Vitamina D per l’allenamento
La carenza di vitamina D è molto diffusa, da una parte perché oggi l’esposizione al sole è generalmente limitata, dall’altra poiché è poco concentrata negli alimenti assunti nella dieta. E’ importante evitare la carenza di vitamina D? Che relazione c’è con la prestazione sportiva, la palestra e il bodybuilding? E’ necessario integrarla?
Vitamina D: cos’è e a cosa serve?
La vitamina D, o vitamina antirachitica, è una vitamina di natura steroidea e liposolubile (come anche le vitamine A, E, K), caratteristica che la rende accumulabile nell’organismo a differenza di quelle idrosolubili (gruppo B, C,…).
La vitamina D viene prodotta a partire dal colesterolo (7-deidrocolestorolo o previtamina D3) e grazie all’esposizione alla luce solare viene convertita a livello della cute in vitamina D3 (colecalciferolo, la forma liposolubile “di deposito”).
In seguito, l’idrossilazione in posizione 25 e 1 che avviene nel fegato e nei reni (quest’ultimo passaggio è indotto dall’azione del paratormone a livello del rene) porta alla formazione della molecola attiva dal punto di vista ormonale: 1,25 OH2 Vitamina D.
La latitudine, la superficie cutanea esposta al sole, il tempo di esposizione e il contenuto di melanina della cute sono tra i fattori che ne influenzano la sintesi.
Le condizioni sfavorevoli (stagione fredda, Paesi prossimi ai poli, poco tempo all’aperto) sono responsabili dell’alta percentuale di livelli insufficienti riscontrati nei soggetti in età evolutiva oltre che avanzata.
Benefici e proprietà della vitamina D
Tradizionalmente, la vitamina D è associata al benessere dell’osso: essa favorisce non solo l’assorbimento intestinale di calcio, ma modula l’omeostasi del tessuto osseo stesso.
Livelli di vitamina D sierica bassi (indicativamente inferiori ai 30 ng/mL) determinano un’elevazione secondaria del paratormone avente lo scopo di mantenere l’omeostasi ematica del fosforo e del calcio (che per la fisiologia umana ha l’assoluta priorità). Ne risulta quindi un’aumentata mobilizzazione di calcio dall’osso e di conseguenza un’aumentata fragilità ossea.
Questa serie di eventi è potenzialmente in grado, ad esempio, di aumentare in un atleta il rischio di fratture da stress. È tuttavia noto ormai da tempo che la proprio questa vitamina è fondamentale anche per molti altri aspetti.
La presenza di recettori per la vitamina D è stata dimostrata in diversi altri tipi cellulari tra cui i macrofagi, i cheratinociti e altri a livello delle cellule di prostata, colon e mammella. Questi meccanismi sembrerebbero fortemente implicati nella regolazione della proliferazione cellulare, potenzialmente giocando un ruolo protettivo nei confronti di diverse patologie:
- psoriasi,
- neoplasie in particolare di prostata, colon, mammella.
Altri effetti documentati riguardano la modulazione del sistema immunitario, con particolare riguardo nei confronti delle patologie autoimmuni, infettive, cardiovascolari, respiratorie, neurologiche, ecc.
Una piccola chicca: in passato i malati di tubercolosi venivano portati nei cosiddetti “sanatori”, ovvero stabilimenti in località generalmente abbastanza isolate. Questo aveva un duplice scopo: sia isolare, per quanto possibile, gli infetti sia favorirne la guarigione attraverso l’esposizione “all’aria buona”. In realtà non era l’aria di montagna a determinare questo favorevole effetto, ma proprio l’aumentata esposizione alla luce solare: veniva aumentata la sintesi di vitamina D che a sua volta induceva la produzione da parte del sistema immunitario di una molecola, la catelicidina, estremamente efficace contro il M. Tubercolosis.
In quali alimenti si trova la vitamina D?
Quali sono le fonti di vitamina D? I principali determinanti dei livelli di vitamina D sono due:
- esposizione solare,
- apporto dietetico.
