La sensibilità insulinica
Perché ingrasso? Perché la mia composizione corporea non migliora? In questo articolo approfondiremo la sensibilità insulinica, un argomento che veste un ruolo fondamentale nei processi metabolici del nostro corpo e che si contrappone all’insulino resistenza.
Prefazione di Andrea Biasci.
“Tu giri adesso con le tette al vento, io ci giravo già 10 anni fa” ecco riassunto in una riga chi è Antonio Rubbino.
Nell’epoca in cui Internet non possedeva ancora tutti i suoi social network, si leggeva sui primi forum gli articoli di Ct-7b, concetti mai sentiti, rivoluzionari, ben lontani dal libro di riferimento sull’alimentazione sportiva di McArdle , Katch, Katch. Allora bevevamo assetati di nuove nozioni, di nuovi spunti, Ct-7b era la nostra fonte.
Conosco diverse persone che da allora si sono laureate, sono diventate medici, nutrizionisti, laureati in scienze motorie. Ct-7b ha contribuito a far nascere in noi la voglia di studiare, la voglia d’approfondire questo campo.
Ogni volta che porto a casa un oggetto nuovo, Zeus, il mio gattino di un mese, curioso lo ispeziona, ecco noi eravamo così.
Ct-7b è Antonio Rubbino e questo è un suo articolo.
La sensibilità insulinica (di Antonio Rubbino)
Introduzione
Prima di giungere alla tematica principe di questo articolo, “La sensibilità insulinica, cos’è e come migliorarla,” devo, volente o nolente, fare una premessa per rendere il mio lavoro abbastanza comprensibile, si spera!
I carboidrati.
I carboidrati compongono la maggior parte della materia vivente del nostro pianeta.
Un albero, un filo d’erba, una rosa, un piatto di pasta, un tozzo di pane….carboidrati.
I 2 carboidrati più conosciuti sono il glucosio ed il fruttosio, monosaccaridi – “mono” significa “uno”, “saccaride” è un’altro termine per definire uno “zucchero” – .
Il Glucosio è il principale zucchero che il nostro organismo utilizza per produrre energia (l’unico da cui partono tutte le reazioni ergogene….), il Fruttosio è un lontano parente del glucosio, lo si trova principalmente nella frutta (frutta, fruttosio…no, nn è solo un bel gioco di parole..) e prende vie metaboliche ed ha funzioni leggermente diverse dal Glucosio.
Se prendiamo Glucosio e Fruttosio e li uniamo in un tenero e dolcissimo abbraccio, otteniamo ciò che, erroneamente è definito “zucchero”, il Saccarosio.
Il Saccarosio o, comunemente, “zucchero da cucina” (quello che mettete nel caffè…) è composto da una molecola di glucosio ed una di fruttosio e, tecnicamente, è definito “Disaccaride” – “di”, doppio e “saccaride”, l’ho spiegato prima….- .
Se vogliamo spingerci un po’ oltre possiamo citare i “polisaccaridi”, più molecole di uno stesso zucchero unite insieme. L’Amido è il polisaccaride più comune: la pasta, il pane, la farina d’avena…sono costituiti da amido il quale, a sua volta, è composto da più molecole di glucosio connesse in una catena; in seguito citerò anche il “glicogeno” contenuto nel tessuto muscolare e nel fegato che, come l’amido, è un “pacchetto” di più molecole di glucosio.
Le “fibre dietetiche”, anche se appartengono alla famiglia dei carboidrati, possiedono un proprio capitolo: sono “polisaccaridi non amilacei più la lignina” a cui appartengono la cellulosa, i beta-glucani, emicellulose, pectine e gomme.
Le fibre sono carboidrati indigeribili per l’uomo (e per vari altri carnivori), ma ciò è vero in parte.
