Elevation Training Mask: serve o non serve?

evation training mask

La training mask (o elevation training mask), ossia la maschera per allenamento, è salita alla ribalta negli ultimi anni negli sport da combattimento, come ad esempio l’mma. Questo tipo d’allenamento sembra promettere ottimi benefici, sviluppando tutti quegli adattamenti che si verificano con l’allenamento in altura. Sarà veramente così? Grazie all’elevation training mask non avrete più il fiatone? Cosa c’è di vero?

evation training mask

Articolo di Alain Riccaldi

A cosa servirebbe l’elevation training mask?

Da un sito internet che mette in vendita l’evation training mask si legge:

“…La Elevation Training Mask viene incontro agli atleti agonisti che vogliono incrementare la loro resistenza polmonare allenando il proprio organismo in una situazione controllata di carenza di ossigeno.”

Ecco che già qui purtroppo possiamo intuire la componente markettara del progetto come sempre mai suffragata da dati scientifici o da “numeri”che ne testimonino l’effettiva bontà. Perché in realtà la % di O2 è la stessa (21%), sia che siate su un pedalò al mare, sia che siate a bordo di un SR-71 a 25Km di altitudine. Quello che diminuisce casomai è la pressione parziale del O2 non la sua quantità nell’atmosfera.

Comunque, concentriamoci sul capire quello che è l’obiettivo di questo strumento, e cerchiamo di capire se davvero riesce a centrare tale obiettivo, oppure come spesso succede, è solo l’ennesima trovata pubblicitaria.

In breve, l’Elevation Training Mask si pone come obiettivo quello di riprodurre artificialmente nell’atleta i benefici degli allenamenti in quota in condizioni di ipossia e ipercapnia (l’aumento nel sangue d’anidride carbonica).

Quali adattamenti vorrebbe riprodurre l’elevation training mask?

Da anni e anni, soprattutto nel ciclismo e negli sport di endurance si è cercato di capire come riprodurre e riproporre artificialmente i benefici e gli adattamenti fisiologici tipici dell’allenarsi ad altitudini elevate. Ci sono studi su studi che hanno analizzato e sviscerato quel che si verifica in condizioni di ipossia, senza entrare quindi troppo nei dettagli possiamo sinteticamente elencare alcuni degli adattamenti fisiologici che si verificano a livello del sistema cardio-respiratorio,  sistema energetico di riferimento e sistema muscolare, in un atleta che si sottopone ad allenamenti in quota:

– Aumento del ematocrito

– Aumento della concentrazione di emoglobina

– Aumento della capacità e velocità del trasporto di O2 nel sangue

– Aumento dei globuli rossi

– Aumento degli enzimi ossidativi

– Aumento del numero e delle densità mitocondriale

– Aumento della densità capillare nei muscoli scheletrici

In pratica, quindi, l’insieme di tutti questi adattamenti, andrebbe poi, una volta ritornati alla quota classica a livello del mare, a migliorare quelle che sono le caratteristiche di efficienza del sistema energetico aerobico e delle capacità condizionali relative come: la Capacità Aerobica legata all’ottimizzazione della Gittata Cardiaca, la Capacità Aerobica legata al incremento della Soglia Lattacida e la Potenza Aerobica riferita al massimo consumo di O2 (VO2Max), per approfondire leggi: Correre serve ad un praticante di SDC?.

Il condizionale è d’obbligo perché diversi studi a riguardo sono fortemente contrastanti sull’effettiva veridicità di tali benefici una volta che l’atleta ritorna alle condizioni di quota normali.

Qual è il problema dell’elevation training mask?

