Dolore al gomito: sintomi, cause ed esercizi
Il gomito è una delle principali articolazioni che compone l’arto superiore insieme alla spalla e al polso. Il complesso articolare del gomito ci rende capaci di eseguire movimenti che permettono di svolgere attività quotidiane e gesti sportivi specifici che coinvolgono il braccio. In questo articolo approfondiamo le possibili cause di dolore al gomito, analizzandone successivamente i sintomi, i rimedi e gli esercizi più efficaci.
Cause del dolore al gomito
Il gomito può essere protagonista di traumi e quadri dolorosi di varie tipologie. Il dolore al gomito può derivare infatti da cause differenti e talvolta difficili da inquadrare. Innanzitutto il gomito può riferire dolore dopo un trauma (un colpo o una caduta violenta), nel quale l’articolazione può nei casi migliori subire una contusione e nei peggiori presentare una frattura o una lussazione del gomito.
Le cause statisticamente più comuni di dolore al gomito sono tuttavia da ricercare in quadri degenerativi a carico di alcune strutture tendinee che proprio nei pressi del gomito trovano il proprio punto di inserzione. Parliamo, nella fattispecie, del dolore nella zona laterale del gomito (chiamato anche “epicondilite”) e del dolore nella zona mediale del gomito (chiamato anche “epitrocleite”).
Nel primo caso ci si riferisce a una problematica che colpisce i tendini dei muscoli estensori del polso (inseriti sull’epicondilo omerale, nella parte laterale del gomito), mentre nel secondo caso ci si riferisce a una problematica che affligge i flessori del polso (inseriti sull’epitroclea omerale, nella parte mediale del gomito). Analizziamo più dettagliatamente queste due condizioni.
Dolore laterale al gomito
L’epicondilite (o “gomito del tennista”) è la principale causa di epicondialgia, ossia di dolore localizzato nella zona laterale del gomito. Questa viene chiamata anche “tendinopatia laterale del gomito”, ed è essenzialmente una tendinopatia inserzionale dei muscoli estensori del polso e delle dita, inseriti anatomicamente proprio a livello dell’epicondilo laterale dell’omero.
Come per tutte le tendinopatie che possono affliggere il corpo umano, le cause possono essere ricercate in uno squilibrio funzionale tra gli stress imposti sulle strutture tendinee e muscolari, e la capacità di recupero dei tessuti stessi. Tali stress sono dovuti ad una combinazione di forze tensive (generate dalla contrazione muscolare) e di forze compressive.
L’epicondilite colpisce più frequentemente l’arto dominante di soggetti tra i 30 e i 50 anni, e si osserva sia in uomini che donne in egual misura. Nello specifico, ne soffrono maggiormente soggetti che svolgono attività sportive o lavori manuali ripetitivi (come elettricisti, musicisti, macellai, impiegati addetti ai videoterminali, operai addetti alle catene di montaggio…), attività e mestieri il cui comune denominatore è rappresentato da sforzi prolungati o ripetuti che comportano l’estensione del polso e delle dita e/o la rotazione del polso contro resistenza.
Nonostante il proprio nome (che scopriremo in seguito essere oramai obsoleto) questa patologia si riscontra spesso in sport come lo Squash, il Badminton, la Pallanuoto, il nuoto e sport di lancio vari.
A dispetto del nome e del suo suffisso -ite, che richiama a un’infiammazione, il quadro è prettamente degenerativo e caratterizzato da alterazione dei tendini degli estensori del carpo e delle dita.
Il dolore al gomito è generato da un sovraccarico funzionale eccessivo di questi muscoli impegnati nelle attività manuali lavorative e sportive nelle quali sono previsti movimenti ripetuti contro resistenza di estensione del polso e delle dita e rotazione dell’avambraccio (come per esempio quando si svita un bullone). In contesto fitness lo stress funzionale in questione può essere dato anche dagli esercizi nei quali è coinvolta in maniera determinante una presa.
La persistenza di tali forze stressanti e lesive per i tessuti interessati può generare alla lunga alterazioni e degenerazioni tissutali che instaurano un circolo vizioso caratterizzato da dolore-immobilità-debolezza, il tutto amplificato anche da una possible ipersensibilità al dolore del sistema nervoso (specialmente nei casi di epicondilite cronica).
