” denominata acromion-omerale. Questo intrappolamento durante i movimenti di spalla si ipotizza possa creare uno stress tissutale e una conseguente lesione che può sfociare in un quadro di tendinopatia della cuffia dei rotatori.
Secondo questo modello, all’interno del termine ombrello “sindrome da impingement subacromiale” rientrerebbero tendinopatie della cuffia dei rotatori e del capo lungo del bicipite, borsite e lesioni della cuffia. Nel sottile spazio tra volta acromiale e testa dell’omero vi è un intimo rapporto tra le superfici articolari, rapporto che durante i movimenti prevede fisiologicamente e in qualsiasi individuo uno “schiacciamento” dei tendini e della borsa.
Nonostante ciò, la differenza è che in condizioni di salute articolare e di efficiente funzionalità gli stress vengono dosati in maniera ideale, mantenendo la pressione su questi tessuti a livelli fisiologici e ben compensati, mentre i problemi a questo livello nascono a seguito di alterazioni strutturali tendinee o ossee ed alterazioni funzionali, che possono portare ad un aumento delle forze compressive tra omero e acromion, favorendo l’insorgenza di lesioni (tendinopatie). Nella genesi di questo processo sono stati identificati fattori intrinseci ed estrinseci. L’ appropriatezza di questa diagnosi e dei modelli su cui si basa è stata screditata da diversi studi, che hanno trovato delle falle nel modello pato-anatomico proposto.
Per tale ragione, in letteratura ancora oggi sono presenti dubbi riguardo alla relazione di causa-effetto tra l’impingement e le tendinopatie della cuffia. Poichè i recenti studi propendono per una scarsa influenza dell’intrappolamento tra omero e acromion sulla genesi del dolore di spalla, e tale compressione è considerata solo un possibile fattore contribuente, e non la causa principale delle lesioni, è stato più volte proposto di abbandonare l’oramai obsoleto termine “impingement/conflitto” sostituendolo con termini più generici e omnicomprensivi come “dolore sub-acromiale”.
Ad oggi è impossibile definire con certezza assoluta chi sia la causa e chi la conseguenza tra impingement e tendinopatie; ciò che tuttavia possiamo sicuramente asserire è che le tendinopatie della cuffia dei rotatori e il dolore che ne consegue durante il movimento sono problematiche dovute sicuramente ad un mix di fattori intrinseci ed estrinseci. Il trattamento primario per questi quadri patologici è conservativo, e dovrà essere basato principalmente sull’esercizio con sovraccarichi graduale e progressivo.
Nelle considerazioni appena fatte ci siamo riferiti al vecchio “impingement sub-acromiale”, ma va detto che sono riportate in letteratura altre due tipologie di impingement: l’impingement interno e l’impingement coracoideo. L’impingement coracoideo, meno comune del precedente, avviene quando il tubercolo minore dell’omero invade il processo coracoideo della scapola, determinando uno stress sul tendine del muscolo sottoscapolare (avviene spesso nei nuotatori, tennisti e weightlifters).
Per impingement interno invece si intende una compressione della porzione posteriore della cuffia dei rotatori e della porzione superiore del cercine contro la parte postero-superiore della glena, che avviene durante movimenti combinati di abduzione a 90° e rotazione esterna, tipici degli sport di lancio e nelle attività “overhead”. In questo caso alcuni autori sufgferiscono tra le cause un’instabilità della spalla, con eccessiva rotazione esterna e lassità capsulare antero-inferiore.
Borsiti spalla
Le borsiti della spalla sono infiammazioni delle borse sierose che contraddistinguono questa come altre articolazioni. Le borse nella spalla servono a lubrificare l’articolazione e a diminuire gli attriti interni in punti critici, fungendo così da “cuscinetti ammortizzatori”. Se una o più borse si infiammano, la produzione di liquido infiammatorio può aumentare la grandezza della borsa e ridurre la funzionalità e il movimento della spalla.
Poichè le borse sono riccamente innervate, questo processo infiammatorio può essere accompagnato da quadri di dolore alla spalla. Normalmente una borsite alla spalla viene causata da un eccessivo sovraccarico che può essere tipico di molti sport come il tennis, il nuoto, il baseball o il bodybuilding. Rigidità articolari o allineamenti posturali non ottimali possono essere fattori contribuenti all’insorgenza di borsiti nel tempo. Spesso borsiti e tendinopatie vanno “a braccetto”, venendo riscontrati simultaneamente in quadri di spalla dolorosa. La borsa più colpita da infiammazione nella spalla è quella sub-acromiale.