L’esposizione solare era una volta una necessità difficilmente eludibile, mentre oggi le nostre abitudini di vita sono cambiate, la vita all’aria aperta è più un aspetto voluttuario che una necessità ed è gradito (o possibile) solo ad una parte della popolazione, anche giovane (pensate agli studenti rinchiusi in casa per le sessioni estive). Inoltre, il sole che più attiva questa vitamina è quello che il dermatologo caldamente consiglia di evitare: a spanne quello dalle 12.00 alle 15.00 da maggio a settembre. E, come se non bastasse, siamo perennemente ricoperti di crema protettiva.
La vitamina D è inoltre presente nei cibi in limitate quantità. La maggiore fonte è costituita dai grassi animali contenuti soprattutto nel fegato, nei pesci grassi (ad esempio il salmone) e nell’olio di pesce. Alimenti meno ricchi sono le uova, il burro e il latte. Negli USA e nel Nord Europa tale problema viene in parte ovviato dall’addizione di questa vitamina nei prodotti lattiero-caseari. Ciò non avviene, invece, in Italia.
Alimento (100 g) | Vitamina D (ug) |
---|---|
Olio di fegato di merluzzo | 250 |
Aringa | 30 |
Tonno | 16.3 |
Pesce spada | 11 |
Acciughe | 11 |
Carpa | 10.6 |
Trota | 10.6 |
Palombo | 9.1 |
Salmone | 8 |
Storione | 8 |
Vongole | 4 |
Funghi porcini | 3.2 |
Uovo di gallina | 1.7 |
Banca Dati di Composizione degli Alimenti per Studi Epidemiologici in Italia, Istituto Europeo di Oncologia (IEO)
Carenza di vitamina D: quando assumerla?
In Italia la prevalenza di ipovitaminosi D (la carenza di vitamina D) è molto più pesante di quello che si potrebbe immaginare. Uno studio risalente al 2003 ha dimostrato che quasi il 90% delle donne italiane sopra i 70 anni mostra livelli bassissimi della vitamina di cui parliamo oggi.
E per quanto riguarda il giovane sano? Uno studio del 2009 ha messo in luce come circa il 65 % dei soggetti sani dimostri un’ipovitaminosi D. Particolarmente a rischio è inoltre chi presenta una carnagione scura (e quindi più “resistente” all’attivazione da parte degli UVB).
In anni recenti, diversi studi hanno evidenziato correlazioni significative tra bassi livelli di vitamina D e aumento del rischio per il declino conoscitivo e di malattie cardiovascolari (leggi: carenza di vitamina D e salute cardiovascolare). Ad esempio, i livelli sierici di 25-OHD inferiori a 75 mmol/L in gruppo di adulti anziani, cognitivamente normali, erano predittivi per il declino cognitivo nei successivi 4 anni indipendentemente da altri fattori.
In realtà, oggigiorno non c’è alcuna necessità di mangiare tonnellate di salmone o abbrustolirsi vivi sotto il sole cocente per garantirsi dei livelli ottimali di vitamina D: sono disponibili dei supplementi, sotto ricetta medica, in grado di compensare eventuali carenze.
Senza dilungarsi troppo in considerazioni farmacologiche, va sottolineato come in commercio si trovino varie forme:
- da una parte abbiamo i precursori ormonali che trovano appunto indicazione nella supplementazione in soggetti ipovitaminosici,
- dall’altra troviamo il vero e proprio ormone attivo (1,25 OH2 vitamina D), il quale rappresenta invece un farmaco molto delicato, non indicato per la correzione dell’ipovitaminosi bensì per supplire ad un deficit di attivazione (ad esempio nel caso di un’insufficienza renale cronica), e da assumere sotto stretto monitoraggio medico.
Attualmente, nei vari consensus internazionali, non c’è un vero accordo sul razionale di una misurazione a tappeto dei livelli di 25 OH VitD nel sangue.
Tuttavia si tratta di un dosaggio banale (e del costo di pochi euro). Un ragionevole punto di partenza potrebbe essere, ad esempio, chiedere al tuo Medico di Medicina Generale di aggiungere anche il dosaggio della 25 OH Vitamina D al prossimo controllo degli ematochimici che ti capiterà di fare. Se dovessi risultare carente, saprà senz’altro indicarti la strategia migliore per ottimizzarne i livelli (un intervento davvero banale).