Allora serve o non serve la Elevation Training Mask? Invenzione del secolo o cazzata? Per rispondere non serve dire SI oppure NO, basta proprio indicare un banalissimo problema…. E’ molto semplice e si chiama ACCLIMATAZIONE: cioè,  gli adattamenti fisiologici e bioenergetici che maturano dall’allenamento in condizioni di ridotta pressione di O2 avvengo SOLO e SOLTANTO dopo un periodo di adattamento alle nuove condizioni, periodo che spazia da diversi giorni sino ad alcune settimane. Questo implica quindi, che boccheggiare mezz’ora al giorno indossando la Mask non solo NON DETERMINERA’ NESSUN ADATTAMENTO di quelli ricercati, in quanto il tempo di esposizione alle “nuove condizioni” sarà assolutamente superfluo. (Generalmente, da studi, occorrono due settimane per acclimatarsi a una quota di 2300 m. Successivamente, è necessario calcolare una settimana per ogni 500-600 m di quota fino ai 4500 m.)

Inoltre un allenamento con la maschera INFLUENZERA’ NEGATIVAMENTE tutte quelle che sono le componenti qualitative dell’allenamento stesso:

1) RIDOTTA INTENSITA’ a parità di sforzo con conseguente diminuzione della somministrazione ottimale in termini di volumi e di intensità stesse dell’allenamento
2) TECNICA DI ESECUZIONE DEGLI ESERCIZI PERTURBATA IN NEGATIVO con conseguente aumento del rischio di infortuni.

Quindi parlando come al bar, fare un circuito funzionale con la Mask per 10-15-20 minuti non solo non vi farà ottenere gli adattamenti fisiologici ricercati e tipici del vero allenamento in quota, ma vi farà ridurre anche l’intensità dello sforzo perché per forza di cose avrete meno fiato. al contempo poi, causa aumentata spossatezza, vi farà anche sporcare la tecnica d’esecuzione degli esercizi che spesso purtroppo è già di per se inguardabile in questo genere di allenamenti.

Può essere utile l’elevation training mask?

Un’analisi critica scientifica per essere tale deve considerare pregi e difetti. Oggettivamente quindi l’utilizzo della Mask può apportare alcuni benefici. Questi sono relativi più di altri al rafforzamento dei muscoli respiratori, sia quelli adibiti all’ inspirazione sia quelli relativi all’espirazione, quindi senza scendere troppo nei dettagli, parliamo di: Diaframma, intercostali, parasternali, addominali ecc.

Il filtro specifico della Mask, in base al livello di resistenza all’aria, lascia passare solamente una certa quantità dì aria, l’atleta conseguentemente sarà chiamato ad aumentere la frequenza e l’intensità degli atti respiratori andando ad agire direttamente sui muscoli coinvolti in questi. Di per se, il rafforzamento dei muscoli adibiti alla respirazione è sicuramente un adattamento interessante, rimane da chiedersi quanto sia utile però negli sport da combattimento (poco).

Infatti chi ricerca questo genere di adattamenti di solito sono atleti di sport estremi come l’Apnea profonda e l’Alpinismo in quote elevate per lo più.

Va ricordato che quello che noi avvertiamo come mancanza d’ossigeno è in realtà la necessità d’espellere maggiore anidride carbonica, non una carenza di questo elemento. In più, a livello fisiologico, il collo di bottiglia non si verifica a livello polmonare ma a livello periferico attraverso il trasporto d’ossigeno.
Avere il fiatone ha poco a che vedere con la capacità dei muscoli respiratori di contrarsi. 

Conclusioni: l’elevation training mask serve o non serve?

Spesso questo sito ha cercato di fare capire: “Quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito…” Cercate quindi sempre di ragionare con un minimo di scientificità e di critica, lo studio della fisiologia sportiva ci aiuta in questo.

Durante la Copa America di Calcio giocata in Bolivia le squadre provenienti da paesi con altitudini  relativamente basse, come il Brasile, sono andati 10 giorni prima delle altre per adattarsi alla nuova quota (periodo di acclimatazione), non si sono certo allenate in spiaggia indossando qualche tipo di maschera.

Articolo di Alain Riccaldi

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Andrea Biasci

Fondatore del Project inVictus e autore di Project Nutrition, il libro sulla nutrizione con più di 90 000 copie vendute, che unisce la teoria alla pratica su base scientifica. Laureato in Scienze Motorie e nella magistrale in Scienze della Nutrizione Umana. Per anni è stato Professore Universitario a contratto presso l'Università degli Studi di Milano. Maggiori informazioni

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