In particolare è stato osservato che un aumento repentino e poco graduale dello stress imposto sui tessuti tendinei è spesso il fattore che innesca i processi tendinopatici, per cui la colpa non è tanto della quantità di stress imposto, ma più della gradualità con la quale questo viene inserito (i tessuti tendinei hanno infatti necessità di un fisiologico tempo di recupero tra un’attività stressante e la successiva per poter adattarsi allo stimolo).
Dolore mediale al gomito
L’epitrocleite (o “gomito del golfista”) è la principale causa di eptroclealgia, ossia di dolore localizzato nella zona mediale (interna) del gomito. Tale condizione viene chiamata anche “tendinopatia mediale del gomito”, e si tratta in questo caso di una tendinopatia inserzionale dei muscoli flessori del polso e delle dita, e/0 dei muscoli pronatori dell’avambraccio, inseriti anatomicamente a livello dell’epitroclea omerale.
Allo stesso modo dell’epicondilite, le cause possono essere ricercate in uno squilibrio funzionale tra gli stress imposti sulle strutture tendinee e muscolari, e la capacità di recupero dei tessuti stessi.
L’epitrocleite colpisce più frequentemente l’arto dominante di soggetti tra i 35 e i 50 anni, (anche se è possibile riscontrarla in tutte le fasce di età) con un’incidenza leggermente più alta nel sesso maschile. In questo caso i soggetti più colpiti sono coloro che svolgono attività sportive o lavori manuali ripetitivi (come elettricisti, idraulici, macellai, carpentieri…) che prevedano sforzi prolungati o ripetuti che comportano la flessione del polso e delle dita e/o la pronazione dell’avambraccio associata ad una presa.
Nonostante il proprio nome questa patologia si riscontra spesso, oltre che nei golfisti, anche in altri sport come il tennis, allenamento con pesi, lancio del giavellotto, football americano, sport di lancio vari.
Il dolore al gomito nel caso di epitrocleite è quindi generato da un sovraccarico funzionale eccessivo di questi muscoli impegnati nelle attività manuali lavorative e sportive nelle quali sono previsti movimenti ripetuti contro resistenza di flessione del polso e delle dita e pronazione dell’avambraccio. In palestra lo stress funzionale in questione può essere generato anche dagli esercizi nei quali è richiesta una elevata forza di presa.
Solitamente i muscoli più coinvolti in questa patologia sono il flessore radiale del carpo e il pronatore rotondo, ma lesioni possono talvolta comprendere anche i muscoli palmare lungo, flessore superficiale delle dita e flessore ulnare del carpo.
Altre possibili cause di dolore al gomito
Sebbene il dolore laterale e mediale di gomito rappresentino la stragrande maggioranza dei quadri dolorosi a livello del gomito, è importante sapere che esistono anche diverse altre condizioni che possono portare al dolore al gomito, condizioni che non devono essere trascurate. Fra queste troviamo:
- Problematiche articolari al gomito: da un punto di vista articolare, l’articolazione fra omero e radio e fra omero e ulna può essere sede di alterazioni sintomatiche
- Problematiche al nervo radiale: questo nervo può infatti essere coinvolto nella cosiddetta “sindrome del tunnel radiale”, una patologia da compressione di un piccolo ramo del nervo radiale (il nervo interosseo posteriore) in prossimità del muscolo supinatore breve. Questa sindrome rappresenta una delle principali cause di fallimento di molte terapie, e può riferire dolore lateralmente al gomito sull’epicondilo e lungo il decorso del nervo radiale su tutto l’avambraccio dorsalmente fino alla mano. Il nervo in questione può risultare talvolta troppo sensibile agli stimoli meccanici e rispondere evocando i sintomi dell’epicondilite attraverso dei test clinici per la sua messa in tensione.
- Problematiche al nervo ulnare: sindromi da compressione nervosa di questo nervo possono spesso sembrare epitrocleiti (può comunque succedere che le due cose siano presenti insieme simultaneamente).
