Supercompensazione: cos’è e a cosa serve
Capire cos’è il modello della supercompensazione, può esserti utile per il tuo allenamento in palestra e soprattutto come intrecciarlo con i giusti tempi di recupero.
Partiamo dalla teoria per capire come allenarti in modo efficace nella pratica.
Cos’è la supercompensazione?
La supercompensazione è un modello teorico per cercare di spiegare in modo semplice come avviene l’aumento della performance del nostro organismo (o il suo decremento) in seguito all’applicazione di stressor, come l’allenamento.
Questo modello parte dal presupposto che un soggetto abbia una determinata “resistenza all’allenamento”, che corrisponde alla sua capacità di erogare un determinato tipo di prestazione.
Se il tuo allenamento sarà in grado di andare oltre le tue capacità di generare una prestazione e quindi “romperà” lo status quo, allora si avrà un adattamento. Prima che ciò avvenga però, come mostrato in figura, il tuo corpo subirà un calo delle prestazioni dovuto al fatto appunto che se andato oltre la tua capacità di performance e hai rotto gli equilibri.
L’organismo risponderà quindi ad uno stimolo di un certo tipo supercompensando, ovvero rendendo il sistema capace di sopportare lo stimolo precedente e anche uno stimolo più consistente.
Questo meccanismo ha delle tempistiche ben precise, infatti se noi ripetiamo lo stesso identico stimolo il giorno successivo, ad esempio, il corpo non avrà avuto tempo di supercompensare e la nostra prestazione nel tempo calerà drasticamente.
Al contrario, se aspettiamo troppo tempo a somministrare lo stesso stimolo (periodo di inattività) il corpo perderà la capacità di erogare un determinato tipo di prestazione.
Ricapitolando il discorso in pochi punti:
- Il tuo organismo ha un determinato livello di resistenza ad una prestazione ed è in equilibrio.
- L’allenamento introduce uno stressor che fa uscire il tuo organismo da quell’equilibrio: ne va da sé che l’allenamento deve essere di una certa entità chiaramente se vuoi rompere veramente quell’equilibrio. Dopo questo stressor, segue una fase in cui l’organismo cala la sua capacità di erogare una prestazione (danno ai muscoli, deplezione glicogeno muscolare…).
- Una volta che hai rotto l’equilibrio, c’è una fase di compensazione in cui l’organismo riporta le tue condizioni al livello di quelle precedente l’allenamento ma non solo, avviene la supercompensazione! Ovvero il corpo crea le condizioni più favorevoli in modo che sia in grado di sopportare lo stimolo precedentemente dato in modo migliore. Quindi aumenta la sua capacità di esprimere una prestazione.
A cosa serve la supercompensazione?
La supercompensazione serve per spiegare come avviene il miglioramento delle nostre prestazioni.
Attenzione però perché è una mera semplificazione della realtà: infatti quando ci alleniamo in realtà andiamo a rompere l’equilibrio di più metabolismi, di più “strutture” e in generale di più variabili, le quali hanno tutte tempi di recupero diversi tra loro.
Prova a pensare, ad esempio, ad un allenamento a singole pesanti (quindi con un carico veramente pesante) paragonandolo ad un allenamento completamente diverso, quindi con un alto numero di ripetizioni, magari portate vicino a cedimento o a cedimento. Il primo andrà ad intaccare di più il sistema nervoso, che avrà i suoi tempi di recupero, il secondo più il sistema muscolare e metabolico, che avrà anch’esso i suoi tempi di recupero o meglio di adattamento.
La supercompensazione non tiene conto di ogni singola variabile e infatti è stata introdotta poi la dual factor theory (negli anni ’70-’80) in cui la curva della supercompensazione è in realtà la somma di due curve che rappresentano due fenomeni differenti:
- La fatica.
- La forma fisica.
La somma di queste due curve ne genera un’altra, ovvero quello della preparazione, della capacità di generare una prestazione (che nel caso del grafico è migliorata rispetto alla precedente).
A seguito di un allenamento immediatamente si innescano questi due fenomeni ma la fatica si innesta subito mentre la forma fisica ha tempi più lunghi.
Questa formulazione a doppio fattore quindi ci suggerisce che la forma fisica (il miglioramento della performance) esista fin da subito ma è “coperta” dalla fatica.
Sarà quindi compito dell’allenatore programmare le sedute in modo corretto, per far si che alla successiva richiesta di prestazione la fatica se ne sarà andata e il corpo sia in grado di generare una prestazione migliore di quella precedente.
Chiaramente nel tempo si è capito che questi sono solo modelli che cercando di spiegare una realtà molto più complessa.