Dose giornaliera di vitamina D: fabbisogno giornaliero
La concentrazione sierica di vitamina D è dipendente sia dalla quantità prodotta dalla cute grazie ai raggi solare che da quella introdotta con la dieta; la sua emivita è di circa 15 giorni.
Il fabbisogno giornaliero di vitamina D nell’uomo è di circa 500 unità internazionali (UI); 1 UI corrisponde a 0.025 microgrammi (ug) di ergocalciferolo. In Italia l’alimentazione fornisce mediamente 300 UI/die. Quando l’esposizione al sole è carente o assente si consiglia (linee guida) d’integrare 1.200-2000 UI/die.
Gli stati carenziali si verificano in casi particolari e provocano l’insorgenza del rachitismo nei bambini e di osteomalacia negli adulti.
Vitamina D per la palestra e il bodybuilding
L’1,25 OH2 VitD stimola la produzione di proteine muscolari e non solo: è in grado attivare alcuni meccanismi essenziali per la contrazione muscolare. La carenza di vitamina D, soprattutto se protratta nel tempo, può portare a quadri di vera e propria disabilità. Il corrispettivo istologico è costituito da un’atrofia delle fibre muscolari di tipo II, con un aumento degli spazi tra le fibrille muscolari e la sostituzione del tessuto muscolare con cellule adipose e tessuto fibroso. Questi effetti sono tuttavia reversibili se la carenza viene corretta tramite un’adeguata supplementazione.
Il collegamento tra vitamina D e performance è noto da molti decenni. La variabilità stagionale delle performance atletiche fu riportata sin dal 1950, con un picco di performance riportato durante l’estate inoltrata, ed un nadir delle stesse durante l’inverno. A quanto pare sarebbe inoltre dimostrabile una correlazione diretta tra le variazioni stagionali di performance atletica e le fluttuazioni stagionali della nostra vitamina.
Addirittura, l’esposizione ad UVB è stata a lungo ritenuta aumentare le performance atletiche: già nel 1938 alcuni ricercatori russi rilevarono un aumento delle performance negli atleti irradiati (100 metri piani). Se sei interessato, nella bibliografia trovi tutta una serie di riferimenti a studi in merito.
Controindicazioni ed effetti collaterali della vitamina D
I rischi correlati alla vitamina D sono più inerenti alla sua carenza che ad un suo sovradosaggio: il rischio di tossicità dovuta al sovradosaggio è assolutamente remoto per il fatto che viene somministrato il pre-ormone liposolubile (ovvero la vitamina D3, forma non idrossilata), il quale viene immagazzinato nel tessuto adiposo ed attivato dall’organismo in base alle necessità dello stesso. Questi presidi sono in ogni caso da considerarsi dei farmaci, per cui il fai-da-te è sconsigliabile: non tutte le “vitamine D” o i multivitaminici sono uguali.
In caso di stati patologici da iperdosaggio (ipervitaminosi) si osserva ipercalcemia secondaria a eccessiva mobilizzazione del calcio dalla matrice inorganica dell’osso.
Conclusioni pratiche: serve veramente?
Come regola valida per tutti i micronutrienti (vitamine e minerali), la vitamina D va apportata con il corretto dosaggio per stare in salute: sia l’ipovitaminosi che l’ipervitaminosi (anche se più difficile da raggiungere) non sono ideali per il mantenimento dell’omeostasi dell’organismo.
Con la sola alimentazione è difficile raggiungere il fabbisogno giornaliero e, nel caso di bassa esposizione alla luce del sole, la supplementazione diventa necessaria: in caso di carenza è così opportuno integrarla in seguito a consiglio medico. Infatti, un suo deficit comporta problematiche a livello osseo, cognitivo e immunitario a tutte le età ed è molto diffusa a causa dello stile di vita dell’uomo di oggi che è mediamente poco esposto ai raggi solari.
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Note sul co-autore: Angelo Fassio: atleta della Domenica e Medico in formazione specialistica (Reumatologia e Malattie del Metabolismo Osseo).