Microbioma umano: cos’è e perché è così importante per la salute
Ognuno di voi avrà sentito nominare, almeno una volta, qualcosa come microbioma, flora intestinale, probiotici o prebiotici. Perché?
Perché negli ultimi anni la ricerca scientifica sta dedicando particolare attenzione a questi microrganismi, che colonizzano il nostro corpo dalla nascita e ci accompagnano per il resto della nostra vita.
Vediamo di dare, innanzitutto, una definizione di microbioma umano o meglio, più corretto, microbiota umano:
[…]con questo termine viene definito l’insieme dei microrganismi che in maniera fisiologica, o talvolta patologica, vivono in simbiosi con il corpo umano e di tutti i geni che essi sono in grado di esprimere.[…]
Esatto, stiamo parlando essenzialmente di microbi. Qualcuno starà storcendo il naso, poiché siamo abituati ad associare automaticamente la parola microbo a qualcosa di negativo e dannoso per la nostra salute. Da qui nasce la sempre più diffusa abitudine di far ricorso, al primo sintomo, ad antibiotici, o alle eccessive pratiche igieniche che ci portano a disinfettare ogni angolo della casa.
È evidente che si ignorano le conseguenze di pratiche simili, soprattutto se accostate ad errate abitudini nella dieta e più genericamente ad uno stile di vita poco salutare.
Non dobbiamo pensare al nostro corpo come un organismo a se stante, immaginiamolo piuttosto come un super-organismo, complesso, che funziona in modo ottimale quando si instaura un perfetto equilibrio tra i geni umani e i geni dei batteri che lo colonizzano. Dobbiamo sapere, tra l’altro, che nel nostro corpo approssimativamente il 99% del corredo genetico è di origine batterica.
Appurato questo, molti di voi avranno già dedotto ciò che sto per dire: quando parte di questi microrganismi viene distrutta, si alterano gli equilibri del super-organismo e queste alterazioni possono permanere per mesi, se non anni, con tutte le conseguenze del caso.
Microbioma umano, obesità ed umore
Negli ultimi anni sono state condotte diverse ricerche e le scoperte emerse fin ora sono a dir poco sensazionali. Ad esempio oggi sappiamo che i batteri della flora intestinale forniscono geni fondamentali per la produzione di numerosi enzimi coinvolti nell’assimilazione dei nutrienti.
Detto in parole semplici, si è visto che sono questi enzimi forniti dai batteri a determinare quante delle calorie introdotte con la dieta saranno assimilate e quante saranno eliminate con le feci.
Tra l’altro, alcuni studi condotti sui topi, hanno evidenziato una forte correlazione tra la dieta seguita da un soggetto e la flora batterica presente nel suo intestino. Nei soggetti obesi si è osservata infatti la proliferazione di una tipologia di batteri, noti come Firmicuti, che aumentano notevolmente l’assorbimento intestinale di nutrienti diminuendo drasticamente le calorie espulse con le feci.
Viene da sé che spesso e volentieri, nel trattamento dell’obesità, non bisognerebbe limitarsi a diminuire l’introito calorico (mangiare meno), ma bisognerebbe al contempo modificare il microbioma del soggetto cercando di favorire l’instaurarsi di una popolazione di microbi in grado di accumulare un quantitativo minore delle calorie introdotte con la dieta.
Uno studio condotto in America ha dimostrato che trapiantando la flora batterica di un umano obeso in topi da laboratorio, questi hanno visto aumentare gradualmente il loro peso corporeo fino a diventare, come l’umano donatore, ovvero obesi.
Lo stesso esperimento è stato condotto per verificare le interazioni microbioma-umore. In questo caso è stata trapiantata, in topi normali, la flora intestinale di topi sottoposti a stress.
Il risultato? Anche i topi normali hanno mostrato segni di ansia.
