Nuoto e mal di schiena, falsi miti?
“Hai mal di schiena??? Iscriviti in piscina che tutto passa…”
Si è continuamente associata l’attività natatoria come toccasana per ogni patologia inerente alla schiena. Non sempre questo risulta essere vero. Come in ogni situazione occorre adottare determinate precauzioni e accorgimenti. Capire se veramente il nuoto può essere utile, se invece addirittura può essere deleterio, oppure se abbiamo strumenti migliori.
Un ottimo Personal Trainer, deve saper leggere lo stato di forma fisica iniziale del cliente che si trova davanti, deve ovviamente possedere una conoscenza approfondita delle patologie e saper dosare il lavoro seguendo un iter ben preciso e progressivo.
Nella mia attività quotidiana ho personalmente seguito numerosi casi, impostando in quelli idonei, un primo periodo di recupero con il lavoro in piscina. Un soggetto sedentario, con algie ha generalmente benefici semplicemente riprendo a muoversi. Più il lavoro sarà graduale e individualizzato, più la nostra probabilità di successo sarà elevata. L’acqua, il nuoto possono essere degli ottimi strumenti, ma ovviamente non vanno generalizzati, “hai mal di schiena vai a fare nuoto“, nel tempo rischia di fare più danni che benefici.
Lavoro in acqua non nuoto.
Voglio specificarlo, nei primi periodi di rieducazione funzionale, non ho mai lavorato con il cliente costringendolo a nuotare come se non ci fosse un domani…
Prendiamo come esempio le disfunzioni più comuni come ernie, algie, scoliosi, lordosi e cifosi. Dopo aver testato ed esaminato le condizioni iniziali del soggetto, sia fuori che in acqua, il lavoro inizia con la riproduzione di semplici gesti quotidiani in piscina. In questo modo si ha un attivazione neuro-muscolare graduale, grazie alla legge d’Archimede. In acqua percepiamo il nostro peso circa un sesto di quello reale, alleggerendo cosi il carico alle articolazioni e stimolando costantemente i muscoli in tutte le fasi di contrazione. Questo crea nuovi stimoli, nuovi segnali alla mappatura posturale, creando ponti per poterla modificare.
In acqua dobbiamo riacquistare tono al livello del CORE; in progressione passeremo da una semplice camminata, camminare variando la lunghezza del passo, camminata a ginocchia alte, camminata verso contrario, camminata laterale… gli esercizi da proporre sono infiniti e vanno individualizzati sulla persona.
L’utilizzo di attrezzi tipici per l’acquafitness (tubi, manubri di gomma, tavolette…) possono essere un’ulteriore stimolo, per variare le afferente al SNC.
Un esempio: possiamo sollecitare i muscoli della schiena, eseguendo un rematore utilizzando una tavoletta come resistenza, qual ora gli adduttori della scapola siano risultati lunghi e deboli.
Una volta che si è raggiunta una determinata stabilità e tono muscolare, iniziamo, se il lavoro è idoneo alla persona, a lavorare nuotando.
Prima regola basilare, per salvaguardare il più possibile la schiena, evitare lo stile RANA e DELFINO (visto che coinvolgono molto la zona lombare).
Assicurandosi che il cliente abbia un minimo di infarinatura sulla tecnica natatoria… e che l’assistente bagnanti sia in vasca…
Iniziamo dal DORSO.
Si può provare con dorso completo, utilizzando la gambata e la bracciata, facendo porre la massima attenzione sulla stabilità del bacino, sulle gambe (devono essere in linea con il corpo) e sulla respirazione (FONDAMENTALE).
Uno dei difetti più comuni sono le gambe. Queste tendono a stare, nel 99% dei casi, molto in profondità andando cosi a sollecitare le articolazioni della schiena. Un esercizio che si può proporre è quello di focalizzarsi sulla gambata. In posizione supina, braccia lungo i fianchi, battere le gambe a stile libero. Se si ha difficoltà, utilizzare un tubo di gomma galleggiante (quello delle signore di acquagym) ponendolo dietro la schiena, zona lombare.
Proseguiamo con lo STILE LIBERO
Anche qui valgono tutte le regole del dorso ma un accorgimento va fatto per la respirazione. Essendo laterale, viene eseguita una piccola torsione del busto. Nel caso in cui al cliente comporti degli squilibri posturali (rilevabili in uno scompenso nella nuotata) o dolori nella zona di interesse è meglio porre delle modifiche.
Nel mio caso, faccio nuotare in apnea fino a quando è possibile poi il soggetto si ferma poggia i piedi al suolo e respira e si riparte. Dal punto di vista tecnico, nuotare in apnea consente un ottimo risultato, non andando a gravare l’allineamento posturale.
Consigliate due sedute settimanali, da sviluppare parallelamente a ginnastica posturale e attività di allungamento delle catene cinetiche. Successivamente è possibile aggiungere esercizi di maggiore difficoltà anche fuori dall’acqua per riabituare i paraspinali a sopportare il peso della gravità.
Cosi facendo, se il lavoro è stato tarato correttamente sulla persona, avremo miglioramenti sul ROM, core stability e riduzione dei dolori dovuti.
Articolo del Dr Leonardo Castellani