Discinesie scapolari
Un’alterazione del posizionamento scapolare statico, o del movimento scapolare dinamico è chiamata “discinesia scapolare”. Sono state classificate diverse tipologie di discinesie scapolari, ma in letteratura è ancora in corso un acceso dibattito sul possibile ruolo che queste possono avere nei quadri di spalla dolorosa. Alcuni autori sostengono che la scapola e le sue eventuali alterazioni in contesti statici e/o dinamici ricoprano un ruolo di primaria importanza nella patogenesi e nel dolore della spalla (e che il trattamento debba quindi rivolgersi in primis a questa), mentre altri sostengono che tale ruolo sia stato ampiamente sovrastimato, e che il ruolo della scapola in tale senso sia ben poco rilevante.
A sostegno della tesi di questi ultimi sarebbero presenti il fatto che discinesie scapolari sono state riscontrate in moltissimi soggetti asintomatici (senza alcun dolore di spalla), e che in quadri di spalla dolorosa e associata discinesia scapolare, tale discinesia sia ancora presente anche una volta svanito il dolore. Altri autori ancora sostengono che eventuali discinesie scapolari vadano considerate solo in contesti sportivi, o comunque di elevate richieste funzionali.
In conclusione, ad oggi non vi sono ancora risposte certe riguardo al ruolo della scapola nei quadri del dolore alla spalla, ma è certamente opportuno conoscere le possibili alterazioni che questa può presentare, così da poter essere in grado di valutare adeguatamente ogni singolo caso.
Lussazione della spalla
Come abbiamo visto la spalla è un’articolazione tanto mobile quanto instabile. Per questo non sono rari i casi di lussazione traumatica di spalla. La lussazione è da definizione la perdita permanente del rapporto anatomico tra le due superfici articolari, in questo caso omero e scapola. È il classico caso del “mi è uscita la spalla!”.
Scapola e testa dell’omero perdono completamente contatto e può essere necessaria una manovra (a carico del personale sanitario riconosciuto) per la “riduzione” della lussazione e il ripristino della normalità articolare. Essenzialmente una spalla può lussarsi in conseguenza di un trauma diretto (di solito durante sport di contatto quando abbiamo il braccio sollevato e riceviamo un colpo verso l’indietro), oppure per via di un suo uso ripetuto, o ancora per un quadro di lassità dei legamenti. Tutti questi fattori a modo loro possono portare a un quadro di instabilità e quindi a un aumentato rischio lussazione.
In assoluto la lussazione di spalla anteriore è la più frequente ed è spesso riscontrata da sola talvolta in seguito a un trauma, mentre quella posteriore la meno frequente. Tendenzialmente soggetti giovani tra i 15 e i 25 anni impegnati in sport da contatto sono fortemente a rischio per future recidive e spesso in questi casi si consiglia l’intervento chirurgico. Viceversa, soggetti meno giovani tra i 25 e i 40 anni o sopra i 40 anni, specie se non sono impegnati in attività sportive a rischio, hanno una possibilità di recidiva enormemente più bassa, e per questo la terapia conservativa basata sulla fisioterapia e sugli esercizi è generalmente quella d’elezione.
La fase riabilitativa seguente al trauma e all’eventuale intervento inizia con un periodo di alcune settimane di immobilizzazione della spalla, condizione utile a favorire la guarigione dei tessuti peri-articolari. Successivamente il trattamento fisioterapico si baserà sul ripristino della normale funzionalità della spalla in termini di mobilità, forza e stabilità.
Lesioni del labbro glenoideo
Il labbro (o “cercine”) glenoideo è una struttura fondamentale per la salute della spalla, in grado di garantire un’ottimale congruenza delle superfici articolari e di contribuire alla stabilità passiva dell’articolazione gleno-omerale. Lesioni in questa struttura possono quindi portare alla perdita di una parte della forza comprensiva che stabilizza la testa omerale, predisponendo a quadri di instabilità.