Alla luce di questi risultati sono in corso numerosi studi che hanno l’obbiettivo di capire e stabilire con precisione quale tipo di correlazione possa esserci tra un’alterazione qualitativa del microbioma e numerose patologie.
Flora intestinale i fattori che la influenzano
Dunque, arrivati a questo punto dovrebbe essere chiara l’importanza del nostro microbioma e quanto possa essere dannosa una sua alterazione qualitativa. Quindi, come dobbiamo comportarci? Quali fattori contribuiscono a modificare (in meglio o in peggio) la flora intestinale?
Bene, i fattori sono numerosi.
1. Il parto
Tutto inizia dal parto. Il neonato è fondamentalmente privo di questi microbi, e la nascita rappresenta il primo contatto con questa enorme varietà di microrganismi. Ed è proprio il tipo di parto a determinare la qualità dei microbi che si instaureranno nel bambino.
È stato dimostrato a tal proposito che nel caso di un parto tradizionale i primi batteri con cui il neonato entrerà in contatto saranno quelli facenti parte della flora batterica genitale della madre; al contrario in un parto cesareo la prima flora batterica con cui entrerà in contatto sarà quella della cute della madre.
E quindi cosa cambia? Cambia molto, perché si è visto che quando il bambino nasce con parto tradizionale viene a contatto con microbi che gli forniscono da subito la capacità di metabolizzare il latta materno, nonché di avere difese immunitarie adeguate. Al contrario, un bambino nato tramite parto cesareo, avrà buone probabilità di presentare problemi digestivi e scarso sviluppo delle difese immunitarie. Leggete bene, ho detto probabilità, non certezza.
Tuttavia, per far fronte a questo problema, sembra essere sufficiente impregnare una garza nelle secrezioni vaginali della madre e successivamente tamponare la cute del bambino (naso, labbra ecc).
Successivamente, per circa due/tre anni, il microbioma del bambino subirà cambiamenti ed evoluzioni in relazione al tipo di ambiente e ai contatti che avrà con piante, animali, persone, alimenti e così via, insomma con tutto ciò che lo circonderà. Tanto più l’ambiente in cui crescerà sarà variegato, tanto più si svilupperà una flora intestinale adeguata. Ma l’ambiente non è il solo fattore determinante: tra le principali cause di regressione e quindi peggioramento del microbioma troviamo infatti una classe di medicinali di uso comune: gli antibiotici. Ogni qualvolta si somministra un antibiotico (questo vale anche per gli adulti, ma ancor di più per i bambini) la flora batterica umana regredisce, e considerando che questa prima fase di sviluppo del microbioma (i primi due-tre anni) getterà le basi per la salute del futuro individuo adulto, capiamo bene quanto l’utilizzo di questi farmaci sia sconsigliato.
2. Il cibo
Analizziamo ora un altro fattore in grado di modificare profondamente il tipo di microrganismi colonizzanti il nostro intestino: il cibo.
Potremmo metterlo in cima alla lista, poiché escludendo protocolli di digiuno estremi, ogni giorno veniamo a contatto con il cibo – mangiando – e quindi, ogni giorno, abbiamo la possibilità di modificare il nostro microbioma (nel bene o nel male).
Prima di parlare nello specifico della dieta, è bene sapere che attualmente esiste una classificazione in enterotipi a seconda delle famiglie batteriche predominanti nel nostro intestino: Tipo Batteroide, Prevotella e Ruminococco.
Ma torniamo a noi: i due fattori principali che influiscono sulla composizione batterica sono la presenza – o assenza – di fibre alimentari e la presenza – o assenza – di latticini e carne. E’ infatti emerso che una dieta ricca di fibre alimentari, e con prevalenza di grassi vegetali rispetto a quelli animali, promuove lo sviluppo di una flora Tipo Prevotella (caratteristica delle popolazioni africane); al contrario una dieta povera di fibre e ricca di latticini-carne porta allo sviluppo di una flora Tipo Batteroide (caratteristica delle popolazioni dei paesi industrializzati).