- Dolori riferiti e modulati da alterazioni al rachide cervicale o toracico: esistono evidenze del fatto che anche il rachide cervicale e quello toracico possono avere influenza sul dolore laterale al gomito. Questo soprattutto se il soggetto dolorante differisce in concomitanza anche dolore al collo una storia clinica passata di sofferenza cervicale. Il dolore al gomito potrebbe insorgere come dolore riferito cervicale o da radicolopatia (un disturbo a carico delle radici nervose cervicali).
- Lesioni del legamento collaterale ulnare del gomito (localizzato nella parte mediale del gomito)
- Quadri avanzati di artrosi del gomito, che possono riferire dolore e rigidità articolare conseguente a una degenerazione delle superfici articolari e della cartilagine che le ricopre. Questa condizione è tipica dei soggetti più anziani.
- Tendinopatia distale del bicipite brachiale: un quadro tendinopatico a questo livello può causare dolore localizzato anteriormente al gomito
- Tendinopatia del tricipite brachiale: seppur molto più rara dei quadri visti finora, una tendinopatia a carico del muscolo tricipite brachiale può provocare dolore localizzato posteriormente al gomito
- Borsite del gomito: si tratta di un’infiammazione della borsa situata a livello dell’olecrano dell’ulna, un osso del gomito localizzato posteriormente a quest’ultimo.
Le borse a livello articolare hanno la funzione di cuscinetto che attutisce e neutralizza gli attriti a livello di strutture delicate come tendini e legamenti, hanno forma piatta e sono caratterizzate dalla presenza fisiologica di liquido sinoviale al loro interno. Se la borsa si infiamma diventa più gonfia, aumenta il liquido al suo interno e può divenire anche visibile posteriormente sul gomito.
Tra le cause di borsite al gomito possiamo avere un trauma posteriore, una pressione sul gomito costante e prolungata come per esempio su un tavolo, una scrivania o sul pavimento, un’infezione conseguente a un taglio o patologie infiammatorie come l’artrite reumatoide.
Sintomi del dolore al gomito
Dolore laterale al gomito
Il dolore al gomito causato da una tendinopatia laterale ha una manifestazione tipica caratterizzata da:
- Dolore laterale al gomito localizzato a livello dell’epicondilo, dolore che viene evocato durante la palpazione della zona e che può irradiare fin lungo tutto l’avambraccio
- Dolore nell’effettuare una presa specie con avambraccio in pronazione
- Dolore nell’effettuare l’estensione del polso contro una resistenza esterna.
Spesso, inoltre, è possibile notare deficit della mobilità e forza degli estensori di polso, dei supinatori e dei muscoli posteriori del cingolo scapolare (cuffia dei rotatori, stabilizzatori scapolari), così come un deficit di forza della presa. In fasi acute il dolore può essere presente anche a riposo o con movimenti banali.
A un’attenta analisi è possibile diagnosticare clinicamente l’epicondilite del gomito grazie ad alcuni test come l’estensione del polso contro resistenza e con l’avambraccio pronato, il test di Maudsley, il test di Mill e il test di Cozen.
In generale il dolore al gomito è esacerbato dal sollevamento di un oggetto pesante afferrato specie con l’avambraccio in pronazione. In genere, la positività dei test sopra menzionati può indirizzare la diagnosi verso l’epicondilite, anche se tuttavia è doverosa un’attenta diagnosi differenziale nella quale vengano escluse eventuali ulteriori possibili patologie.
In palestra, in caso di epicondilite, è frequente la riproduzione del dolore in molti esercizi in cui è necessaria una presa salda, tra cui quelli di tirata per la schiena (Lat Machine, Trazioni) e quelli per le braccia nei quali è richiesto il sollevamento di un carico (Curl, Curl inverso, French Press). Ciò non toglie che, in caso di dolore molto intenso, ogni esercizio per gli arti superiori potrebbe provocare dolore.
Dolore mediale al gomito
I classici sintomi dell’epitrocleite prevedono invece un dolore molto localizzato interno al gomito che viene accentuato da movimenti di flessione del polso o delle dita con il gomito in posizione di estensione e l’avambraccio in supinazione. Inoltre, anche uno stress laterale sull’avambraccio con il gomito flesso o esteso e l’omero bloccato può provocare il dolore.
