Lento dietro: esecuzione corretta e muscoli coinvolti
Da sempre in palestra si vedono persone che eseguono il lento dietro e altre che eseguono il lento avanti, separate da questa sorta di presa di posizione calcifica.
Generalmente, le diatribe nascono attorno a due principali macro-categorie: il reclutamento muscolare e il rischio articolare.
Andiamo per gradi, analizzando prima l’esecuzione corretta del lento dietro e i muscoli coinvolti in questo esercizio, per poi capire qual è meglio tra lento dietro e avanti.
Come eseguire il lento dietro?
Il lento dietro si esegue riproducendo i principali aspetti esecutivi del lento avanti. Viene eseguito sempre con il bilanciere, con i manubri non risulterebbe possibile a differenza del lento avanti.
Il lento dietro prevede un’abduzione dell’omero che per sua natura (dato che il bilanciere deve essere portato dietro la testa) è eseguita su un piano di movimento frontale puro.
L’esecuzione prevede di posizionare il bilanciere appoggiato alle spalle in partenza, come se volessi eseguire uno squat con bilanciere, per poi spingere il bilanciere sopra alla testa, andando a stendere i gomiti.
La presa deve essere sufficientemente larga per permettere di poter spingere liberamente il bilanciere, dato che una presa troppo stretta non permetterebbe il normale scorrimento articolare rendendo impossibile l’esecuzione. Come indicazione le mani vanno tenute almeno ad una larghezza di 1.5 volte le spalle e in caso di ridotta mobilità scapolo-omerale, il consiglio è quello di allargare anche a 2 volte.
Quali muscoli allena il lento dietro?
I muscoli coinvolti nel lento dietro sono:
- Deltoide con i suoi fasci anteriori, con a carico la flessione della spalla;
- Tricipite brachiale, con a carico l’estensione dell’omero;
- Gran pettorale, con suoi fasci claveari con a carico la flessione della spalla;
- Trapezio con i suoi fasci superiori con a carico l’elevazione della scapola.
A cosa serve il lento dietro?
Il lento dietro viene spesso proposto come allenamento per il deltoide posteriore. Tuttavia essendo il deltoide posteriore un estensore sul piano orizzontale e un extrarotatore dell’omero, non vi è alcuna attività di questo muscolo durante l’esercizio: l’estensione orizzontale contro gravità non è minimamente presente durante l’esercizio così come non è presente nessun movimento di extrarotazione.
Il lento dietro viene associato all’allenamento del deltoide posteriore semplicemente per sensazioni di lavoro muscolari che vengono mal interpretate.
La maggior parte delle persone che frequenta le palestre ha una ridotta mobilità in extrarotazione dell’omero come conseguenza di pettorali e dorsali (entrambi intrarotatori) corti e forti, risultato di esercizi a ROM incompleto. Ciò determina una maggiore difficoltà a portare l’omero a 90° di extrarotazione come richiesto dall’esercizio per portare il bilanciere dietro la testa. Generalmente questi soggetti vi riescono comunque grazie a una serie di compensi come un’estensione della zona lombare e un’estensione della spalla (i gomiti si alzano), che permette di ridurre la richiesta di extrarotazione.
La posizione del bilanciere dietro la testa fa sì che il deltoide posteriore sia mantenuto in costante accorciamento durante la spinta verso l’alto (abduzione dell’omero). Ciò però non vuol dire che si contrae di più e che diventa il protagonista del movimento: è solamente in posizione di accorciamento vista la dinamica dell’esercizio. Tutto questo crea una sensazione di lavoro posteriore alla spalla che però è solamente un mix tra la sofferenza tissutale e accorciamento costante del deltoide posteriore.
Cosa cambia tra lento dietro e lento avanti? Qual è meglio?
Il lento dietro viene proposto anche come variante a maggior stimolo muscolare rispetto al lento avanti, ma è davvero così?
Il lento avanti è un ibrido di movimento sul piano frontale/sagittale, in cui il bilanciere transita dal petto fin sopra la testa e vi è quindi una componente di flessione di spalla a differenza del lento dietro. I muscoli che vengono attivati nei due esercizi sono i medesimi, tuttavia gli angoli di lavoro toccati con il lento avanti sono molto meno stressanti a livello articolare per la spalla.
Il lento avanti è molto più accessibile e consigliato alla maggior parte delle persone che frequentano le palestre data la sua maggior naturalità del gesto. Può essere eseguito anche con manubri.
Non esistono prove tangibili (ragionamenti biomeccanici o studi elettromiografici) che il lento dietro abbia un vantaggio in termini di attivazione muscolare e risposta ipertrofica rispetto al lento avanti.
Il lento avanti si presta molto meglio ad una programmazione sensata dei carichi nel tempo, sfruttando quindi il principio di sovraccarico progressivo. Cosa che difficilmente viene utilizzata con il lento dietro, dato che chi lo esegue spesso e volentieri utilizza mezze ripetizioni o addirittura micro-ROM (range of movement) per compensare la scarsissima mobilità di spalle.
Il lento avanti permette di avere degli ottimi parametri per monitorare i progressi nel tempo e permette sicuramente di aumentare molto di più i carichi sollevati nel tempo, sfruttando quindi a vantaggio ipertrofico una delle componenti della tensione meccanica (T.U.T. x CARICO).
Il lento dietro trova utilizzo nel weightlifting, dove viene utilizzato come condizionamento della muscolatura e soprattutto del gesto tecnico dello strappo. Tuttavia si parla di un utilizzo specifico per uno scopo e per atleti che nulla hanno a che vedere con ”l’atleta medio” che fa petto e bicipiti alle ore 18 del lunedì sera. Sono situazioni e utilizzi completamente diversi e come al solito la parola chiave rimane contestualizzare.