Non è un caso che nei paesi industrializzati – dove mediamente si consumano pochi grassi vegetali e poca fibra alimentare, con abuso di latticini-carne e antibiotici – in tempi relativamente recenti, abbiano fatto la loro comparsa le cosiddette malattie del progresso, assenti nei paesi meno sviluppati. E’ evidente la correlazione con le modificazioni (negative) del microbioma umano.
Microbiota: cosa mangiare?
Ma accantoniamo per un attimo la teoria e, alla luce di queste evidenze, parliamo di pratica: cosa mangiare? Innanzitutto una regola fondamentale è la varietà. Fate in modo che la vostra dieta sia variegata, non fossilizzatevi su tre alimenti da mangiare ciclicamente ogni santo giorno. Quindi stabilite le fondamenta – ossia la variabilità – all’atto pratico:
- cibi da prediligere: legumi (ceci, fagioli, lenticchie), cereali integrali (avena, quinoa, amaranto, farro, miglio, orzo ecc), frutta (kiwi, mele, prugne, fichi ecc), frutta secca (mandorle, nocciole, noci ecc), verdure (con particolare riguardo ad asparagi, carote, aglio, porri, cipolle, pomodori, piselli, cavolini di Bruxelles, barbabietole, finocchi, carciofi) e probiotici (tè kombucha, kefir di latte o di acqua).
- cibi da evitare o limitare fortemente: carne cotta, farine raffinate, zucchero, grassi animali, additivi, conservanti, dolcificanti artificiali.
Una nota per quanto riguarda la carne e gli zuccheri e grassi. Ultimamente si sta scoprendo che i problemi relativi alla relazione tra carne e microbiota umano sono dati più dalla cottura che dall’alimento in sé. Lo stesso tipo di carne se cruda, poco cotta o ben cotta, porta ad alterare, in modo diverso, il microbioma umano.
Altri studi mettono in correlazione l’eccessivo consumo di zuccheri e grassi ad una diminuzione delle capacità cognitive. Topi da laboratorio hanno consumato diete differenti e sono poi stati sottoposti a test (ad esempio labirinti).
Dopo quattro settimane di dieta ad alto contenuto di grassi o di zuccheri si è notata una diminuzione della flessibilità cognitiva dei topi analizzati rispetto ai gruppi di controllo con dieta normale.
Kathy Magnusson, Professore dell’OSU College of Veterinary Medicine e ricercatore presso il Linus Pauling Institute, ha detto : “è sempre più chiaro che i nostri batteri intestinali, o microbioma, siano in grado di comunicare con il cervello”. I risultati di questo studio sono stati pubblicati sulla rivista “Neuroscience” in un lavoro supportato dalla “Microbiology Foundation” e “National Science Foundation”.
Chiudiamo questa piccola parentesi e torniamo a noi, perché voglio parlarvi – sperando non stiate sbadigliando – di alcuni disturbi/patologie legati ad alterazioni del microbioma che si correla al colon irritabile.
Disbiosi & sistema immunitario
Probabilmente saprete, a grandi linee, cosa sia il sistema immunitario. Tuttavia non è questa la sede dove approfondire l’argomento. Ciò di cui voglio parlare è la cooperazione che avviene tra la flora intestinale ed il sistema immunitario: i microbi – quelli buoni – presenti nel nostro organismo, riescono a vivere e proliferare dentro di noi perché il nostro organismo li identifica come organismi innocui, a differenza di tutti i microrganismi patogeni che invece, appena identifica, prova ad eliminare.
E mi stupirei se non fossero identificati come “innocui”, considerando che vi è una forte interazione tra questi e le nostre cellule, con continui scambi di informazioni riguardo agenti patogeni da eliminare.
Proprio così, i microrganismi presenti nel nostro intestino giocano un ruolo fondamentale nel corretto funzionamento delle difese immunitarie. Stabilito questo, è facile intuire come la distruzione della flora batterica intestinale vada a compromettere e – potenzialmente – a mettere in crisi l’intero sistema immunitario.