Le cause delle lesioni del cercine possono essere traumatiche o dovute a stress ripetuti nel tempo (frequenti in sport di lancio e nelle attività che prevedono gesti sopra la testa, detti “overhead”) e/o a fattori degenerativi. La “SLAP lesion” è la lesione del cercine più famosa e conosciuta, classificata in 4 tipi in base alla gravità. In base alla gravità della lesione, alle caratteristiche e alle richieste funzionali del soggetto il trattamento potrà essere conservativo o chirurgico.
Patologie dell’articolazione acromion-clavicolare
L’articolazione acromioclaveare riveste un importante ruolo nella funzionalità del complesso articolare della spalla, e può essere soggetta a quadri patologici accompagnati da dolore nella zona della spalla. Le alterazioni che possono colpire questa importante articolazione possono essere di natura degenerativa (artrosi), traumatica (lussazioni), secondaria a stress ripetuti nel tempo (bodybuilding, nuoto, rugby…) o infiammatoria (artrite reumatoide e altre patologie di natura infiammatoria).
La morfologia di questa articolazione la rende particolarmente soggetta a lussazioni secondarie a traumi frequenti in sport “da contatto” come il rugby. In letteratura esistono sette tipi diversi si lussazione; alcuni necessitano di una correzione chirurgica, altri no. Un’articolazione acromioclaveare lussata sarà più soggetta a processi artrosici in futuro.
I soggetti che si allenano in palestra, in particolar modo coloro che maneggiano frequentemente carichi molto elevati in esercizi come la Panca Piana e il Lento Avanti, che per loro natura sottopongono a stress importanti l’articolazione acromio-claveare (N.B questo non vuole assolutamente dire che siano da evitare), possono andare incontro ad una condizione patologica chiamata osteolisi acromioclaveare, una degenerazione dell’articolazione con riassorbimento delle estremità delle ossa che la costituiscono.
Capsulite adesiva
La capsulite adesiva della spalla, chiamata anche spalla congelata (“frozen shoulder”), è una patologia di natura infiammatoria a carico della capsula articolare, che causa una importante perdita di mobilità dell’articolazione gleno-omerale. Tipicamente i sintomi si presentano in maniera lieve e peggiorano gradualmente nel tempo, e i tempi di guarigione sono molto lunghi. In alcune fasi l’importante perdita di mobilità è accompagnata da un forte dolore, che tende a peggiorare nelle ore notturne (inficiando notevolmente sulla qualità del sonno) e può rendere impossibili anche i gesti più semplici.
La capsulite adesiva è più frequente nel sesso femminile, in un’età compresa fra i 35 e i 50 anni e si associa spesso a patologie metaboliche (diabete o iper/ipotiroidismo); e a problemi autoimmuni. Questa patologia si manifesta solitamente in maniera progressiva, in varie fasi:
- Nella prima fase, i movimenti della spalla sono accompagnati da forte dolore, ma sono possibili, mentre il ROM inizia a ridursi nel tempo
- La seconda fase è caratterizzata da una lieve riduzione del dolore, accompagnata tuttavia da una notevole diminuzione del ROM articolare della spalla.
- La fase successiva, detta di “scongelamento”, prevede un ampliamento delle possibilità di movimento dell’articolazione, fino al recupero, che può essere totale o solo parziale.
Tuttavia, riguardo alla precisione di queste “fasi temporali” e ai possibili tempi di recupero, non è stato ancora raggiunto un accordo comune in letteratura, e sono ancora presenti dibattiti e incongruenze a riguardo. Il trattamento può essere conservativo (fisioterapia, infiltrazioni articolari…) o chirurgico.
Rigidità capsula posteriore
La rigidità della capsula posteriore non rappresenta una vera e propria patologia a sè stante, ma vale la pena nominare questa condizione poichè molto frequente in coloro che si allenano in palestra. La rigidità di questa porzione della capsula articolare (identificata con un deficit di intrarotazione omerale) può alterare la corretta artro-cinematica della spalla, influenzando negativamente il movimento della testa omerale nella fossa glenoidea, e determinando una traslazione anteriore e/o superiore dell’omero, predisponendo spesso a stress aggiuntivi a carico dei tessuti molli limitrofi.
Un trattamento adeguato mirato a risolvere il dolore di spalla dovrà tenere conto anche di questa frequente alterazione.