Le fibre passano indigeste dall’intestino tenue per finire nel crasso dove, grazie a famiglie di batteri presenti in questo tratto intestinale, vengono “fermentate” producendo (oltre alla flatulenza di un bel piatto di fagioli con le cotiche…) acidi grassi a catena corta che servono da nutrimento per quegli stessi batteri intestinali. L’importanza delle fibre, vedrete, non è solo “funzione pre-biotica”, ma è molto importante quando vogliamo mantenere un’ottimale sensibilità insulinica ed evitare “crolli-glicemici”.
Insulina
Parlando di carboidrati viene quasi naturale citarla….
L’insulina è un ormone peptidico di “stoccaggio”e la sua funzione principe è l’assimilazione di glucosio e aminoacidi da parte delle cellule del corpo. Viene definito dagli addetti del settore: “Ormone anabolico”, ma ciò confonde chi fa della “brò-science” il proprio vessillo. Il termine “anabolico” non indica solo un incremento della massa muscolare. L’anabolismo, in biochimica, indica la formazione di composti più grandi partendo da singoli elementi.
Un ormone “Anabolico” indica che, quel determinato ormone, permette la crescita di un tessuto e/o di un “composto”; l’insulina permette la formazione di glicogeno (partendo da singole molecole di glucosio), di proteine (partendo da singoli aminoacidi) e di Trigliceridi (partendo da singoli acidi grassi e glicerolo). Soffermatevi sull’ultimo punto: l’insulina stimola anche la lipogenesi che, in parole povere, indica “ingrassare”…..
Torniamo alla bocca….
Ingurgitate 100gr di pasta (80gr di amido: 80gr di glucosio legato ad altro glucosio); alcuni enzimi (amilasi salivare in primis, amilasi pancreatica successivamente) iniziano a spacchettare questo amido e mettono in mostra, nell’intestino tenue, tante molecole di glucosio.
Il glucosio passa attraverso la porosa barriera intestinale grazie a “trasporto attivo sodio-dipendente” e si ritrova nel flusso sanguigno. Il pancreas, grazie alle Glut-2 (proteine trasportatrici di cui parlerò in seguito), “sente” l’arrivo del glucosio e, attraverso le sue cellule beta, butta fuori un quantitativo di Insulina pari (sarebbe sempre così in un mondo perfetto) al glucosio circolante.
L’Insulina “accompagna” il glucosio verso gli organi bersaglio e, attivando altre proteine trasportatrici ( le “Glut-4”), ne permette l’ingresso nelle cellule.
Tra tutti i tessuti la priorità l’ha il fegato, le sue cellule esprimono le proteine “Glut-2”, proteine non dipendenti dall’insulina che, quindi, percepiscono e captano immediatamente il glucosio, poi il tessuto muscolare ed, infine, il tessuto adiposo.
Come prima accennato, in un mondo perfetto, tutto il glucosio verrebbe preso da cervello, fegato, reni, eritrociti e tessuto muscolare scheletrico lasciandone quasi nulla per il tessuto adiposo e non creando alcun problema…. e ciò è vero quando attività fisica e dieta permettono un buon equilibrio tra consumo e stoccaggio dei nutrienti.
Il danno accade, però, quando il muscolo è saturo di glucosio.
Avevo accennato alle proteine trasportatrici Glut-4, adesso le rivediamo; queste proteine vengono tenute nascoste all’interno della membrana cellulare (si dice che sono “inattive”). In risposta all’Insulina e/o ad un aumento del rapporto AMP/ADP:ATP (ne parlerò in seguito, promesso…) queste proteine “vengono fuori” e si preparano ad accompagnare il glucosio all’interno della cellula.
Il problema sta nel “feedback negativo” delle Glut-4 ….. quando il livello di un ormone è troppo elevato, i suoi recettori (le “antenne” che ricevono il “segnale radio” dell’ormone…) si “nascondono” in maniera tale da bilanciare “segnale” con “messaggio” da mandare alla cellula -immaginate un centralino: quando vi son troppi messaggi da recapitare il tutto si intasa e rallenta, per ovviare a ciò si chiudono un paio di linee ed i messaggi tornano ad esser recapitati in modo ordinato ed efficiente-
Questo accade con le Glut-4 (tutto dipende dall’AMPK, ma lo vedrete nel prossimo capitolo…); troppa Insulina in circolo porta queste proteine di trasporto a “nascondersi” nuovamente all’interno della cellula….ed accade il disastro.