Per capire come si manifesta il dolore mediale del gomito, analizziamone i sintomi caratteristici. L’epitrocleite ha a sua volta una manifestazione tipica, caratterizzata da un dolore interno al gomito localizzato a livello dell’epitroclea, che può irradiare talvolta al polso e nel lato ulnare dell’avambraccio. Tale dolore può essere evocato da:
- Palpazione diretta della zona di inserzione dei muscoli flessori del polso
- Attività che richiedono una presa salda
- Attività quotidiane e/o movimenti che richiedono una flessione e/o pronazione forzata del polso contro una resistenza esterna, specie se con il gomito esteso.
- Attività o sport in cui sono previsti lanci ripetuti
Spesso, inoltre, è possibile notare deficit della mobilità e forza dei flessori del polso, dei pronatori e dei muscoli del cingolo scapolo-omerale (in particolare nei movimenti di abduzione, extrarotazione ed estensione di spalla), così come un deficit di forza della presa. In fasi acute il dolore può essere presente anche a riposo o con movimenti banali.
In palestra, potenzialmente, a seconda anche della gravità del quadro, il dolore può essere esacerbato in qualsiasi esercizio in cui è necessaria una presa. Tuttavia, di solito il dolore è presente durante esercizi di tirata (come Lat machine e Trazioni) e durante esercizi per i bicipiti, specie con l’avambraccio supinato (come per esempio il Curl con bilanciere).
Importante comunque precisare che un dolore alla parte interna al gomito (epitroclealgia) non per forza è dovuto ai tendini dei flessori o solo ed esclusivamente ad essi. Come abbiamo visto in precdenza, infatti, sono comuni quadri di dolore derivati da una distrazione o lesione al legamento collaterale ulnare del gomito (specie post trauma) o infiammazioni del nervo ulnare che passa proprio in questa zona del gomito. In quest’ultimo caso i sintomi possono irradiarsi anche a livello dell’avambraccio come una tensione e fino alle ultime due dita della mano con formicolii e intorpidimento. Soprattutto nei casi molto cronici col dolore che persiste da molti mesi o anni è spesso presente un quadro di sensibilizzazione del dolore, il quale può presentarsi “a specchio” anche nel gomito opposto.
Dolore al gomito: quanto tempo per guarire?
I tempi di guarigione relativi al dolore al gomito sono molto variabili e strettamente dipendenti dalla causa primaria della sintomatologia dolorosa, oltre che dall’entità dell’eventuale quadro patologico (trauma, infiammazione, degenerazione articolare, degenerazione tendinea, coinvolgimento nervoso ecc…).
Per quanto riguarda le due cause più comune di dolore al gomito, ossia epicondialgia ed epitroclealgia, la letteratura scientifica riporta che i sintomi possono durare in media dalle 2 settimane fino ai 2-3 anni. Nell’85% circa dei casi il dolore svanisce spontaneamente (con la sola rimozione/modifica dello stimolo provocativo) entro un anno ed è caratterizzato da possibili recidive e riacutizzazioni del dolore. Il restante 15% può andare incontro invece a quadri cronici che perdurano per oltre un anno.
In questo contesto, assolutamente da non trascurare è il sistema di elaborazione del dolore. Specie nei casi cronici che sono restii alla guarigione e che perdurano per molto tempo, è riportato un quadro di ipersensibilità dell’area, con un’alterazione nella modulazione del dolore a livello del sistema nervoso centrale. In altre parole, a questo livello può essere presente un’eccessiva sensibilità dei tessuti agli stimoli che conduce a elaborare uno stimolo doloroso amplificato.
La presenza di questi elementi, di dolore dall’intensità e/o durata anomala, e di altri fattori (come la migrazione del dolore nel gomito opposto) può essere riconducibile a un quadro di ipersensibilità del sistema nervoso centrale in un contesto di dolore cronico. Essi spiegherebbero perchè talvolta non vi sia correlazione diretta tra la patologia dei tendini nell’ecografia e la gravità dei sintomi.
Un altro motivo della cronicità del dolore al gomito può essere riscontrato nei casi in cui lo stimolo nocivo/doloroso non venga mai modificato/rimosso.
Rimedi e cure per il dolore al gomito: che fare?