Patologie del rachide cervicale e toracico
Va infine riconosciuto che un dolore di spalla può essere secondario a un problema a carico della colonna vertebrale (“rachide) cervicale e/o toracica. Alcune strutture di questi distretti, infatti, possono provocare un dolore che diffonde nella zona della spalla, simulando un problema locale della spalla, e portando spesso a diagnosi errate. Casi di questo tipo sono molto più rari di quelli precedentemente citati, ma una corretta valutazione dovrà tenere conto di queste possibilità, investigando anche il possibile contributo della cervicale e del torace al dolore di spalla.
Dolore alla spalla insopportabile: quali possibili cause?
Tutte le patologie di spalla citate finora possono essere la causa del dolore di spalla, la cui manifestazione può variare molto sia in termini di intensità che di qualità e frequenza dei sintomi. Nella maggioranza dei casi l’intensità del dolore di spalla si presenta in un range tale da permettere comunque di svolgere le normali attività quotidiane a bassa richiesta funzionale, seppur in presenza di lievi fastidi. In alcune situazioni, tuttavia, l’intensità del dolore può presentarsi in maniera molto elevata, fino a portare alla completa impotenza funzionale della spalla colpita, e impattando in maniera molto importante sul sonno e sulla qualità di vita di chi ne soffre.
- Tendinopatie della cuffia in fase reattiva
- Capsulite adesiva ( o “frozen shoulder”), specie nella “fase dolorosa”
- Tendinopatia calcifica del sovraspinato, specie in fase di “riassorbimento”
- Traumi (fratture, lesioni traumatiche della cuffia dei rotatori)
- Dolore da alterazioni dell’elaborazione degli stimoli dolorosi (sensibilizzazione centrale)
- Artrosi molto avanzata (tipica dei soggetti molto anziani)
Sintomi del dolore alla spalla
Come già detto in precedenza, i possibili sintomi presenti in caso di spalla dolorosa possono presentarsi in modi differenti in base alle cause e alle caratteristiche del soggetto.
Tuttavia, i sintomi più comuni nei quadri di spalla dolorosa sono dolore e impotenza funzionale, la cui intensità può essere molto variabile. Il dolore ha nella maggioranza dei casi un esordio lento e in assenza di un vero e proprio trauma che lo possa giustificare, inizia spesso senza un apparente motivo e va via via peggiorando (fase acuta) per poi in alcuni casi stabilizzarsi nel tempo (fase cronica).
I movimenti che tipicamente possono evocare questo tipo di dolore sono l’abduzione e/o la flessione, ma talvolta anche l’intrarotazione o l’extrarotazione di spalla. Oltre al dolore, può esserci crescente debolezza, riduzione del ROM e (raramente) lieve gonfiore locale. In alcuni casi, specialmente nelle fasi più acute e irritative, anche le attività di vita quotidiana e il sonno sul lato interessato possono causare dolore ed essere limitate.
Rimedi per la spalla dolorosa: cosa fare?
Una volta analizzate le possibili cause di spalla dolorosa, quali sono i possibili rimedi per una corretta gestione? Partiamo col dire che un corretto trattamento dovrà necessariamente essere contestualizzato in base ai meccanismi patologici che stanno alla base del dolore di spalla, e in base alle caratteristiche e alla storia del soggetto, oltre che alle sue attuali capacità funzionali.
In letteratura è oramai pienamente concorde nell’affermare che un trattamento attivo basato sull’esercizio terapeutico graduale e progressivo è la strategia più efficace nella gestione della spalla dolorosa. Qualsiasi trattamento quindi dovrà basarsi principalmente sull’esercizio attivo, riadattando in questo modo le capacità di carico delle strutture del complesso articolare della spalla.
Esercizi per la spalla dolorosa
Una volta stabilito che l’esercizio è lo strumento più efficace per il trattamento della spalla dolorosa, viene spontaneo domandarsi: “Quale esercizi prediligere? Con quale dosaggio?
Diversi studi in letteratura hanno analizzato tale questione, ed è emerso che attualmente non è stato riscontrato nessun esercizio in particolare che sia più efficace di altri, così come nessun dosaggio in particolare. Basandoci dunque sul ragionamento clinico, ecco alcune proposte di esercizi utili in un trattamento riabilitativo per le tendinopatie dolorose della spalla:
Esercizi rinforzo e incremento performance muscolare
Esercizi di rinforzo della cuffia dei rotatori
Molto spesso nei casi di spalla dolorosa sono presenti quadri di debolezza e/o scarsa performance muscolare dei muscoli della cuffia dei rotatori. Gli esercizi di rinforzo per la cuffia dei rotatori risulteranno in questo senso fondamentali. Questi si dividono essenzialmente in due categorie: una mirata al rinforzo dei muscoli extrarotatori sovraspinato, infraspinato e piccolo rotondo, e una mirata al rinforzo del muscolo sottoscapolare (intrarotatore).