Una condizione ancor più delicata nei bambini se consideriamo che la composizione del microbioma, nei primi tre anni di vita, getterà le basi per l’intero sistema immunitario del futuro individuo adulto. Impegniamoci quindi a nutrirli correttamente, con una dieta equilibrata, e limitiamo il più possibile l’utilizzo di antibiotici.
Non è una legge universale, esistono molteplici fattori (genetici ed ambientali), ma una flora intestinale qualitativamente compromessa può dare il via a numerose malattie autoimmuni ed allergie (diabete di tipo 1, riniti, asma, patologie polmonari, malattie del connettivo).
Disbiosi & patologie cardiovascolari
In precedenza abbiamo detto che la flora intestinale svolge un ruolo chiave nel mantenimento di un perfetto equilibrio metabolico. Alla luce di ciò nel mondo scientifico è evidente come un’alterazione di questi microbi alteri – di conseguenza – l’assorbimento del quantitativo di nutrienti introdotti con il cibo, con la possibilità di causare insulino-resistenza e sindrome metabolica, nonché obesità, e di conseguenza patologie cardiovascolari.
Se da un lato il fattore genetico (innato, sul quale non possiamo agire) è determinante nell’insorgenza di alcune di queste patologie, svolge un ruolo fondamentale anche la flora intestinale: se in meglio o in peggio dipende da quanto ce ne prenderemo cura. Quindi tutti noi – ed in particolar modo chi ha casi familiari di cardiopatie – dovremmo prestare attenzione a ciò che mangiamo, ricordandoci la lista dei cibi da prediligere e da evitare, scritta poco sopra.
Disbiosi & cancro
Sono in corso numerosi studi con lo scopo di stabilire precisamente quale sia l’eziologia di questa malattia, e quindi la correlazione con la disbiosi intestinale.
Qualche risultato è disponibile già oggi: ad esempio, nei pazienti colpiti da tumore al colon-retto, si è notata una composizione simile del microbioma.
Ciò che bisogna approfondire a fondo è se siano questi batteri a favorire l’insorgenza del tumore, o se sia il tumore a creare un ambiente favorevole per la proliferazione di questi microrganismi.
In attesa di risultati attendibili da un punto di vista scientifico, un collegamento logico che non possiamo esimerci dal fare è il seguente: non è forse vero che la disbiosi intestinale causi un’alterazione del sistema immunitario, nonché favorisca l’obesità? E non è altrettanto vero che il deficit cronico delle difese immunitarie e l’obesità siano in grado di favorire l’insorgenza dei tumori? Se 2+2 fa 4, la composizione del microbioma potrebbe, indirettamente, favorire neoplasie.
Qualche studio, tra l’altro, sta cercando di capire il meccanismo d’azione attraverso il quale i microrganismi che vivono nel nostro intestino riescano a favorire lo sviluppo di cellule tumorali in organi distanti, come ad esempio fegato, pancreas, polmoni.
Una possibile causa potrebbe essere l’alterata permeabilità intestinale, che permetterebbe il passaggio di questi microrganismi al di fuori dell’intestino; e se nell’intestino il loro ruolo è, come abbiamo visto in precedenza, fondamentale, non possiamo dire lo stesso se questi si trovano a colonizzare altri organi del nostro corpo.
Quindi, prendetevi cura della salute del vostro microbioma e, più genericamente, del vostro sistema gastrointestinale.
Disbiosi & sistema nervoso
Cosa c’entra il sistema nervoso con dei microrganismi che colonizzano l’intestino? Probabilmente vi starete ponendo questa domanda, magari con un pizzico di scetticismo, cercherò quindi in poche righe di spiegare quanto si è scoperto fin ora.