Come curare il dolore al gomito? La doverosa premessa da cui partire in questo contesto è che come abbiamo visto il dolore al gomito può essere dovuto a una moltitudine di diverse cause, ragion per cui il trattamento più efficace dovrà in ogni caso essere stabilito in base alla causa di tale sintomatologia, oltre che alle caratteristiche individuali della persona, considerandone lo stato di salute, la storia passata e l’attuale livello funzionale.
Considerando le principali e più comuni cause di dolore al gomito precedentemente menzionate, possiamo dire che fra le diverse tipologie di trattamento comunemente proposte per la gestione e il trattamento di queste patologie troviamo:
- Correzione/modifica/sospensione delle attività provocative che sovraccaricano durante la giornata i muscoli flessori/estensori del polso e pronatori/supinatori dell’avambraccio
- Esercizi di rinforzo e allungamento dei muscoli flessori/estensori del polso e delle dita e dei muscoli pronatori/supinatori (esercizi isometrici e/o isotonici).
- Terapia manuale
- Tutori ed ortesi
- Infiltrazioni locali di cortisone
- Terapie fisiche (TENS, laser, ultrasuoni…)
- Ghiaccio e farmaci antinfiammatori
- Chirurgia
- Riposo
Quale tipologia di trattamento è corretto prediligere? Cosa afferma la letteratura scientifica a riguardo?
Secondo gli studi un trattamento di tipo “multimodale” (comprensivo di più interventi terapeutici) è da preferire; tuttavia la parte principale e fondamentale del trattamento dovrà sempre essere l’identificazione e la successiva modifica/rimozione (da valutare per ogni singolo caso) dell’attività provocativa, insieme all’esecuzione di un programma di esercizi di ricondizionamento muscolare e tendineo volti a restituire elasticità, forza e resistenza ai gruppi muscolari interessati, così da facilitare la risoluzione del dolore e migliorare le proprietà meccaniche dei tessuti colpiti.
La funzionalità tendinea, infatti, è data dalla qualità e dall’organizzazione delle fibre collagene di cui le stesse cellule tendinee sono composte, ed è stato osservato che è proprio il carico espresso sui tenociti (tramite l’esercizio con sovraccarichi) il fattore chiave in questo contesto, in grado di regolare la risposta di sintesi proteica del collagene.
Il fattore più importante nel trattamento delle tendinopatie (nel nostro caso epicondilite ed epitrocleite) è quindi la gestione dei carichi. Applicare un carico ottimale (“optimal load”, diverso per ogni soggetto in base alle proprie caratteristiche) permetterà una riorganizzazione delle fibre collagene, migliorando di conseguenza l’organizzazione strutturale, la biomeccanica e la funzionalità tendinea.
Questo processo può essere svolto mediante contrazioni muscolare isometriche e isotoniche (di solito si preferisce somministrare contrazioni isometriche mantenute nelle fasi di irritabilità/dolore più elevate, per passare successivamente a contrazioni isotoniche concentriche/eccentriche e ad esercizi più complessi e globali) dei muscoli target (nel nostro caso la muscolatura flessoria ed estensoria dell’avambraccio e del polso).
Fondamentale in questi contesti sarà anche l’educazione del soggetto, che dovrà essere informato delle caratteristiche e del comportamento tipico di queste patologie, della prognosi media e dei fattori provocativi, così da ottimizzarne la gestione individuale.
Il messaggio chiave da portare a casa è quindi che il trattamento per questi disturbi si deve basare sull’educazione, sull’identificazione e gestione dell’attività provocativa, e sulla gestione dei carichi tramite esercizi. Altri tipi di intervento possono essere aggiunti con l’obbiettivo di ridurre i sintomi e ottimizzare il processo di guarigione, ma dovranno essere considerati come un’arma in più, e non come la parte principale del percorso riabilitativo.
Va tuttavia detto che in alcuni casi (come in alcuni traumi o contusioni violente, o in presenza di problematiche di degenerazione articolare molto avanzata) può risultare utile un approccio chirurgico.