Fra i principali esercizi per gli extrarotatori troviamo le extrarotazioni sul fianco, le extrarotazioni da posizione prona o seduta a 90° di abduzione e/o flessione omerale e le extrarotazioni eseguite in piedi con una resistenza elastica e l’omero a diversi gradi di abduzione.
Tutti questi esercizi possono essere eseguiti senza sovraccarico o con un sovraccarico generato da manubri o da elastici. In base al quadro di irritabilità e al livello funzionale si può optare per contrazioni isometriche (nei casi di elevata irritabilità e basso livello funzionale) o per contrazioni concentriche ed eccentriche (nei casi di irritabilità tissutale intermedia o bassa e discreto livello funzionale). Potranno essere inseriti in questo contesto anche esercizi con elastici in vari pattern di movimento come le diagonali con elastico, le varianti di wall slide con elastico per favorire l’attivazione degli extrarotatori, e molti altri ancora.
Esercizi di rinforzo dei muscoli periscapolari
Nei quadri di spalla dolorosa un altro gruppo muscolare che spesso va incontro a debolezza e alterazioni è quello dei muscoli periscapolari, detti anche “stabilizzatori della scapola”. Rientrano in questo complesso il muscolo trapezio (con i suoi fasci superiori, intermedi e inferiori), i muscoli romboidi e il gran dentato (o dentato anteriore).
Esercizi efficaci per allenare questi muscoli sono gli Shrug (per il rinforzo del trapezio superiore), le alzate laterali da prono (nelle varie propedeutiche e progressioni) con enfasi sul trapezio medio e romboidi o sul trapezio inferiore in base alla variante scelta; esercizi di tirata orizzontale (o “remata”) con cavi o elastici, esercizi di tirata con elastici poste a varie altezze per creare più enfasi sul trapezio medio e romboidi o sul trapezio inferiore.
Anche esercizi come il wall slide e gli esercizi di depressione scapolare (come il Press-up o gli Scapular-pull up) saranno efficaci per il rinforzo del muscolo trapezio inferiore. Il gran dentato invece potrà essere rinforzato grazie ad esercizi come il Plank plus, Push-up Plus, Dynamic Hug, diagonali con manubrio e Landmine Press.
Esercizi di rinforzo dei muscoli deltoide, gran pettorale e gran dorsale
Una adeguata funzionalità e performance dei muscoli deltoide, gran pettorale e gran dorsale è di grande importanza ai fini della salute della spalla. Va inoltre considerato che anche i muscoli della cuffia dei rotatori e i muscoli periscapolari sono molto attivi (sia per stabilizzare che per ottimizzare il movimento della spalla) nella quasi totalità degli esercizi con focus su deltoide, pettorale e dorsale.
Fra i principali esercizi per questi distretti muscolari troviamo le alzate laterali (con manubri, cavi o elastici), adduzioni con elastici (con lieve flessione di spalla associata per un focus sul gran pettorale, o lieve estensione associata per un focus sul gran dorsale), estensioni di spalla, rematori, trazioni per il gran dorsale, push-up, spinte orizzontali e croci (ai cavi, con elastici o con manubri) per il gran pettorale.
Esercizi per la spalla con coinvolgimento della catena cinetica
Di recente la letteratura ha investigato il ruolo della catena cinetica (in questo caso intesa come la muscolatura del tronco e dell’arto inferiore controlaterale alla spalla dolente) negli esercizi terapeutici per la spalla dolorosa, concludendo che un suo inserimento negli esercizi è in grado di favorire una maggior attivazione dei muscoli target come infraspinato, trapezio inferiore e gran dentato.
Alcuni esempi di esercizi per la spalla che coinvolgono la catena cinetica sono le elevazioni di spalla eseguite con un simultaneo passo in avanti dell’arto inferiore opposto alla spalla dolente, o eseguite simultaneamente a uno squat o ad un affondo. Inserire anche una resistenza elastica fra i dorsi delle mani permetterà un’ulteriore attivazione dei muscoli extrarotatori.