Nel corso della nostra evoluzione, che va avanti da svariato tempo e che è tutt’ora in atto, si sono venute a formare vie neurali (o collegamenti, se preferite) attraverso le quali i microrganismi – sia quelli “buoni” che quelli “cattivi” – riescono ad inviare segnali neuroendocrini al nostro cervello; segnali capaci di effettuare un controllo a feedback ed in grado, udite udite, di influenzare le emozioni.
Una connessione talmente evidente che si è arrivati a definirla asse intestino-cervello (un pò come l’asse ipotalamo-adenoipofisi-tiroide, per fare un esempio).
Vogliamo entrare più nel dettaglio? Accomodatevi pure.
Molto probabilmente conoscerete le serotonina; per chi non lo sapesse, la serotonina è un ormone che restituisce una sensazione di benessere psico-fisico, tanto che viene soprannominata “ormone della felicità”.
Ebbene, l’intestino è il maggior produttore di questo ormone grazie all’azione del Sistema Nervoso Enterico, un sistema in parte regolato dai batteri intestinali. Se vi risulta difficile credere nell’interazione microbioma-emozioni, dovete sapere che in seguito ad alcuni studi è emerso un fatto interessante: animali privi di questo microbioma (definiti per questo gnotobiotici) sembrano non sapere cosa sia l’ansia. Tuttavia, per “ripristinare” questa emozione, è sufficiente trapiantare in essi la flora batterica.
Fantascienza? No, dati di fatto.
Ma andiamo avanti ed analizziamo un altro esempio. Il punto di collegamento tra le emozioni ed il comportamento alimentare è un fattore neurotrofico stimolante presente a livello cerebrale – brain derived neurotropic factor o BDNF – il quale è legato all’invecchiamento cognitivo: questo BDNF è influenzato proprio dal microbioma.
Forse la cosa vi stupirà meno sapendo che le popolazioni con una dieta composta in gran quantità da cibi fermentati (un nutrimento ottimo per i microrganismi “buoni”), sono quelle – guarda caso – con un più lento invecchiamento cerebrale.
Microbioma umano: conclusioni
Bene, siamo giunti alla parte finale di questo articolo e spero vivamente di esser riuscito a trasmettervi qualche nozione utile, considerando quanto sia importante quest’argomento e quanto – purtroppo – venga ignorato/sottovalutato.
Per concludere vediamo un consiglio pratico seguendo le nozioni del Dr. Fabio Piccini, senza il quale saprei poco o nulla riguardo quest’argomento.
Arrivati a questo punto dovreste sapere che esistono diverse famiglie di batteri, alcune buone, altre meno buone (o cattive). Bene, il nostro obiettivo sarà ripristinare i microrganismi buoni (genere Prevotella) a discapito di quelli cattivi (genere Firmicuti).
Il primo cambiamento, drastico, consisterà in tre giorni di alimentazione basata su alimenti ricchi di fibre vegetali solubili, evitando carne/latticini. Indirizzarsi quindi su riso integrale, cereali, asparagi, carciofi, finocchi, broccoli, cardi, cavoletti di Bruxelles, porri, carote, cicoria, cipolle, patate, fagioli, ceci, lenticchie, topinambur, noci, mandorle, nocciole, kiwi, mele, prugne, banane, fichi e così via.
Trascorsi i tre giorni, reintrodurremo gradualmente carni e latticini, facendo attenzione ad assumere comunque un buon quantitativo quotidiano di fibre. Ma, c’è un ma. Oltre al tipo di alimento, dovremo prestare attenzione alla provenienza, nonché ai trattamenti subiti prima di arrivare sullo scaffale o al bancone del supermercato.
Per questo motivo si consiglia caldamente di scegliere alimenti quanto più naturali, non processati industrialmente, non addizionati con zuccheri e grassi, senza l’aggiunta di coloranti o conservanti e, nel caso della carne, che all’animale vivo non siano stati somministrati antibiotici (pratica di uso comune in diversi allevamenti intensivi).