Dolore al gomito in palestra
Quando si parla di esercizi con sovraccarichi in ambiente fitness e body building, tante discussioni nascono a partire dagli infortuni più frequenti che incorrono negli appassionati tra le mura della sala attrezzi. Tra le problematiche più comuni, oltre al dolore alla spalla, vi è senza dubbio il dolore al gomito, altro evento spesso fastidioso, debilitante e motivo di stop prolungati dagli allenamenti. Il gomito in palestra è infatti un’articolazione coinvolta quasi sempre quando si eseguono esercizi per la muscolatura degli arti superiori: dai semplici esercizi monoarticolari per il bicipite e il tricipite, fino ai grandi esercizi multiarticolari per l’allenamento del gran pettorale e della schiena.
Dolore laterale al gomito in palestra
Il sovraccarico funzionale è dietro l’angolo quando si portano avanti con costanza programmi di allenamento mirati allo sviluppo della forza e dell’ipertrofia muscolare. In linea di massima non esistono esercizi da sconsigliare in senso assoluto e permanente, poiché l’epicondilite nasce da uno squilibrio tra il carico a cui è sottoposto l’apparato tendineo e il recupero che necessita per evitare fenomeni degenerativi. Per questo è fondamentale il dosaggio dei carichi di lavoro adeguatamente gestito grazie a una programmazione razionale e di buon senso.
Ad ogni modo, esistono alcune associazioni di movimenti che possono provocare ed esacerbare il dolore in quadri di epicondiliti sintomatiche, e la loro conoscenza è la base per capire perché viene l’epicondilite e come prevenire l’insorgenza di questo disturbo. Il fattore fondamentale in palestra è quindi gestire nel tempo questi movimenti (evitandoli temporaneamente, se necessario) dosando nella maniera più intelligente possibile il carico sui tessuti interessati. Gli esercizi in assoluto più a rischio sono quelli che prevedono movimenti di flessione del gomito associati a pronazione dell’avambraccio.
Quando il gomito è flesso, infatti, la pronazione forzata comporta tensione a livello dei muscoli aventi inserzione sull’epicondilo, tensione che si ripercuote sulla giunzione mio-tendinea e sui tendini stessi.
Gli esercizi a cui fare attenzione in particolare sono:
- il Curl a presa inversa con manubri o bilanciere (in particolare bilanciere dritto, il quale genera forzature che non permettono di rispettare la normale biomeccanica del gomito). Questo esercizio andrebbe quindi limitato (se non eliminato temporaneamente) in fasi molto dolorose di epicondilite, a favore di un Curl con manubri classici (associazione di flessione e supinazione) e/o un Curl con bilanciere sagomato classico.
- Lat Machine , Trazioni e Pulley con presa prona. Le tipologie differenti di prese in questi due esercizi andrebbero costantemente cambiate durante i vari periodi dell’anno, evitando di allenarsi tutto l’anno con la presa prona. Alternate presa prona e presa neutra durante la vostra programmazione sia per ridurre il sovraccarico sugli estensori del polso e prevenire l’epicondilite, sia per variare gli stimoli muscolari in ottica ipertrofia.
- Qualsiasi altro esercizio che necessita l’utilizzo di una presa salda che ostacola la forza di gravità.
È importante aver ben compreso che, anche se esistono esercizi che per loro natura aumentano il fattore di rischio di insorgenza di epicondilite, l’elemento chiave in questo contesto è il rispetto della gradualità nella progressione e programmazione dei parametri allenanti.
L’esercizio fisico, infatti, ha dimostrato di provocare una riduzione netta del collagene tendineo durante le prime 24h-36h successive agli esercizi, ma un aumento netto (arrivando a quantità maggiori di quelle di partenza) dopo 36h-48h. In altre parole questo vuol dire che un tempo di recupero insufficiente tra un allenamento e il successivo potrebbe alla lunga alterare l’equilibrio tra sintesi e degradazione del collagene tendineo, determinando uno stato catabolico di quest’ultimo. Per tale ragione è raccomandabile inserire un recupero di 2-3 giorni tra le attività di carico pensante sul tendine ogni volta che si aumentano in modo importante i parametri di allenamento.