Esercizi per aumento della stabilità di spalla
Nei casi di instabilità di spalla, con debolezza muscolare e/o alterazioni nella coordinazione e nel controllo motorio fra i vari distretti muscolari della spalla, sarà importante inserire esercizi mirati all’incremento della performance muscolare, del controllo motorio e in particolare dell’azione stabilizzatrice di alcuni muscoli (in primis i muscoli della cuffia dei rotatori e gli stabilizzatori della scapola).
A tal riguardo esistono numerosissimi esercizi: alcuni esempi sono gli esercizi a “catena cinetica chiusa” come il plank e le sue varianti (in particolare il plank eseguito in appoggio sulle mani, su una mano sola o su una superficie instabile) o i “wall ball slide” ; esercizi con contrazioni pliometriche ripetute a bassa intensità, push-up pliometrici (eseguiti in ordine crescente di difficoltà al muro, su un rialzo inclinato a 45° o sul pavimento) ed esercizi specifici di rinforzo per la cuffia dei rotatori a vari ROM.
Esercizi di stretching (allungamento) e mobilità
Oltre agli esercizi di rinforzo, in un piano riabilitativo completo è spesso necessario inserire anche esercizi di allungamento per le strutture o i movimenti riscontrate rigide/i in fase di valutazione (tali esercizi risultano spesso fondamentali anche nei casi post-operatori).
In questo senso potranno essere utili esercizi di recupero della mobilità in intrarotazione come il Cross Body Stretch, lo Sleeper Stretch e l’intrarotazione assistita con asciugamano o bastone (eseguita con le mani dietro la schiena); esercizi di recupero della mobilità in extrarotazione, estensione ed intrarotazione mediante l’assistenza di un bastone; esercizi di recupero della mobilità in flessione come l’ Open Book Stretch, l’automobilizzazione in flessione con elastico (per favore il movimento accessorio della testa omerale) e l’automobilizzazione in flessione in ginocchio con il supporto di un rialzo o una panca.
Tramite l’assistenza di foam roller, di un muro o di una spalliera, potranno essere eseguiti esercizi di stretching dei muscoli grande rotondo, grande e piccolo pettorale, romboidi, deltoide, trapezio superiore ed elevatore della scapola.
Esercizi di propriocezione scapolare
Nei quadri di spalla dolorosa, specie quando il dolore è presente da molto tempo, sono spesso presenti alterazioni nella propriocezione scapolare, in particolare dei movimenti di retrazione e/o rotazione craniale della scapola. Esercizi di recupero della propriocezione scapolare in questi movimenti con l’utilizzo di un bastone o una fitball potranno risultare molto efficaci.
Esercizi sport specifici
Nei casi di dolore di spalla in atleti amatoriali o agonistici, dove l’obbiettivo principale non è solo la risoluzione della sintomatologia dolorosa, ma il ritorno allo sport, è fondamentale inserire (nelle fasi finali del percorso riabilitativo, una volta che il dolore sarà diminuito e la funzionalità sarà aumentata) esercizi “sport-specifici”, che vadano a mimare quanto più possibile il gesto specifico che verrà poi riprodotto numerose volte durante l’attività sportiva. Questo permetterà alle struttture muscoloscheltriche di adattarsi gradualmente agli elevati stress imposti da tali gesti sportivi. Alcuni esempi sono i seguenti:
- Nei nuotatori si può parzialmente riprodurre la posizione sport-specifica attraverso degli esercizi di rinforzo (per esempio extrarotazioni o abduzioni con manubri) eseguiti in posizione prona sopra una fitball, aumentando la richiesta di stabilità del tronco e mimando la posizione del nuotatore in acqua.
- Nei lanciatori si potrà riprodurre il gesto del lancio utilizzando una resistenza esterna fornita da un elastico o dai cavi, in modo da poter regolare l’intensità della resistenza esercitata in opposizione al gesto del lancio riprodotto. In tale modo si potrà scegliere e regolare se allenare il gesto del lancio con ROM parziali o completi, modificando a propria scelta anche la velocità del gesto in funzione degli obbiettivi e del livello funzionale attuale.
