Squat, pressa e problemi all’anca
Un anno fa avevamo pubblicato il seguente articolo sulla pressa, lo squat e la salute articolare. Fabio (l’autore dell’articolo) ha aggiunto altre considerazioni che pubblichiamo volentieri.
Perché ancora una volta è preferibile uno Squat eseguito correttamente rispetto ad una Pressa (Leg Press) in quanto a sicurezza?
Ebbene, nello Squat non è unicamente il nostro rachide lombare a rischiare di meno, bensì anche le nostre articolazioni coxo-femorali, ossia le nostre anche.
Analizzando la loro conformazione ci si può rendere conto che nella Leg Press queste vengono messe a dura prova, in quanto vengono poste in una posizione fisiologicamente inadatta a sostenere grossi carichi trasversali/sagittali.
L’idea di approfondire la biomeccanica della coxo-femorale mi venne quando idealmente associai una possibile corrispondenza causa /effetto nelle vicende dell’immenso Ronnie Coleman, che nel 2013 si allenava con un carico di 1000 kg su Leg-Press a 45° (il peso reale movimentato è di circa il 70% senza calcolare gli attriti, ma ugualmente una follia…) e la sua recente protesi chirurgica dell’anca.
Potreste dire voi: alla sua età (a breve cinquantunenne) se l’è anche cercata! Bè, posso anche essere d’accordo… ma lui con quel peso ci faceva 8 reps, quindi non era neppure il suo Max…
In ogni caso, osservando più a fondo la conformazione dell’articolazione coxo-femorale, notai che per sua natura non è predisposta a contrastare forze con un’elevata componente fronto-sagittale .
Per farvi un esempio pratico-teorico: l’articolazione dell’anca è fatta principalmente per supportare le pressioni quando siamo in piedi. Più flettiamo l’arto inferiore più tutta la componente di congruità articolare e legamentosa viene meno. Pensate di saltare dal primo piano ed atterrate diritti, pensate invece ora che le stesse forze si scarica sull’anca nella posizione con cui fate la pressa. Secondo voi in quali dei due casi subireste più danni?
E quale sarebbe dunque la ragione di ciò?
Ebbene le concause bio-meccaniche all’origine di questa sorta di ‘precarietà’ della coxo-femorale sono sostanzialmente 3:
– proporzionale riduzione della superficie acetabolare in appoggio alla testa del femore;
– detensionamento dei tendini che avvolgono la capsula legamentosa;
– ridotta efficacia dei muscoli stabilizzatori dell’articolazione.
Come ci insegna Kapandji i legamenti che anteriormente e posteriormente avvolgono a spirale la capsula della coxo-femorale si rilassano nell’attimo in cui flettiamo sagittalmente il femore.
Da ‘I.A. Kapandji ‘Fisiologia Articolare – Arto Inferiore’
Come l’Atlante di Anatomia del Netter ben evidenzia, la parte inferiore dell’acetabolo ha il labbro meno sporgente, di conseguenza le superfici cartilaginee acetabolari hanno una zona sinoviale di contatto con la parte superiore della testa del femore in rotazione, che và riducendosi proporzionalmente al grado di flessione sagittale del femore.
Dal momento in cui le superfici intra-articolari in contatto opposte alla spinta del carico, sono ridotte, tali resistenze possono provocare un’accentuata usura della cartilagine del labbro cotiloideo postero/inferiore o della testa del femore, se non di entrambi.
La fisica di base ci insegna che, minore è la superficie di contatto tra 2 superfici in movimento, spinte da forze opposte, maggiore sarà la pressione dinamica intercorrente tra esse e conseguentemente maggiore sarà anche il reciproco attrito da sfregamento, quindi l’usura.
Da ‘Frank H. Netter
Infine, ma non meno importante, come si può intuire, da questi screen-shoot estrapolati appositamente da Atlas di Visible Body, nella flessione del femore e relativa retroposizione del suo grande trocantere, i fasci muscolari stabilizzatori dell’articolazione risultano detensionati, all’infuori di gluteo medio e quadrato del femore. Solamente questi ultimi, si ritrovano invece ad essere nella flessione ipertesi, quindi in tensione prevalenti, ma in una posizione unicamente esterna alla capsula legamentosa, nel tentativo di mantere centrata nella cavità acetabolare la testa di un femore che, ricordiamo, è sospinta all’indietro da consistenti forze sagittali/frontali.
Quest’ultima condizione con il protrarsi nel tempo dell’esercizio alla Leg press protrebbe degenerare in un adattamento muscolare di compenso, con il rinforzo e la retrazione di piccolo gluteo, piriforme, gemelli superiore ed inferiore, otturatori interno ed esterno.
E con quale risultato?
Retroversione del bacino, conseguente rettilizzazione della curva lombare rachidea, ecc. Insomma disequilibrio posturale.
Ora, non volendo ulteriormente demonizzare la Leg Press, per chi non può o non riesce ad eseguire correttamente uno Squat, si possono utilizzare alcuni accorgimenti utili a ridurre in parte i problemi riscontrati:
– adottare una larghezza possibilmente maggiore tra i piedi rispetto alla classica di riferimento, ossia quella inter-trocanterica (larghezza anche);
– limitare il ROM articolare in proporzione al carico utilizzato senza ovviamente mai sollevare il bacino dallo schienale, purtroppo minor ROM meno risultati;
– come anche precedentemente suggerito, possibilmente evitare di superare con le ginocchia le punte dei piedi, mantenendole in linea tra loro durante la flessione, lungo linee tra loro parallele. In realtà le forze di taglio non è che partono nel momento in cui superate con le ginocchia la punta dei piedi, ma nella pressa gli ischiocrurali sono meno attivati e proteggono meno il ginocchio.
Concludendo la macchina umana è meravigliosa, le trabecole ossee si costruiscono lungo le linee di forza dei gesti abituali, il collagene dei tendini e legamenti fa lo stesso. Se usate tutti gli esercizi, compresa la pressa, con logica e moderazione potrete sfruttare tutti i benefici muscolari senza ledere le articolazioni. Se esagerate, se usate troppo il corpo per gesti biomeccanici scorretti, vi ritroverete a parità di risultato estetico delle articolazioni meno sane.
Note sull’autore:
Fabio Teodorani Personal Trainer FIF
E-mail: fabioteodorani@gmail.com