Il Glucosio e le sue Escorts…
…Abbiamo varie proteine di trasporto deputate ad “escort” del glucosio:
GLUT-1, maggiormente espresse negli eritrociti e nella barriera emato-encefalica: il loro livello aumenta al diminuire del glucosio ematico (che si trova nel sangue), hanno alta capacità di trasporto e bassa affinità e ciò permette loro di captare molto glucosio anche quando la disponibilità è molto bassa. Sono “insulino-indipendenti”.
GLUT-2, trasportatori “bi-direzionali”: sono espresse nelle membrane delle cellule epatiche (fegato), beta-pancreatiche, renali ed intestinali.
Possiedono alta capacità e bassa affinità e ciò permette loro di lavorare anche in carenza di glucosio e dare la priorità a quei tessuti che ne hanno maggiormente bisogno (vedi Glut-1).
Il trasporto bidirezionale è importante soprattutto nel fegato dove serve che il glucosio venga preso per la glicolisi e “buttato fuori” quando si attiva la gluconeogenesi (al fine di mantenere stabile la glicemia).
Nelle cellule beta-pancreatiche, come potete ben immaginare, un “trasporto libero” del glucosio è indispensabile al fine di poter “percepire” il livello di glucosio nel sangue ed espellere abbastanza insulina o Glucagone per mantenere la glicemia nei parametri vitali.
Nell’intestino, le GLUT-2 hanno stessa affinità per il glucosio, il fruttosio ed il galattosio.
GLUT-3, espresse nei neuroni: hanno alta affinità e ciò permette loro di trasportare il glucosio anche quando la sua concentrazione è molto bassa. Il sistema nervoso ha alta priorità…o entrereste in coma con una dieta very-low-carbs…
GLUT-4, eccoci arrivati a noi: queste sono le proteine trasportatrici espresse nel tessuto adiposo, muscolare scheletrico e muscolare cardiaco. Sono le uniche che lavorano solo in risposta all’insulina.
Senza insulina nessuna di queste “escort” fa il suo lavoro.
Immagino la domanda: “ cosa e come si decide dove deve andare il glucosio?”.
La risposta è semplice:
“La Priorità sta alla Vita come l’ Evasione-Fiscale all’Italia”…..
-La glicemia deve Sempre essere tenuta a LIVELLI VITALI (60-70mg / 100ml), leggere oscillazioni son ben sopportate, ma bruschi cali e bruschi picchi possono portare al coma ed alla morte e si riscontrano, fortunatamente, solo in patologie diabetiche e di alterata tolleranza al glucosio.-
La priorità è facile intuirla: andate a rivedere le varie proteine “escort”, quelle che NON dipendono dall’insulina sono espresse nei tessuti che hanno la più alta urgenza di rifornimenti.
Immagino, adesso, vi starete chiedendo perché il muscolo cardiaco, tessuto VITALE, abbia espresse le GLUT-4, proteine totalmente dipendenti dall’insulina…..
La risposta avrebbe bisogno di un capitolo a parte, ma ve la do comunque: il cuore non è totalmente dipendente dal glucosio per vivere (battere), le sue cellule muscolari possono anche utilizzare l’energia dei “corpi chetonici” (chetoacidi prodotti dall’ossidazione di grassi in assenza di glucosio) e degli “acidi grassi a catena corta”.
Tolto questo dubbio ne sorge un secondo:
“Tra i tessuti che esprimono le GLUT-4, quale ha la priorità?”
e:
“Perché diavolo quello che mangio deve andare in grasso?”
La risposta è una….ed una soltanto…..
….dipende tutto dall’AMPK.
AMPK, The Good and the Bad-Ass of
“AMP-activated proetein kinase”, per gli amici: AMPK, è un composto enzimatico deputato al controllo dello stato energetico dell’organismo.