Il medesimo discorso vale anche per altri sport come la pallavolo, il tennis, la pallamano ecc…Nelle varie fasi riabilitative si potrà progredire modificando le variabili di questi esercizi, con l’obbiettivo di renderli nel tempo sempre più simili ai gesti motori che saranno riprodotti nelle attività sportive.
Terapie e trattamenti per il dolore di spalla
Quali altri tipologie di trattamento, oltre all’esercizio, vengono proposte per la spalla dolorosa? Cosa dice la letteratura a riguardo?
Per ciò che concerne la terapia manuale, alcuni studi hanno evidenziato come il trattamento manuale della spalla e del torace sia in grado di ridurre il dolore e migliorare la funzionalità nel breve termine. I miglioramenti associati alla terapia manuale non sono tuttavia riconducibili ad un effetto biomeccanico, ma ad effetti neurofisiologici e psicologici. In breve, quindi, la terapia manuale può rappresentare un valido aiuto nel piano riabilitativo, ma il focus principale dovrà sempre essere sull’esercizio terapeutico.
E il riposo?
È ormai verità inconfutabile che il riposo e/o l’immobilizzazione nelle tendinopatie (così come nella sindrome da dolore subacromiale) non sia efficace, e che sia deleterio. Questo perchè un tendine immobilizzato non avrà alcuno stimolo che generi conseguenti adattamenti positivi come l’aumento della capacità di carico, la riorganizzazione cellulare e la sintesi di collagene.
Alcuni studi hanno dimostrato che dopo due settimane di immobilizzazione la sintesi di collagene nei tendini viene ridotta notevolmente, e che la disposizione delle fibre collagene diventa casuale e disorganizzata, peggiorando la capacità funzionale del tendine (è infatti il carico che permette alle fibre di disporsi in maniera ordinata). L’immobilizzazione, per di più, aumenta la produzione di alcuni enzimi responsabili della degradazione del collagene.
In altri casi invece, come nel periodo successivo ad alcuni traumi o ad un intervento chirurgico, un periodo di riposo sarà sicuramente necessario, prima di iniziare la riabilitazione.
Anche in situazioni molto acute accompagnate da dolore molto elevato e presente anche nel quotidiano, può essere necessario un breve periodo di riposo, ma in un contesto in cui il soggetto resti comunque attivo e apporti possibilmente un minimo di carico sulla struttura, rispettando il dolore e la sintomatologia affinchè resti tollerabile. È poi importante sottolineare che dopo un periodo di inattività sarà fondamentale evitare aumenti improvvisi del carico (che potrebbero portare a processi tendinopatici), la cui progressione dovrà essere graduale.E per quanto riguarda la chirurgia?
Parlando di tendinopatie della cuffia dei rotatori non esistono ad oggi prove a favore della superiorità dell’intervento chirurgico rispetto alle terapie basate sull’esercizio. I risultati dei trattamenti basati sugli esercizi appaiono infatti efficaci al pari di quelli ottenuti mediante chirurgia.
Sulla base di questi dati gli autori sostengono che gli interventi chirurgici nelle tendinopatie doverevvero essere considerarti solo dopo l’eventuale fallimento del programma di esercizi basato sul carico, proseguito per un tempo di almeno 12 mesi, o nei casi in cui il soggetto con dolore non sia stato in grado di tollerare in alcun modo il carico progressivo degli esercizi.
Anche le infiltrazioni non si sono rivelate migliori della fisioterapia a medio termine; anzi, i corticosteroidi sembrano avere effetti deleteri sui tendini nel lungo termine.
Parlando di impingement (o più correttamente, di “sindrome da dolore subacromiale”), un’intervento che negli ultimi decenni è stato fra i più diffusi è il cosiddetto intervento di “decompressione subacromiale” eseguito in artroscopia. L’efficacia di questo intervento è stata messa in prova da diversi studi, alcuni dei quali anche molto recenti, ed è emerso che tale procedura porta nel medio-lungo termine a risultati comparabili a quelli ottenuti tramite il solo trattamento con esercizi (in questo caso senza i rischi e i costi della chirurgia).
Oltre a ciò, tale intervento è stato confrontato con lo stesso intervento svolto in modalità “finta” (in sostanza veniva ricostruito lo stesso tipo di intervento ma nel concreto non veniva effettuato alcun intervento reale) riscontrando in entrambi i casi risultati comparabili, e portando gli autori ad attribuire i benefici di tale intervento legati principalmente all’effetto placebo e/o alla riabilitazione post-operatoria con esercizi. Per tali ragioni la letteratura sconsiglia ad oggi l’intervento di decompressione subacromiale.