Questo non vuol dire che sia necessario prendere 3 giorni di recupero dopo OGNI allenamento, ma che ogni volta che si svolge un allenamento pesante a carico di un determinato distretto muscolo-tendineo, nel quale si è aumentato uno o più parametri allenanti (volume, intensità, densità…) sarebbe consigliabile un recupero di 2-3 giorni prima di fornire un ulteriore stimolo allenante elevato, così da garantire il fisiologico turnover di collagene intratendineo, evitando così l’insorgenza di processi degenerativi tendinopatici.
L’allenamento abituale, quindi, comporta un maggior turnover del collagene, mentre l’inattività riduce la sintesi del collagene (che ricordiamo essere alla base della funzionalità e salute tendinea). D’altro canto, anche un allenamento ripetuto con periodi di riposo troppo brevi può provocare un netto degrado della matrice tendinea e provocare lesioni da sovraccarico.
Dolore mediale al gomito in palestra
Anche in caso di dolore mediale al gomito in palestra saranno valide le medesime considerazioni appena fatte per il dolore laterale. In questo caso gli esercizi in assoluto più a rischio sono quelli che prevedono movimenti di flessione del gomito associati a supinazione dell’avambraccio.
- Il Curl con manubri o bilanciere (in particolare bilanciere dritto, il quale genera forzature che non permettono di rispettare la normale biomeccanica del gomito). Questo esercizio andrebbe quindi limitato (se non eliminato temporaneamente) in fasi molto dolorose di epitrocleite.
- Lat Machine e Trazioni con presa supina.
- Qualsiasi altro esercizio che necessita l’utilizzo di una presa salda che ostacola la forza di gravità (molti movimenti e skill del calisthenics, per esempio, sono inclusi in questa categoria).
- In soggetti molto rigidi anche la posizione forzata dei gomiti in avanti nell’incastro del bilanciere sulle spalle durante lo squat con bilanciere. In questi casi è consigliato allargare l’ampiezza della presa delle mani sul bilanciere per compensare un’eventuale rigidità di spalla in rotazione esterna.
Oltre alla fondamentale ricalibrazione dei parametri allenanti negli esercizi appena citati, vediamo tre accorgimenti utili per ridurre l’epitrocleite in palestra e avviarci verso una definitiva guarigione.
- Il primo accorgimento riguarda l’allineamento della presa: è tipico in soggetti che soffrono di epitrocleite cronica con recidive costanti, che durante esercizi come Lat machine, Trazioni o Pulley si assista ad una presa con eccessiva flessione del polso (allo scopo anche di vincere un sovraccarico eccessivo). In questo modo si genererà un sovraccarico importante a carico dei muscoli flessori del polso e delle dita, ostacolando la guarigione; per cui è fondamentale prendere coscienza di un’eventuale alterazione nell’allineamento della presa e correggerla (il polso dovrà ritrovarsi leggermente esteso di circa 20-30°).
- Secondo accorgimento: la cura dello schema motorio, in particolare durante esercizi multiarticolari. In questi esercizi sarà importante cercare di ridurre il sovraccarico sui muscoli dell’avambraccio. Per fare ciò è fondamentale imparare a selezionare al meglio i movimenti dell’omero durante gli esercizi di tirata e di spinta. Per esempio, durante gli esercizi di tirata si dovrà pensare a tirare l’omero all’indietro e verso il basso. In questo modo lo stimolo sarà veicolato al massimo sui muscoli della schiena, diminuendo il sovraccarico sui muscoli dell’avambraccio. Sarà quindi necessario non pensare di tirare dai polsi, ma concentrarsi invece sul muovere i gomiti
- Terzo accorgimento: sarà fondamentale aggiungere e integrare nella scheda di allenamento esercizi di ricondizionamento della matrice tendinea degenerata. Come riportato precedentemente, a seconda dello stadio dell’epitrocleite potremmo inserire esercizi isometrici, eccentrici o concentrico-eccentrici per i muscoli flessori del polso e pronatore rotondo.
Per quanto riguarda la gestione del dolore durante l’esecuzione degli esercizi la regola da rispettare secondo la letteratura è la seguente: è consentito al massimo un dolore che sia di bassa entità (che risulti quindi tollerabile) e che non peggiori ne durante ne nelle 24 ore dopo l’allenamento (deve quindi rimanere relativamente stabile, o diminuire poco dopo l’allenamento). In caso contrario, probabilmente il carico esercitato sui tendini è stato eccessivo, e sarà necessario ricalibrare nuovamente i parametri allenanti.
