Flessibilità metabolica: perchè è fondamentale per essere magri
È il metabolismo che controlla te o sei tu che controlli il metabolismo? Oltre alla componente genetica che comunque è sempre presente per forza di cose, sei tu ad influenzare il metabolismo: come mangi? A quale macronutriente dai più spazio nella dieta? Ti muovi? Che tipo di allenamento fai?
Un metabolismo che funziona bene (in gergo altamente tecnico-scientifico: super-metabolismo o metabolismo veloce) è sinonimo di flessibilità metabolica e anche di salute.
Dato che i parametri per migliorare la flessibilità metabolica ci sono, non resta che scoprire quali sono e come intervenire a livello pratico per dare una botta di vita e più funzionalità anche alle vie metaboliche più arrugginite.
Definizione di flessibilità metabolica: che cos’è?
La flessibilità metabolica è la capacità di adattare in modo efficiente il metabolismo a seconda della disponibilità e del fabbisogno di determinati substrati energetici. È una condizione essenziale per mantenere il corpo in equilibrio in ogni situazione: quando sei in eccesso o restrizione energetica, quando c’è una minore o una maggiore richiesta di energia, come durante l’esercizio fisico!
Fegato, tessuto adiposo e muscolo sono i tre protagonisti che regolano la flessibilità metabolica: sono tutti e tre coinvolti nella gestione dei nutrienti, nel loro stoccaggio, nel rilasciarli quando c’è necessità in risposta a segnali endocrini.
Da un punto di vista molecolare, la flessibilità metabolica consiste in numerose vie metaboliche, regolate finemente da altrettanti enzimi e co-enzimi.
La flessibilità è regolata da questi meccanismi interni, ma è anche influenzata da stimoli esterni, che sono, quindi, quelli su cui puoi direttamente intervenire:
- Distribuzione dei macronutrienti nella dieta
- Esercizio fisico
- Uso di farmaci: in caso di necessità e consiglio medico
Che cos’è l’inflessibilità metabolica?
Al contrario della precedente, come facilmente intuibile, l’inflessibilità metabolica non è indice di un metabolismo efficace.
L’apporto di alimenti trasformati e ad alta densità calorica e la sedentarietà sono ormai all’ordine del giorno (una insalubre ma attuale normalità) e favoriscono l’inflessibilità metabolica. Questa a sua volta è associata a molte condizioni patologiche come la sindrome metabolica, il diabete di tipo 2 e anche il cancro.
E pensare che tante malattie del sistema cardiovascolare (es. ipertensione), endocrino (es. PCOS), metabolico (es. diabete, obesità, dislipidemie), muscolo-scheletrico (es. sarcopenia, osteoporosi), quando non causate da alterazioni genetiche, hanno come primo intervento per migliorare lo stato patologico una cosa molto semplice, quasi banale ed erroneamente trascurata: il cambiamento dello stile di vita – dieta sana e bilanciata, vita attiva.
Così, oltre alla prevenzione (inutile piangersi addosso a danno fatto), la prima scelta deve essere cambiare: fumi, bevi alcol, sei seduto tutto il giorno, mangi cibo spazzatura ad ogni pasto, dormi 2 ore a notte,… Sono tutte situazioni reversibili, se vuoi che lo siano.
- In pratica, limita i cibi processati e ad alta densità calorica (biscotti, merendine, formaggi, prodotti in scatola, salsicce, hamburger, cioccolato,…) e cerca di avere una vita attiva!
Switch metabolico: che cos’è?
Lo switch metabolico (interruttore metabolico) fa subito pensare ad una sorta di meccanismo che in modo repentino e istantaneo permette di passare dal metabolismo glucidico a quello lipidico e viceversa, come se nell’organismo fosse presente un pulsante on/off che decide in quel momento se usare solo il glucosio o esclusivamente gli acidi grassi.
Non è proprio così: il passaggio avviene gradualmente, non c’è mai l’utilizzo esclusivo di un solo macronutriente! A fornire l’energia necessaria è sempre una miscela energetica in cui sono presenti più substrati: miscela in cui a volte la frazione maggiore è costituita dai carboidrati e una minore dai grassi o viceversa.