L’intervento chirurgico è invece consigliato in altre situazioni, come nel caso di traumi importanti (fratture scomposte, lesioni traumatiche della cuffia dei rotatori, lussazioni in pazienti giovani e attivi), in alcuni casi di frozen shoulder, e in quadri di artrosi molto avanzata con associata impotenza funzionale. In altre situazioni l’approccio chirurgico andrebbe considerato solo dopo un eventuale fallimento del trattamento conservativo.
Dolore alla spalla in palestra e nel bodybuilding
Il dolore alla spalla in palestra è una condizione molto frequente negli appassionati di Fitness Bodybuilding. L’articolazione della spalla è infatti la più soggetta ad infortuni nei frequentatori di palestra e negli appassionati di allenamento con i pesi. Anche qui i dolori vengono spesso descritti come “dolori a spillo all’interno della spalla”, che possono influenzare negativamente l’esecuzione degli esercizi o renderla impossibile a causa dell’intensità del dolore, spesso accompagnata dalla paura di danneggiare l’articolazione e i muscoli.
La panca piana con bilanciere è uno degli esercizi che più mette a dura prova il complesso articolare della spalla, e di conseguenza sono davvero numerosi i soggetti che sviluppano dolore alla spalla facendo questo esercizio.
Il dolore alla spalla avvertito durante la panca piana e negli esercizi affini (panca inclinata, croci, push-up ecc…) si presenta di solito con le caratteristiche descritte nei paragrafi precedenti, e il tipico arco doloroso corrisponde ai primi gradi di movimento, all’inizio della fase concentrica, quando il bilanciere o i manubri vengono spinti dal petto. Il dolore tende di solito a svanire una volta superata questa escursione di movimento, per poi ripresentarsi allo stesso modo nella ripetizione successiva.
Un’altra categoria di esercizi che molto di frequente è coinvolta in quadri di dolore alla spalla è quella che riguarda i cosiddetti esercizi “overhead”, come il Lento Avanti o Military Press, proposti allo scopo di stimolare muscoli come il deltoide e il trapezio superiore, e di allenare il movimento di spinta verso l’alto.
Anche in questo caso il dolore si presenta spesso intermittente e fortemente riproducibile, descritto come “uno spillo” o una fitta anteriormente, posteriormente o lateralmente sulla spalla. L’arco di movimento doloroso in questo caso è tendenzialmente riportato all’incirca tra i 60° e i 120° di abduzione o quando le braccia sono completamente distese sopra la testa, con il dolore riprodotto sempre allo stesso modo ad ogni ripetizione. La restante parte del movimento è invece libera dal dolore.
Per quanto riguarda il dolore alla spalla durante gli allenamenti, alcune strategie utili, sia in ottica preventiva che riabilitativa, sono le seguenti:
- Rispetto delle corrette esecuzioni degli esercizi, specie negli esercizi più soggetti al dolore di spalla come la Panca Piana, il Lento Avanti e le Alzate Laterali. Dovranno essere preferite varianti con il più basso fattore di rischio possibile, e sarà fondamentale il costante mantenimento di un corretto assetto scapolare durante gli esercizi.
- Evitamento/limitazione di linee di movimento dolorose, ricercando temporaneamente piani di movimento e ROM non dolorosi, per poi tornare gradualmente agli schemi motori originali quando il dolore sarà svanito.
- Evitamento/limitazione di serie a cedimento e/o tecniche ad alta intensità
- Rispetto della gradualità nella programmazione e nella progressione dei parametri allenanti, evitando (in casi di dolore) lavori a cedimento e serie lunghe e forzate, prediligendo invece lavori con un discreto buffer.
- Inserimento di esercizi specifici finalizzati alla correzione delle eventuali disfunzioni articolari e muscolari riscontrate con un’apposita valutazione. Rientrano in questa categoria esercizi di rinforzo/resistenza/performance muscolare (spesso necessari per i muscoli della cuffia dei rotatori e per alcuni muscoli periscapolari come il trapezio medio e inferiore o il gran dentato), esercizi di allungamento muscolare e/o capsulare, esercizi di mobilità ed esercizi di propriocezione.