Lo si trova espresso nel fegato, nel cervello, nel muscolo scheletrico e nell’adipe.
Questo tizio viene attivato quando il rapporto AMP/ADP:ATP va aumentando ( indice di carenza energetica ).
L’attivazione dell’AMPK comporta:
1)Per ciò che riguarda i Carboidrati: Entrata del glucosio nelle cellule, ossidazione del glucosio, inibizione nella sintesi di glicogeno.
2)Per ciò che concerne i Grassi: nel fegato l’AMPK diminuisce la sintesi di acidi grassi e colesterolo.
A livello del muscolo scheletrico aumenta l’ossidazione degli acidi grassi stimolando la biogenesi mitocondriale (questo è un adattamento riscontrato negli atleti di resistenza.).
Nel tessuto adiposo, l’attivazione dell’AMPK, inibisce sia la sintesi che l’ossidazione degli acidi grassi ( bloccando l’ HSL, Hormone Sensitive Lipase.), e ciò non è un bene per chi vuole mobilizzare grasso….
Sembra proprio un quadro idilliaco: creiamo uno stato di leggero deficit energetico ( mangiamo un po’ meno carboidrati e grassi ed aumentiamo l’attività fisica a basso impatto ) ed il gioco è fatto, il grasso è sciolto!!!
Però….-odio i “però”, ti fottono sempre!- andiamo a vedere l’effetto dell’AMPK sulla sintesi proteica….-si, quella “cosa-anabolica” che interessa molti atleti di forza-
L’aumento dell’AMPK inibisce l’ mTOR (“mammalian Target of Rapamycin”), sito “bersaglio” che, quando attivato da ormoni e nutrienti, aumenta la sintesi di nuove proteine.
L’aumento dell’AMPK, indice di un deficit energetico, comporta che tutto il sistema vada in allarme e, logicamente, le “reazioni biochimiche” troppo dispendiose (come la sintesi di nuove proteine) vengono rallentate e fermate….la priorità sta nel ristabilire l’equilibrio energetico!
Altro “Strano” effetto dell’aumento dell’AMPK lo notiamo a livello dell’ipotalamo (zone ancestrale del cervello, deputata al controllo del metabolismo).
Quando il livello ipotalamico di questo composto enzimatico aumenta, si nota un aumento del senso di fame; ciò è regolato da 2 ormoni: leptina e grelina.
La prima, la Leptina, l’ho trattata a lungo in un mio vecchio articolo che trovate sul mio blog ; è deputata al controllo dell’appetito e dello stato nutrizionale dell’organismo, controlla costantemente le riserve di grasso e la quantità di glucosio disponibile.
La Grelina è un ormone gastrico (prodotto dallo stomaco) che viene rilasciato in momenti di carenza di cibo e ciò contribuisce al senso di fame che proviamo dopo lunghe ore di digiuno.
Questi 2 ormoni hanno azione contrapposta per ciò che concerne il livello ipotalamico di AMPK:
La Leptina aumenta l’AMPK a livello periferico ( fegato, muscolo, adipe ) stimolando l’ossidazione di nutrienti al fine di colmare il deficit energetico e ne diminuisce il livello ipotalamico portando a scemare il senso di fame.
La Grelina, di contro, aumenta il livello ipotalamico di AMPK comportando un forte aumento dell’appetito.
Molto semplicemente, mangiate poco ed avrete fame, mangiate a sazietà e, indovinate…sarete sazi…
Ho voluto sottolineare questo contrapposto “modus operandi” della Leptina sull’AMPK per farvi capire che importanza abbia controllare questo “Badass-Enzimatico” quando si ricerca il successo di una dieta dimagrante e/o il mantenimento dello stato fitness raggiunto.
Antonio Rubbino,
Personal Fitness Trainer I.S.S.A. Italia,
CrossFit Level 1 Trainer (CF-L1),
Fitness and Wellness Consultant,