Per tutti questi motivi, dovremmo indirizzarci prettamente su alimenti biologici (facendo attenzione alle numerose truffe che sfruttano la popolarità, negli ultimi tempi, di tutti gli alimenti etichettati con “Bio”).
Ok, l’articolo è veramente giunto al termine.
Probabilmente molti di voi mi avranno maledetto per non esser stato abbastanza conciso, ciò che mi interessa è che sia riuscito a fornirvi nuovi spunti.
Questo articolo non deve essere un punto di arrivo, ma un punto di partenza, vi invito caldamente a rimanere aggiornati sull’argomento e ad impegnarvi, giorno dopo giorno, a mantenere in salute la vostra flora intestinale: in questo modo, indirettamente, vi starete prendendo cura della vostra salute.
L’articolo sul microbioma umano è di Andrea Trionfera
Andrea è un ragazzo amante dello sport e della nutrizione, una passione che ha saputo trasformare in un percorso accademico. Dopo aver conseguito la qualifica di Chinesiologo attraverso la laurea triennale in Scienze Motorie e la qualifica di “Personal Trainer di Bodybuilding & Fitness” tramite un corso di formazione CSEN tenuto dal Prof. Filippo Massaroni, ha deciso di intraprendere un percorso magistrale in “Scienze della Nutrizione Umana”, con l’obiettivo finale di diventare Biologo Nutrizionista.
Dott. Andrea Trionfera – Pagina FB –
Chinesiologo
Personal Trainer CSEN
Studente Laurea Magistrale in “Scienze della Nutrizione Umana”
Bibliografia:
1) Fabio Piccini: “Alla scoperta del microbioma umano: flora batterica, nutrizione e malattie del progresso”
2) American Association for the Advancement of Science, ScienceDaily: “Human gut microbes alter mouse metabolism, depending on diet” [September 5, 2013]
3) University of California – Berkeley: “Do gut microbes shape our evolution?” [April 21, 2016]
4) Robert F. Schwabe and Christian Jobin: “The microbiome and cancer” [October 17, 2013]
5) Oregon State University, ScienceDaily: “Fat, sugar cause bacterial changes that may relate to loss of cognitive function” [June 22, 2015]
6) W.H. Wilson Tang and Stanley L. Hanzen: “The contributory role of gut microbiota in cardiovascular disease” [October 1, 2014]
7) Isabelle C. Arnold, Nina Dehzad, Sebastian Reuter, Helen Martin, Burkhard Becher, Christian Taube and Anne Muller: “Helicobacter pylori infection prevents allergic asthma in mouse models through the induction of regulatory T cells” [July 1, 2011]
8) Premysl Bercik, Emmanuel Denou, Josh Collins, Wendy Jackson, Jun Lu, Jennifer Jury, Yikang Deng, Patricia Blennerhassett, Joseph Macri, Kathy D. McCoy, Elena F. Verdu, Stephen M. Collins: “The intestinal microbiota affect central levels of brain-derived neurotropic factor and behavior in mice” [August 2011, Volume 141, Issue 2, Pages 599-609.e3]
9) James M. Hill, Surjyadipta Bhattacharjee, Aileen I. Pogue and Walter J. Lukiw: “The gastrointestinal tract microbiome and potential link to Alzheimer’s disease” [April 4, 2014]
10) Samar H. Ibrahim, MBChB, Robert G. Voigt, MD, Slavica K. Katusic, MD, Amy L. Weaver, MS, and William J. Barbaresi, MD: “Incidence of gastrointestinal symptoms in children: a population-based study” [July 27, 2009]
11) Carlotta De Filippo, Duccio Cavalieri, Monica Di Paola, Matteo Ramazzotti, Jean Baptiste Poullet, Sebastien Massart, Silvia Collini, Giuseppe Pieraccini and Paolo Lionetti: “Impact of diet in shaping gut microbiota revealed by a comparative study in children from Europe and rural Africa” [June 30, 2010]