C’è infatti una preferenza per il substrato energetico utilizzabile in quel momento: sei a riposo? Stai facendo un circuito ad alta intensità? Un 3×8 con 20 kg? I 1000 m? Una passeggiata rilassante? L’ottimizzazione delle risorse “va di moda” per il funzionamento degli esseri viventi da sempre: il nutriente giusto in quantità sufficiente per l’esigenza presente.
E chi decide se bruciare più lipidi o più glucidi?
L’insulina! Infatti, quando è ad alte concentrazioni favorisce il consumo dei carboidrati, quando a basse, invece, quello dei grassi. Quando hai appena mangiato un bel piatto di pasta, in risposta all’innalzamento della glicemia (zuccheri nel sangue), l’insulina si alza e limita la lipolisi favorendo lo sfruttamento dei glucidi. Al contrario, quando sei lontano da un pasto e la glicemia torna a livelli basali è più favorito l’utilizzo degli acidi grassi.
Per eventuali dubbi sull’insulina e convinzioni come “l’insulina mi fa ingrassare”, puoi leggere questo articolo.
Flessibilità metabolica: come fare per ritrovarla
Per essere dei buoni ossidatori ed accelerare il metabolismo, devi adottare tutte quelle strategie che insegnano all’organismo ad utilizzare in modo preferenziale un solo macronutriente: o grassi o zuccheri.
Flessibilità metabolica ed attività fisica
Allenamenti molto intensi portano l’organismo a consumare esclusivamente gli zuccheri. Attività come l’HIIT, sedute coi pesi metaboliche e tutte quelle attività che non hanno il tempo di utilizzare l’ossigeno per ossidare i grassi, aiutano l’organismo a ritrovare l’affinità con gli zuccheri. La chiave di volta è l’intensità e la persona deve essere preparata fisicamente.
Allo stesso modo è anche vero però che allenamenti molto blandi fatti quando le riserve di glicogeno epatico sono quasi esaurite, aiutano il muscolo ad aumentare la sua capacità d’ossidare meglio i grassi. Prende così un senso la corsa o la camminata in salita a digiuno mentre segui una dieta low-carb o chetogenica. L’obiettivo è aumentare l’ossidazione lipidica per un periodo di tempo rilevante (almeno 30′).
L’attività a basso impatto prende sempre di più un senso quanto più le riserve di glicogeno epatico sono basse, questo perché l’organismo inizia a preservare il glucosio ed aumenta il metabolismo lipidico. In soggetti con una inflessibilità metabolica (col metabolismo bloccato), l’attività fisica moderata rischia di continuare ad usare un mix di grassi e carboidrati.
Flessibilità metabolica e dieta
Per l’alimentazione gli approcci sono simili all’allenamento: o preferisci una dieta che stimoli il consumo di zuccheri oppure una che migliori quello dei grassi. Nel momento in cui il corpo riesce a sfruttare bene uno dei due metabolismi, anche la strada per sbloccare l’altro è in discesa.
Gli approcci possono essere quello di una dieta low-fat come nel natural peaking, in cui gradualmente vengono abbassati i grassi a favore dei glucidi. Va comunque ricordato che i carboidrati migliorano la sensibilità insulinica e che la peggiorano solo in un contesto ipercalorico. Più grasso hai, più sei poco affine ai carboidrati.
Se vuoi utilizzare questo approccio la gradualità è la chiave: ogni settimana fai uno shift di 40-70 kcal tra grassi e carboidrati.
La strada opposta è quella di seguire una dieta low-carb o addirittura chetogenica: in questo modo migliori il metabolismo lipidico. È importante in questi casi programmare delle ricariche glucidiche, pena peggiorare l’affinità col glucosio.
Introdurre grassi a media catena, come quelli che trovi nell’olio di cocco, possono ulteriormente stimolare i mitocondri ad utilizzare i grassi. Anche il digiuno intermittente può essere un’ottima strategia per obbligare il corpo a sfruttare bene i lipidi.