Dolore al gomito nel calisthenics
Che dire in merito al dolore al gomito nell’allenamento a corpo libero? Gli esercizi di questa disciplina creano spesso un elevato stress sulle strutture del gomito, coinvolte in maniera importante in praticamente tutti gli esercizi classici a corpo libero per la parte superiore del corpo. Epicondiliti, epitrocleiti e dolori all’avambraccio durante il rilascio della presa rappresentano infatti infortuni molto frequenti in coloro che si allenano a corpo libero. In particolare, attività particolarmente stressanti, e che di conseguenza richiedono un particolare occhio di riguardo, sono:
- Esercizi in massima flessione di polso, come quelli eseguiti con l’utilizzo del “false grip” agli anelli o alla sbarra durante trazioni e muscle up. Il false grip può sovraccaricare i muscoli flessori del gomito, principali responsabili delle epitrocleiti.
- Esercizi in massima estensione di polso, come le verticali, i piegamenti in verticale, i push-up, i dip alla sbarra e agli anelli, la planche. L’estensione di polso estremizzata in questi esercizi comporta un elevato sovraccarico delle strutture del polso.
- Esercizi con grande richiesta di stabilizzazione in deviazione radiale, come la planche (e le propedeutiche varie) su parallele, la verticale su parallele, la L-sit (e progressioni come V-sit e Manna). La deviazione radiale richiesta può sovraccaricare il polso, generando dolore.
Come comportarsi dunque in questi casi? Analizziamo alcuni spunti utili:
Anche in questo caso sarà importante inserire nel programma di allenamento esercizi di rinforzo e stretching specifico per la muscolatura del gomito e del polso. Il fattore più importante tuttavia sarà ancora una volta il rispetto del principio della gradualità dello stimolo. Gli esercizi e le progressioni (sia degli esercizi “base” che delle “skill”) dovranno essere affrontati in modo graduale, dando ai tessuti il tempo di cui hanno bisogno per adattarsi alle nuove linee di carico (in particolare per movimenti “nuovi” o che non si svolge da molto tempo).
Se si è in presenza di quadri dolorosi sarà consigliabile cercare linee di movimento non dolorose, e laddove non sia possibile, rimuovere temporaneamente le attività più provocative (in particolare quelle sopra citate), per poi reinserirle in maniera graduale e progressiva una volta che il dolore sarà diminuito, e si sarà aumentata la tolleranza al carico dei tessuti.
Anche in questo caso sarà inoltre indispensabile dosare e personalizzare i parametri allenanti in base alla propria situazione e nel rispetto del dolore (che in alcuni casi potrà essere presente, purché non eccessivo e purché non peggiori nelle 24h dopo l’attività).
Un ulteriore consiglio è quello di iniziare gli allenamenti con un riscaldamento specifico per le strutture articolari che andremo ad allenare, con degli esercizi di mobilità attiva di gomito e polso. A seguito di questo introdurremo delle serie di avvicinamento al carico allenante, le quali ci renderanno ulteriormente preparati agli stress generati dall’allenamento.
Durante l’esecuzione di esercizi molto stressanti come la Planche, in presenza di epitrocleite, sarà preferibile utilizzare delle prese neutre del polso, e non supinate (evitando così la massima estensione del gomito associata a supinazione). In caso di dolori o problematiche al polso, invece, si potrà trarre beneficio dall’utilizzo delle parallele in sostituzione alla presa diretta sul pavimento. Sarà inoltre utile procedere gradualmente sia nell’arrivare nella posizione isometrica di Planche (e delle sue varie propedeutiche), sia soprattutto nel terminarla, rilasciando la presa molto lentamente.
Durante l’esecuzione di esercizi che richiedono un forte coinvolgimento dei flessori del polso per la stabilizzazione, come per esempio i piegamenti in verticale al muro, un consiglio in caso di epitrocleite sarà quello di andare ad eseguire temporaneamente tali esercizi in appoggio al muro, diminuendo cosi l’impegno muscolare richiesto per stabilizzarci.