Shift metabolico: insegnare al corpo a bruciare i grassi
Chi non ha una buona sensibilità insulinica tende a sfruttare di meno le riserve energetiche del tessuto adiposo, preferendo i carboidrati per ricavare energia, anche a riposo. In altre parole, più sei insulino-resistente e meno consumerai i lipidi. In altre parole ancora, vuol dire fare più fatica a perdere massa grassa rispetto a chi ha una buona sensibilità insulinica.
Come hai letto prima, puoi influenzare il tuo metabolismo tramite la modulazione dell’alimentazione e/o dell’allenamento: quindi, come insegnare al corpo a bruciare più grassi?
1 Restrizione energetica: il deficit di energia consente al corpo di depletare gradualmente le proprie scorte e quindi di dover, per forza di cose, attingere anche dagli adipociti.
2 Digiuno intermittente: per la stessa motivazione precedente.
3 Diete low-carb: premesso che una dieta a basso contenuto glucidico (es. chetogenica) non fa “dimagrire di più” di altre diete ugualmente ipocaloriche, resta comunque una valida strategia per insegnare all’organismo a sfruttare di più il metabolismo lipidico nel breve termine.
4 Allenamento: in generale l’esercizio fisico (ad alta intensità, anaerobico mirato alla crescita muscolare) è il miglior modo riconosciuto per contrastare efficacemente l’insulino-resistenza.
Questo, in pratica, in cosa può anche tradursi? Se un soggetto ha un po’ di chili da perdere, vuole migliorare la propria forma fisica ma è insulino-resistente… Quando si iscrive in palestra, anche se magari continua a mangiare come mangiava prima di allenarsi, migliora la sua sensibilità insulinica senza saperlo e impara a gestire meglio i nutrienti. E se poi inizierà anche a mangiare più sano, meglio!
Quindi, l’esercizio fisico costante è più utile nel lungo termine per questo aspetto piuttosto che per le sempre sopravvalutate calorie bruciate durante l’allenamento.
Migliorare l’affinità ai carboidrati
Il glucosio è per eccellenza il carboidrato che viene utilizzato dall’organismo. Ma non basta assumerlo con la dieta per poter ricavare energia: bisogna anche avere gli strumenti per poterlo utilizzare. Altrimenti, è come una grande industria (organismo) che ha molta materia prima (carboidrati dalla dieta) ma non ha abbastanza macchine ed operai (vie metaboliche efficienti) per arrivare al prodotto finito (energia), magari ottimizzando costi e tempi.
Per migliorare l’affinità con i carboidrati, bisogna andare ad agire sulle “macchine” e sugli “operai”, cioè sulle componenti cellulari e sugli enzimi deputati alla metabolizzazione del glucosio: se ce ne sono pochi questi non potranno essere utilizzati al meglio.
Dato che una cattiva affinità con i carboidrati è dovuta a situazioni come eccessivo grasso corporeo, poca massa muscolare, scarso esercizio fisico, dieta protratta a bassissimo contenuto glucidico, per migliorare bisogna creare le situazioni opposte:
- Diminuzione della massa grassa per chi è sovrappeso o anche per chi è normopeso ma ha grasso addominale: quindi, dieta ipocalorica
- Allenamento per favorire la crescita, o il mantenimento se c’è già una buona massa magra, muscolare
- Vita attiva
- Adeguato introito proteico
Parallelamente a questi fattori, la dieta può gradualmente prevedere un incremento della quota glucidica.
Conclusioni sulla flessibilità metabolica
Tutto quello scritto finora va applicato insieme ad un nutrizionista (bravo e aggiornato), per il semplice motivo che a seconda della propria condizione l’approccio deve essere mirato.
Alcuni soggetti nel momento in cui danno un ordine alla propria alimentazione rispondono immediatamente, altri invece devono sforzare il corpo a sfruttare correttamente i grassi (soffrendo inizialmente di emicranie, debolezza, …).
Quello che devi portarti a casa dall’articolo di oggi è che tutte le diete ipocaloriche portano a dimagrire e migliorare l’assetto metabolico. Tuttavia, se il metabolismo è bloccato e già assumi poche calorie, mettersi a fare una dieta in cui tagli ulteriormente potrebbe peggiorare ulteriormente la situazione erodendo la massa magra.
Bibliografia
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